Perché
dappertutto ci sono cosi tanti recinti?
In fondo tutto il mondo e un grande recinto.
Perché
la gente parla lingue diverse?
In fondo tutti diciamo le stesse cose.
Perché
il colore della pelle non e indifferente?
In fondo siamo tutti diversi.
Perché
gli adulti fanno la guerra?
Dio certamente non lo vuole.
Perché
avvelenano la terra?
Abbiamo solo quella.
A Natale - un giorno - gli uomini andranno d’accordo in tutto il mondo.
Allora ci sarà un enorme albero di Natale con milioni di candele.
Ognuno ne terrà una in mano, e nessuno riuscirà a vedere l’enorme albero fino alla punta.
Allora tutti si diranno "Buon Natale!" a Natale, un giorno.
Hirokazu Ogura
venerdì 31 dicembre 2010
Nell'amore, con cui ogni giorno ci accogliamo
Preghiera per la famiglia nella Chiesa
O Dio, nostro Padre, ti rendiamo grazie per questa famiglia che ci hai donato.
Nell'amore, con cui ogni giorno ci accogliamo, ci aiutiamo, ci perdoniamo, ci offri un'immagine dell'amore con cui tu hai creato ogni vita e ti prendi cura di ogni uomo.
Ti ringraziamo anche per la nostra comunità cristiana, per la parrocchia, per la diocesi, in cui tu rendi presenti i segni dell'amore di Gesù: nella Parola, nell'Eucaristia, negli esempi di amore fraterno, che la comunità ci offre, la nostra famiglia trova un modello e un sostegno per continuare a camminare nell'amore.
Ti chiediamo o Padre, che diventino sempre più intensi i rapporti tra la famiglia e la comunità cristiana.
Ti preghiamo per la Chiesa universale e per il papa. Fa' che la Chiesa assomigli sempre più a una famiglia: favorisca l'amicizia fraterna, accolga la collaborazione di tutti, sia attenta a tutti, specialmente alle famiglie senza pace, senza affetto, senza pane, senza lavoro, senza gioia.
Fa' che la nostra famiglia assomigli sempre più alla Chiesa: abbia fede in te, accolga la Parola di Gesù così come l'ha accolta Maria sua madre, applichi il vangelo alla vita di ogni giorno, aiuti i figli a rispondere con gioia alla tua chiamata, si apra al dialogo e alla collaborazione con le altre famiglie.
Fa' che la Chiesa e la famiglia siano un'immagine della tua Casa, dove tu ci attendi dopo il nostro viaggio terreno.
card. C.M. Martini
O Dio, nostro Padre, ti rendiamo grazie per questa famiglia che ci hai donato.
Nell'amore, con cui ogni giorno ci accogliamo, ci aiutiamo, ci perdoniamo, ci offri un'immagine dell'amore con cui tu hai creato ogni vita e ti prendi cura di ogni uomo.
Ti ringraziamo anche per la nostra comunità cristiana, per la parrocchia, per la diocesi, in cui tu rendi presenti i segni dell'amore di Gesù: nella Parola, nell'Eucaristia, negli esempi di amore fraterno, che la comunità ci offre, la nostra famiglia trova un modello e un sostegno per continuare a camminare nell'amore.
Ti chiediamo o Padre, che diventino sempre più intensi i rapporti tra la famiglia e la comunità cristiana.
Ti preghiamo per la Chiesa universale e per il papa. Fa' che la Chiesa assomigli sempre più a una famiglia: favorisca l'amicizia fraterna, accolga la collaborazione di tutti, sia attenta a tutti, specialmente alle famiglie senza pace, senza affetto, senza pane, senza lavoro, senza gioia.
Fa' che la nostra famiglia assomigli sempre più alla Chiesa: abbia fede in te, accolga la Parola di Gesù così come l'ha accolta Maria sua madre, applichi il vangelo alla vita di ogni giorno, aiuti i figli a rispondere con gioia alla tua chiamata, si apra al dialogo e alla collaborazione con le altre famiglie.
Fa' che la Chiesa e la famiglia siano un'immagine della tua Casa, dove tu ci attendi dopo il nostro viaggio terreno.
card. C.M. Martini
fa ch'io cammini, ch'io salga, dalle vette, verso di te, con tutta la mia vita, con tutti i miei fratelli, con tutto il creato nell'audacia e nell'adorazione
Trovo che sia molto semplice stigmatizzare il difetto, il problema, la mancanza, l'incapacità, l'insufficienza, ma è più ardimentoso e più appassionante cogliere il buono da ogni idea, anche se mal espressa.
