I principi morali sono senza dubbio gli stessi che nei tempi antichi.
Ciò che cambia, come ci
ha insegnato ultimamente la Pacem in terris, è il loro contenuto storico.
Si pensi al comandamento:
"Non rubare".
Esso è, se veduto nella sua formale universalità, immutabile. Ma, se lo guardiamo
nel suo preciso contenuto storico, se cioè esaminiamo i modi con cui si può storicamente rubare e
con cui si può storicamente determinare ciò che è mio e ciò che è degli altri, allora quel
comandamento è mutato!
I beni di cui io oggi uso, dal tabacco all'automobile, dalla cioccolata alla
camicia di nylon arrivano a me dopo un lungo cammino. Se ricostruisco il cammino, mi accorgo
che gli uomini da cui sono venute le materie prime dei beni di cui si rallegra la mia vita quotidiana,
sono ancora uomini affamati, a cui manca il tabacco, l'automobile, la cioccolata e la camicia.
Il
mio ragionamento sembra di uomo semplice che non capisce quale sia il meccanismo produttivo e
la connessa legge di mercato. Può anche darsi che non capisca. Ma il mio obbligo di capire le
leggi della produzione e dell'economia è molto inferiore a quello che hanno i responsabili della
produzione e dell’economia: voglio dire l'obbligo di rispettare fino in fondo i valori morali, primo
fra tutto l'uomo, la dignità dell'uomo.
Tre quarti dell'umanità, anzi, come oggi ho avuto modo di
accertare, due terzi, vivono in condizioni di denutrizione. Su tre uomini due hanno fame. Il peggio è
che il benessere di uno è tenuto su dalla fame degli altri due.
Il che è insopportabile.
Non tocca al
mio sdegno morale adattarsi alle leggi dell'economia, tocca alle leggi dell'economia adattarsi al
mio sdegno morale!
E tocca al mio sdegno morale non appagarsi di periodiche declamazioni.
Ernesto Balducci
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