giovedì 16 febbraio 2012

E un atteggiamento violento


lo penso che è ora che si cominci proprio dalle parrocchie, dalle nostre piccole comunità, a capire davvero il significato profetico-evangelico della nonviolenza attiva: come la pensava Gesù a riguardo. Come egli la pensava a proposito dei cannoni che non c'erano ma che erano sostituiti, a quel tempo, da tante altre violenze subdole: le violenze alle quali noi forse non poniamo attenzione oggi.
Perché, non c'è solo la violenza delle armi. C'è la violenza del linguaggio quando, per esempio, si risponde male ad una persona anche se si ha ragione. Quello è linguaggio violento.
Quando si vuol coartare, piegare la volontà degli altri alla propria, quello è un atteggiamento di egemonia, di superbia. E un atteggiamento violento.
Quando educatori, genitori, maestri, più che modellare l'animo dei discepoli o dei figli in funzione della loro autentica crescita umana, la modellano secondo progetti anche splendidi, però caparbiamente modellati sulle proprie vedute, allora corrono il rischio della violenza.
Quando vantiamo un prestigio forse anche meritato, per cui chi ci vede magari ha paura di noi: anche questa è violenza.
Bisogna stare attenti nell'allacciare rapporti umani più credibili, più veri. Basati sulla contemplazione del volto. Basati sulla stretta di mano che non contenga nascosta la lama di un coltello. Rapporti umani basati sull'etica del volto, dello sguardo. Dobbiamo sviluppare l'etica dell' altro, arricchirci della presenza dell'altro.
Tonino Bello, Ti voglio bene

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