Preghiera del pellegrino della montagna
Signore Gesù,
che dalla casa del Padre sei venuto a piantare la tua tenda in mezzo a noi;
tu che sei nato nell'incertezza di un viaggio
ed hai percorso tutte le strade,
quella dell'esilio,
quella dei pellegrinaggi,
quella della predicazione:
strappami all'egoismo ed alla comodità,
fa’ di me un pellegrino.
Signore Gesù,
che hai preso così spesso il sentiero della montagna,
per trovare il silenzio e ritrovare il Padre;
per insegnare ai tuoi apostoli e proclamare le beatitudini;
per offrire il tuo sacrificio, inviare i tuoi apostoli e far ritorno al Padre:
attirami verso l'alto,
fa’ di me un pellegrino della montagna.
Come San Bernardo,
devo ascoltare la tua parola,
devo lasciarmi scuotere dal tuo amore.
A me, continuamente tentato di vivere tranquillo,
domandi di rischiare la vita,
come Abramo, con un atto di fede;
a me, continuamente tentato di sistemarmi definitivamente,
chiedi di camminare nella speranza,
verso di te, cima più alta, nella gloria del Padre.
Signore,
mi creasti per amore, per amare:
fa ch'io cammini, ch'io salga, dalle vette, verso di te,
con tutta la mia vita,
con tutti i miei fratelli,
con tutto il creato
nell'audacia e nell'adorazione.
Così sia.
Canonico Gratien Volluz, Priore dell'Ospizio del Sempione.
Preghiera del pellegrino della montagna
Signore Gesù,
che dalla casa del Padre sei venuto a piantare la tua tenda in mezzo a noi;
tu che sei nato nell'incertezza di un viaggio
ed hai percorso tutte le strade,
quella dell'esilio,
quella dei pellegrinaggi,
quella della predicazione:
strappami all'egoismo ed alla comodità,
fa’ di me un pellegrino.
Signore Gesù,
che hai preso così spesso il sentiero della montagna,
per trovare il silenzio e ritrovare il Padre;
per insegnare ai tuoi apostoli e proclamare le beatitudini;
per offrire il tuo sacrificio, inviare i tuoi apostoli e far ritorno al Padre:
attirami verso l'alto,
fa’ di me un pellegrino della montagna.
Come San Bernardo,
devo ascoltare la tua parola,
devo lasciarmi scuotere dal tuo amore.
A me, continuamente tentato di vivere tranquillo,
domandi di rischiare la vita,
come Abramo, con un atto di fede;
a me, continuamente tentato di sistemarmi definitivamente,
chiedi di camminare nella speranza,
verso di te, cima più alta, nella gloria del Padre.
Signore,
mi creasti per amore, per amare:
fa ch'io cammini, ch'io salga, dalle vette, verso di te,
con tutta la mia vita,
con tutti i miei fratelli,
con tutto il creato
nell'audacia e nell'adorazione.
Così sia.
Canonico Gratien Volluz, Priore dell'Ospizio del Sempione.
nel posto che egli mi ha assegnato
Il mio sì
Io sono creato per fare e per essere qualcuno
per cui nessun altro è creato.
Io occupo un posto mio
nei consigli di Dio, nel mondo di Dio:
un posto da nessun altro occupato.
Poco importa che io sia ricco, povero
disprezzato o stimato dagli uomini:
Dio mi conosce e mi chiama per nome.
Egli mi ha affidato un lavoro
che non ha affidato a nessun altro.
Io ho la mia missione.
In qualche modo sono necessario ai suoi intenti
tanto necessario al posto mio
quanto un arcangelo al suo.
Egli non ha creato me inutilmente.
Io farò del bene, farò il suo lavoro.
Sarò un angelo di pace
un predicatore della verità
nel posto che egli mi ha assegnato
anche senza che io lo sappia,
purché io segua i suoi comandamenti
e lo serva nella mia vocazione.
card. John Henri Newman
giovedì 30 dicembre 2010
mercoledì 29 dicembre 2010
convinciti che il meglio debba ancora venire
Ligabue ha esortato queste persone a non cadere in questa facile trappola, ma a pensare che un futuro migliore non solo passa esserci, ma ci sarà effettivamente e, casomai, a come adoperarsi nel presente affinché cio' possa avvenire. Perché la speranza, l'adoperarsi per un futuro decente, rende anche il nostro presente già decente, cosa che non sarebbe possibile se passassimo il tempo solo a lamentarci delle nostre condizioni attuali.
