At 16,22-34 “Credi
nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia”
Salmo 137 “Nella
tua bontà soccorrimi, Signore”
Gv 16,5-11 “Se
non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore”
Nel brano evangelico odierno bisogna porre l’accento
sulla sproporzione tra il disegno di Dio e lo stato d’animo
conseguente al giudizio umano. Gli Apostoli compiono uno sbaglio di
valutazione, e perciò si rattristano: “perché
vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore”
(v. 6). Gesù dice di essere sul punto di andar via e i discepoli si
rattristano. Dal punto di vista dei discepoli la partenza di Cristo è
una perdita, mentre dal punto di vista di Cristo, è un arricchimento
per la comunità apostolica. Gli Apostoli non possono capire ancora;
resteranno nell’ignoranza dei segreti di Dio, fino a quando non
verrà lo Spirito a Pentecoste. Il loro errore è quello di giudicare
con i loro criteri umani, il disegno di Dio che si sviluppa nella
vita e nel ministero di Gesù. Per la loro umana sensibilità,
rimanere accanto a Cristo, a tempo indeterminato, è la massima
beatitudine pensabile; ma il Padre vuole dare loro molto di più: nel
momento in cui Dio sottrae il Cristo storico dalla loro vista, in
forza dello Spirito fa del gruppo apostolico un altro Cristo.
Finché Cristo è con i discepoli, i discepoli sono con Cristo,
ma quando Cristo se ne va, per la potenza dello Spirito i discepoli
diventano Cristo: noi il suo Corpo, Lui il Capo. L’intimità,
che abbiamo raggiunto con Lui, a partire dal giorno di Pentecoste, è
infinitamente superiore all’intimità fisica della coabitazione, di
cui i Dodici hanno fruito per circa tre anni. La tristezza deriva
quindi dal giudizio umano sul disegno di Dio, che non è alla portata
dei processi del nostro raziocinio, in quanto vuole darci molto di
più, rispetto a quel bene che a noi sembra il massimo desiderabile.
Siamo destinati a sbagliarci nella nostra valutazione di quel che Dio
fa o permette, e siamo destinati a rattristarci proprio quando Lui
sta preparando qualcosa di più. Qualcosa talmente superiore che la
nostra mente e la nostra immaginazione si perdono nella nebbia della
non-conoscenza. Il giudizio umano ci porta alla tristezza, perché
l’insufficienza della nostra logica - quando viene assolutizzata -
necessariamente fa naufragio. L’unico atteggiamento sapiente è la
fiducia, anche quando sembra che Dio ci sottragga qualcosa; ma il suo
obiettivo non è mai quello di impoverire. Abbiamo bisogno allora di
non giudicare l’opera di Dio, se non vogliamo rattristarci senza
motivo. I discepoli si rattristano che Cristo ha annunciato di essere
sul punto di tornare al Padre: “Ora
vado da Colui che mi ha mandato… perché vi ho detto queste cose,
la tristezza ha riempito il vostro cuore” (vv. 5-6).
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