Gente senza volto, priva di quegli elementi che ci fanno innamorare dell'altro. Il pericolo di evitare il confronto con la vita reale di Cristo, chiusi nel proprio orgoglio che innalza muri e si impalca a difesa di simboli che non s'incarnano nelle opere dei credenti.
dicembre del 2009
Don Angelo Casati
NATALE E IL MANTELLO DELLA COMPASSIONE
Mi era capitato nel giorno dei santi, e non ho vergogna di dirlo, di commuovermi alle parole scritte da un non credente, dietro uno scambio di pensieri tra lui e un cardinale, il cardinale Carlo Maria Martini.
L'occasione era stata la lettura dell'ultimo libro del cardinale "meditazioni sulla preghiera". Giustificando il tema inusuale del suo editoriale Eugenio Scalfari scriveva:
"Mi sentivo stanco di visitare e rivisitare problemi importanti ma ripetitivi, che per di più dimostrano un tale stato di degradazione da esser diventati ripugnanti per ragioni estetiche prima che ancora morali e politiche. Sicché mi sono assai confortato leggendo la prosa del cardinale. Ho pensato di cogliere l'occasione che il suo scritto mi offriva e intervenire anch'io sullo stesso argomento. Penso che i miei lettori ne saranno contenti. Il tema del cardinale riguarda la preghiera dei vecchi. Detto in altro modo - e lui stesso ne fa menzione - si tratta d'una meditazione sulla morte da parte di chi, pur in buona salute, la vede approssimarsi incalzata dal calendario. Martini è profondamente religioso, ad un punto tale da potere e volere colloquiare anche con i non credenti e mettere in comune esperienze così disparate. Io sono per l'appunto uno di quelli e meditare assieme a lui mi ha dato grandissima pace tutte le volte che tra noi è accaduto".
E a conclusione dell'articolo ecco le parole che allora lessi e oggi rileggo con emozione:
"La vecchiaia restringe la nostra vitalità, limita le capacità del corpo e concentra quelle delle mente. In alcuni il desiderio del potere soverchia gli altri. È patetico vedere come alcuni vecchi restino aggrappati al potere, la loro zattera di salvataggio che non li porterà ad alcuna salvezza, la loro rabbia nel vederselo strappato brano a brano, la solitudine del loro io denudato giorno per giorno dagli orpelli dei quali l'avevano rivestito. Altri si effondono nell'amore. Non dico nell'erotismo, dico amore. Amore per gli altri e per quelli a loro più prossimi, quelli dai quali hanno ricevuto amore e ai quali l'hanno restituito. Quando questo avviene, l'io non è solo, non è denudato, non è disperato, anzi è più ampio e più ricco. Non ha nessun bisogno di chiamarsi e di sentirsi io ma si sente noi e quella è la sua ricchezza.
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