E a chi ha il dubbio che nonostante questo modo di pensare il domani potrebbe essere deludente - e per qualcuno così sarà, perché la vita non segue sempre il percorso che noi vorremmo farle fare - dice... bé, meglio restare delusi solo allora, che rovinarci la vita già adesso pensando che così potrebbe andare.
Non è perciò un modo semplicistico di dire "andrà meglio" con tanto di pacca sulla spalla, ma piuttosto un consiglio attivo: convinciti che il meglio debba ancora venire, e ti sarà più facile pensare ed agire affinché un futuro migliore abbia la massima possibilità di poter nascere...http://www.wolfghost.it/
E a chi ha il dubbio che nonostante questo modo di pensare il domani potrebbe essere deludente - e per qualcuno così sarà, perché la vita non segue sempre il percorso che noi vorremmo farle fare - dice... bé, meglio restare delusi solo allora, che rovinarci la vita già adesso pensando che così potrebbe andare.
Non è perciò un modo semplicistico di dire "andrà meglio" con tanto di pacca sulla spalla, ma piuttosto un consiglio attivo: convinciti che il meglio debba ancora venire, e ti sarà più facile pensare ed agire affinché un futuro migliore abbia la massima possibilità di poter nascere...http://www.wolfghost.it/
martedì 28 dicembre 2010
è l'uomo ad attirarle a sè
Quando gli ostacoli arrivano, affrontateli con coraggio.
Essi vi irrobustiscono e vi rendono forti.
La sofferenza e la miseria sono situazioni alle quali,
in questa commedia cosmica, non è possibile sfuggire.
Non è Dio a decretare l'esistenza di queste calamità,
bensì è l'uomo ad attirarle a sè,
in forma di retribuzione per le sue azioni.
Esse sono la corretta evoluzione naturale
che induce l'uomo a rinunciare al sentiero sbagliato.
Tutto questo fa parte della grande sintesi in cui
le negatività servono a glorificare tutto ciò che è positivo.
Pertanto la morte glorifica l'immortalità,
l'ignoranza glorifica la conoscenza,
la sofferenza glorifica la beatitudine
e la notte glorifica l'alba.
(Un Maestro indiano)
lunedì 27 dicembre 2010
i vizi secondo i padri della chiesa
Evagrio Pontico (IV sec. d.C.), facendo riferimento alla filosofia greca che distingueva tre parti dell’anima:
- c o n c u p i s c i b i l e
- i r a s c i b i l e
- r a z i o n a l e
faceva corrispondere ad ognuna di queste tre parti alcuni vizi potenziali. Si dicono potenziali perché nascono comeinclinazioni allo stato neutro che, non riconosciute e governate, si possono trasformare nei vizi capitali (che inizialmente erano appunto 9).
Per l’anima concupiscibile (l’avidità di Maometto) l’inclinazione è verso se stesso o altro da piegare a sè e si esplica nei confronti del:
- cibo (GOLA)
- sesso (LUSSURIA)
- beni (AVARIZIA)
Per l’anima irascibile (l’ira di Maometto) l’inclinazione è contro se stesso o altro e si esplica nei confronti di:
- di sé (TRISTEZZA)
- degli altri (IRA)
- della vita (ACCIDIA)
Per l’anima razionale (la presunzione di Maometto) l’inclinazione è di supervalutazione di sé e si esplica nei confronti di sé:
- di sé (VANAGLORIA)
- degli altri (INVIDIA)
- della vita (SUPERBIA)
La conoscenza di tali dinamiche spirituali consente un approccio consulenziale e psicoterapeutico
- c o n c u p i s c i b i l e
- i r a s c i b i l e
- r a z i o n a l e
faceva corrispondere ad ognuna di queste tre parti alcuni vizi potenziali. Si dicono potenziali perché nascono comeinclinazioni allo stato neutro che, non riconosciute e governate, si possono trasformare nei vizi capitali (che inizialmente erano appunto 9).
Per l’anima concupiscibile (l’avidità di Maometto) l’inclinazione è verso se stesso o altro da piegare a sè e si esplica nei confronti del:
- cibo (GOLA)
- sesso (LUSSURIA)
- beni (AVARIZIA)
Per l’anima irascibile (l’ira di Maometto) l’inclinazione è contro se stesso o altro e si esplica nei confronti di:
- di sé (TRISTEZZA)
- degli altri (IRA)
- della vita (ACCIDIA)
Per l’anima razionale (la presunzione di Maometto) l’inclinazione è di supervalutazione di sé e si esplica nei confronti di sé:
- di sé (VANAGLORIA)
- degli altri (INVIDIA)
- della vita (SUPERBIA)
La conoscenza di tali dinamiche spirituali consente un approccio consulenziale e psicoterapeutico
domenica 26 dicembre 2010
Sono curioso di sapere cosa avresti fatto tu se
Cristo,
sono uno studente.
Sono curioso di sapere cosa avresti fatto tu se fossi stato studente in questo momento.
Chissà da quale parte ti saresti schierato.
Con quelli che non vogliono essere molestati da nessuno, a cui tutto va bene perché vogliono finire presto gli studi per "sistemarsi"?
O con quelli che non hanno fretta di finire perché non accettano una situazione che è assurda anche agli occhi degli stessi responsabili?
Ti ricordi, Signore, di quel professore famoso che di fronte alle camere televisive, pressato dalle domande di noi studenti anticonformisti, andava dicendo: "So molto meglio di voi che questo sistema di insegnamento è già superato e assurdo. Non sono un idiota"?
E ricordi quello che noi gli abbiamo risposto: " La differenza è che lei accetta la situazione assurda e cerca di giustificarla perché è sistemato e teme di perdere il posto, mentre noi in coscienza non possiamo partecipare a uno stato di cose che voi stessi, che ne siete i responsabili, dare per scontato che sia disumano e superato"?
Da quale parte ti saresti schierato?
Dalla parte del professore o dalla nostra?
Dalla parte di quelli che difendevano il professore o di noi che lo attaccavamo?
Perché tu non sei nato per essere diplomatico e non hai avuto paura di comprometterti. Accetta come una nostra preghiera le domande a cui nessuno vuol dare risposta.
Perché ci obbligano a perdere un terzo della nostra vita a studiare non per sapere ma per "essere promossi"?
A studiare non quello che ci piacerebbe sapere ma quello che alla società interessa che sappiamo?
Non quello che ci servirebbe conoscere per conoscere meglio l’uomo e per comunicare meglio con lui, ma quello che ci servirà a illuderlo e a ingannarlo?
Non quello che sarebbe più utile per tutti ma quello che ci conviene di più?
Perché passano gli anni ad insegnarci quello che hanno detto e fatto i nostri antenati (se almeno ci dicessero la verità!) e lasciano così poco tempo alla nostra espressione personale?
Perché ci obbligano a vivere sempre di rendita se sentiamo la vocazione di essere creatori?
Una ragazzina invece di imparare a memoria una poesia di Leopardi che non le piaceva e che non capiva fece una poesia da sé.
Il professore la punisce e la sospende: "Questa poesia non è di Leopardi".
"Certo, è mia e mi piace di più!".
E avrebbe potuto aggiungere: "Se Leopardi si fosse contentato di imparare a memoria le poesia degli altri non avrebbe mai scritto le sue".
La ragazzina aveva dodici anni.
Come quanto tu hai scandalizzato i dottori nel tempio di Gerusalemme.
Ma essi furono meno ipocriti, più umani: "Si meravigliarono della tua sapienza".
A te ti hanno condannato soltanto quando hai messo in pratica la tua sapienza creativa.
A noi ci castrano proprio nell’attimo stesso della creazione. Tu almeno sei stato riconosciuto e ascoltato quando, uscendo dagli schemi degli altri, hai dato la tua interpretazione della scrittura.
Per questo si sono meravigliati perché hai detto qualcosa di nuovo, di tuo, senza ripetere i disco degli altri.
Oggi tutto è peggiorato.
Si parla di più della libertà masi costruiscono più chiavi per tutte le porte.
Pensare con la propria testa risulta sempre più pericoloso.
Creare non è più un attributo che ci accomuna al divino ma passaporto per l’isolamento, la scomunica, l’esilio, l’ostruzionismo, la fame o la clinica psichiatrica.
A te ti ammiravano, a noi ci di disprezzano. A scuola e in famiglia.
Nasce un grande pittore, un grande musicista, un grande medico, un grande poeta che non ha titoli perché ha creato per conto suo e diciamo: "Cero, è un genio".
Però non chiediamo se non è forse un genio perché non è stato allineato dalla scuola.
Non ci chiediamo se è un genio chi crea qualcosa di diverso dagli altri e senza mezzi, o se al contrario non esistono più geni perché non gli si permette più di realizzarsi e di sviluppare tutta la propria forza creativa.
Non sarebbe meglio chiamare normali quanti riescono a essere se stessi e anormali quanti sono solo un prodotto degli altri, che non riusciranno mai a pronunciare la propria parola originale?
Cristo,
non vogliamo distruggere la scuola, l’università.
Vogliamo solo una scuola che non ci distrugga tutti,
che non alieni la nostra originalità;
che ci aiuti a scoprire e a mettere in cammino la carica ideale che ogni uomo ha dentro di sé quando si sveglia alla vita.
Vogliamo la scuola dell’uomo e non la l’uomo della scuola.
Vogliamo che sia riconosciuta la scuola della vita che è la prima e la migliore.
Vogliamo una scuola senza titoli e senza esami.
Senza professori e senza alunni,
una scuola di vita veramente umana in cui ognuno mette a disposizione degli altri il suo pezzo di sapienza,
una scuola dove si crea insieme, come insieme si mangia a tavola, insieme si gioca e insieme si piange e si ride.
Vogliamo che tu torni a ripetere al mondo, anche alla tua chiesa "che nessuno deve chiamarsi maestro, né padre".
Tu, l’unico vero maestro della storia non sei mai stato "dottore della legge".
Sei stato sempre te stesso, il meglio di te stesso.
Per questo hai permesso senza paure e senza invidie che gli altri fossero anche loro se stessi.
Per questo hai affermato con naturalezza e senza nostalgie a quanti vivevano con te: "Farete cose migliori di quelle che io ho fatto".
Juan Arias, Preghiera nuda
sabato 25 dicembre 2010
Finiamo per credere che ciò che caratterizza la festa debba essere l´eccesso
Enzo Bianchi
Arrivano le feste, ma con esse anche una domanda sempre più pertinente: siamo ancora capaci di fare festa? Riusciamo ancora a segnare un tempo come festivo, diverso dal feriale quotidiano? E, se e quando ci riusciamo, di cosa abbiamo bisogno per distinguerlo dalle ormai sempre più numerose occasioni che abbiamo per festeggiare, stimolati come siamo da un mercato che ci vuole sempre pronti a consumare tempo e denaro in beni fuori dall´ordinario? Finiamo per credere che ciò che caratterizza la festa debba essere l´eccesso, la ricchezza, il poter spendere per il superfluo, lo stordirci con lo stra-ordinario. In questo senso il Natale è divenuta la ricorrenza che più di altre mostra la contraddizione in cui ci troviamo e il conseguente paradosso ditrovarci in ansia per la festa: siccome ha perso la preziosità che gli derivava del suo essere unica o quasi durante l´anno, ora sembra condannata a distinguersi dalle mille altre feste che ci siamo inventatiattraverso un "di più" di tutto: più spese, più regali, più cibi, viaggi più lontani, adunate più affollate... Eppure, il cuore e la mente ci dicono che per noi la vera festa è fatta di altro, di cose che non si pesano in quantità ma in qualità, che non si misurano in estensione ma in profondità: incontri autentici, momenti di condivisione, equilibri di silenzi e parole, tempo offerto all´altro nella gratuità. Se siamo onesti con noi stessi, il regalo più gradito non è quello che ci sorprende di più per la sua stranezza o per il suo prezzo, bensì quello che più è capace di narrarci il sentimento di chi lo porge. Come non ricordare la povertà dei regali negli anni del dopoguerra o, ancora oggi, in tante famiglie in difficoltà economiche? Eppure bastava e basta così poco per far risplendere il dono più umile: era e rimane sufficiente che il gesto che lo offre sappia al contempo porgere il cuore di chi dona, sappia parlare al cuore di chi riceve. A Natale, infatti, non dovremmo sorprendere l´altro con l´ostentazione della ricchezza o della stravaganza, né stordirlo con l´eccesso, bensì stupirlo e confermarlo con l´amore, l´affetto, l´attenzione che non sempre nel quotidiano trovano il tempo e il modo di essere esplicitati. Il piatto più apprezzato a tavola, allora, non sarà quello più esotico o costoso, maquello che meglio mostra che conosco i gusti di chi mi sta accanto, che so cosa lo rallegra, che cerco solo di dirgli "ti voglio bene". Del resto, il regalo che più rallegra ciascuno di noi, di qualunque età, non è mai l´ultima trovata di cui tutti parlano o l´ennesima novità straordinaria che nel giro di pochi mesi sarà superata, ma quel semplice oggetto che mi fa capire che chi lo ha scelto ha pensato proprio a me, ha saputo interpretare i miei desideri inespressi, mi ha letto nel cuore. Tutte cose, queste, che non si comprano in contanti né con carta di credito, anzi: sovente sonobeni poveri, sobri, umili, "feriali", ma che si accendono di novità per la carica di umanità che sappiamo immettervi. E così, a loro volta accendono di semplicità la festa, fanno sentire che quel giorno è diverso, non perché così dice il calendario dei negozi, non perché lo abbiamo ricoperto d´oro, ma perché abbiamo saputo guardare noi stessi, gli altri, la realtà con occhio diverso, con uno sguardo predisposto a scorgere il bene nascosto in chi amiamo, perché abbiamo saputo essere autenticamente noi stessi, desiderosi di amare e di essere amati. Sì, Natale è davvero festa quando l´amore trova spazio e tempo per essere narrato, semplicemente.
Arrivano le feste, ma con esse anche una domanda sempre più pertinente: siamo ancora capaci di fare festa? Riusciamo ancora a segnare un tempo come festivo, diverso dal feriale quotidiano? E, se e quando ci riusciamo, di cosa abbiamo bisogno per distinguerlo dalle ormai sempre più numerose occasioni che abbiamo per festeggiare, stimolati come siamo da un mercato che ci vuole sempre pronti a consumare tempo e denaro in beni fuori dall´ordinario? Finiamo per credere che ciò che caratterizza la festa debba essere l´eccesso, la ricchezza, il poter spendere per il superfluo, lo stordirci con lo stra-ordinario. In questo senso il Natale è divenuta la ricorrenza che più di altre mostra la contraddizione in cui ci troviamo e il conseguente paradosso ditrovarci in ansia per la festa: siccome ha perso la preziosità che gli derivava del suo essere unica o quasi durante l´anno, ora sembra condannata a distinguersi dalle mille altre feste che ci siamo inventatiattraverso un "di più" di tutto: più spese, più regali, più cibi, viaggi più lontani, adunate più affollate... Eppure, il cuore e la mente ci dicono che per noi la vera festa è fatta di altro, di cose che non si pesano in quantità ma in qualità, che non si misurano in estensione ma in profondità: incontri autentici, momenti di condivisione, equilibri di silenzi e parole, tempo offerto all´altro nella gratuità. Se siamo onesti con noi stessi, il regalo più gradito non è quello che ci sorprende di più per la sua stranezza o per il suo prezzo, bensì quello che più è capace di narrarci il sentimento di chi lo porge. Come non ricordare la povertà dei regali negli anni del dopoguerra o, ancora oggi, in tante famiglie in difficoltà economiche? Eppure bastava e basta così poco per far risplendere il dono più umile: era e rimane sufficiente che il gesto che lo offre sappia al contempo porgere il cuore di chi dona, sappia parlare al cuore di chi riceve. A Natale, infatti, non dovremmo sorprendere l´altro con l´ostentazione della ricchezza o della stravaganza, né stordirlo con l´eccesso, bensì stupirlo e confermarlo con l´amore, l´affetto, l´attenzione che non sempre nel quotidiano trovano il tempo e il modo di essere esplicitati. Il piatto più apprezzato a tavola, allora, non sarà quello più esotico o costoso, maquello che meglio mostra che conosco i gusti di chi mi sta accanto, che so cosa lo rallegra, che cerco solo di dirgli "ti voglio bene". Del resto, il regalo che più rallegra ciascuno di noi, di qualunque età, non è mai l´ultima trovata di cui tutti parlano o l´ennesima novità straordinaria che nel giro di pochi mesi sarà superata, ma quel semplice oggetto che mi fa capire che chi lo ha scelto ha pensato proprio a me, ha saputo interpretare i miei desideri inespressi, mi ha letto nel cuore. Tutte cose, queste, che non si comprano in contanti né con carta di credito, anzi: sovente sonobeni poveri, sobri, umili, "feriali", ma che si accendono di novità per la carica di umanità che sappiamo immettervi. E così, a loro volta accendono di semplicità la festa, fanno sentire che quel giorno è diverso, non perché così dice il calendario dei negozi, non perché lo abbiamo ricoperto d´oro, ma perché abbiamo saputo guardare noi stessi, gli altri, la realtà con occhio diverso, con uno sguardo predisposto a scorgere il bene nascosto in chi amiamo, perché abbiamo saputo essere autenticamente noi stessi, desiderosi di amare e di essere amati. Sì, Natale è davvero festa quando l´amore trova spazio e tempo per essere narrato, semplicemente.
in “la Repubblica”
giovedì 23 dicembre 2010
Io leggo perché non ne posso fare a meno
Sono stanca ma ho voglia di entrare in un altro mondo. Voglio leggere. Il tempo di leggere è sempre perché è come vivere un'altra vita senza legami con quella vera. La vita del lettore è una vita verisimile. Come una realtà romanzesca in atto che riesce a esprimere tutte le sue potenzialità alterando i meccanismi estremi e ordinati dall'alto dello spazio e del tempo. Io leggo quando la mia mente è pronta a ricevere segnali che veicolano informazioni, credenze, intuizioni, sentimenti e realtà alternative. Io leggo e trovo il tempo per farlo anche se le informazioni degradate dal mondo vero e sporco stanno entrando dentro di me con forza esplosiva.
Io leggo perché non ne posso fare a meno. Leggo senza che nessuno mi dica di farlo. Leggo perché la passione, la sofferenza della lettura è forte, più forte della degradazione attuale. La verismiglianza si rovescia in idealità costruttiva ed estraniante. Solo in quella condizione ho la rivelazione totale.
http://ilpiaceredileggere.splinder.com/
http://ilpiaceredileggere.splinder.com/
dovere costituzionale di farsi capire
Le parole sono fatte, prima che per essere dette, per essere capite:
proprio per questo, diceva un filosofo,
gli dei ci hanno dato una lingua e due orecchie.
Chi non si fa capire viola la libertà di parola dei suoi ascoltatori.
È un maleducato, se parla in privato e da privato.
È qualcosa di peggio se è un giornalista, un insegnante,
un dipendente pubblico, un eletto dal popolo.
Chi è al servizio di un pubblico
ha il dovere costituzionale di farsi capire.
Tullio De Mauro
proprio per questo, diceva un filosofo,
gli dei ci hanno dato una lingua e due orecchie.
Chi non si fa capire viola la libertà di parola dei suoi ascoltatori.
È un maleducato, se parla in privato e da privato.
È qualcosa di peggio se è un giornalista, un insegnante,
un dipendente pubblico, un eletto dal popolo.
Chi è al servizio di un pubblico
ha il dovere costituzionale di farsi capire.
Tullio De Mauro
mercoledì 22 dicembre 2010
Chi può trovarmi qualcuno da amare?
Artista: Queen
Titolo: Somebody To Love
Titolo Tradotto: Qualcuno Da Amare
Chi può trovarmi qualcuno da amare?
Ogni mattina mia alzo e mi sento morire un po'
Riesco a malapena a stare in piedi
Guardo lo specchio e piango
Signore cosa mi stai facendo?
Ho passato tutta la mia vita a credere in te
Ma non riesco a riceverne conforto, Signore!
Qualcuno, qualcuno
Chi può trovarmi qualcuno da amare?
Lavoro duro ogni giorno della mia vita
Lavoro fino a rompermi le ossa
Alla fine porto a casa la mia paga guadagnata duramente
tutto solo
Mi inginocchio
E inizio a pregare
Finchè le lacrime non mi sgorgano dagli occhi
Signore - qualcuno - qualcuno
Chi può trovarmi qualcuno da amare
(Lui lavora sodo)
Ogni giorno - cerco e cerco e cerco -
Ma sembra che tutti vogliano umiliarmi
Dicono che sto impazzendo
Dicono che ho il cervello pieno d'acqua
Dicono che non ho buon senso
Non mi è rimasto nessuno in cui credere
Yeah - yeah yeah yeah
Oh Signore
Qualcuno - qualcuno
Chi può trovarmi qualcuno da amare?
Non ho più sensibilità, non ho ritmo
Continuo a perdere colpi
Tutto bene, sono a posto
Non subirò più sconfitte
Devo solo uscire da questa cella
Un giorno sarò libero, Signore!
Trovatemi qualcuno da amare
Chi può trovarmi qualcuno da amare
martedì 21 dicembre 2010
assai difficile decidere
" ... E' assai difficile decidere quando la stupidità assume le sembianze della furfanteria e quando la furfanteria assume le sembianze della stupidità.
Questa è l'unica ragione per la quale è sempre difficile giudicare un uomo politico ..."
lunedì 20 dicembre 2010
Siamo ancora in tempo per farci questo dono
Se volete vedere Dio sorridere parlategli dei vostri programmi futuri.
Non so chi è l’autore di questa espressione che cito a memoria ma sintetizza bene l’animo con cui dobbiamo vivere il quotidiano.
Nella nostra ansia di definire e controllare ogni cosa pensiamo di poter anche decidere gli eventi che ci aspettano. Ogni giorno ci vengono proposte mille opportunità, ma purtroppo un po’ per la nostra fretta, un po’ per la nostra incapacità di gestire il tempo, veniamo travolti dagli avvenimenti.
Senza accorgerci, rotoliamo da un giorno all’altro subendo ciò che accade senza la possibilità di soffermarci su ciò che viviamo e di godere delle esperienze che facciamo.
Nel percorso verso una vita armonica e matura, un punto di svolta importante
sarà quando riusciremo a interrompere l’atteggiamento di schiavitù rispetto ai fatti che succedono e prenderemo in mano il filo dellanostra esistenza. Sarà il momento in cui ci disporremo ad accogliere la novità che ogni giorno la vita ci riserva con l’attenzione particolare a dove si muove il bene. I tempi saranno più dilatati, gli avvenimenti, anche quelli imprevisti, saranno accolti e ci sarà sempre un tempo adeguato per elaborare le esperienze vissute, per ripensarle, per farle diventare più nostre.
È il difficile ma gratificante cammino verso il “semplicemente vivere”. Il vivere pienamente riappropriandoci della gestione della nostra vita. La vita che ci è stata affidata ci chiede ogni giorno qualcosa per potersi esprimere pienamente, è importante che ci trovi pronti ad ascoltare, ad accoglierla, non distratti da mille pretesti, da mille doveri da compiere, da mille preoccupazioni e paure da esorcizzare.
In questo periodo la serena disponibilità della famiglia di Nazareth, che si pone in attesa di accogliere colui che ha detto le cose più vere e più belle sulla vita, ci invita a predisporre il nostro animo, il nostro tempo, le nostre cose per vivere un “bel Natale”. Siamo ancora in tempo per farci questo dono. È questo il mio augurio.
http://www.oreundici.org/abbonamenti/dicembre2010f/Oreundici_dicembre_2010_full.pdf
Non so chi è l’autore di questa espressione che cito a memoria ma sintetizza bene l’animo con cui dobbiamo vivere il quotidiano.
Nella nostra ansia di definire e controllare ogni cosa pensiamo di poter anche decidere gli eventi che ci aspettano. Ogni giorno ci vengono proposte mille opportunità, ma purtroppo un po’ per la nostra fretta, un po’ per la nostra incapacità di gestire il tempo, veniamo travolti dagli avvenimenti.
Senza accorgerci, rotoliamo da un giorno all’altro subendo ciò che accade senza la possibilità di soffermarci su ciò che viviamo e di godere delle esperienze che facciamo.
Nel percorso verso una vita armonica e matura, un punto di svolta importante
sarà quando riusciremo a interrompere l’atteggiamento di schiavitù rispetto ai fatti che succedono e prenderemo in mano il filo dellanostra esistenza. Sarà il momento in cui ci disporremo ad accogliere la novità che ogni giorno la vita ci riserva con l’attenzione particolare a dove si muove il bene. I tempi saranno più dilatati, gli avvenimenti, anche quelli imprevisti, saranno accolti e ci sarà sempre un tempo adeguato per elaborare le esperienze vissute, per ripensarle, per farle diventare più nostre.
È il difficile ma gratificante cammino verso il “semplicemente vivere”. Il vivere pienamente riappropriandoci della gestione della nostra vita. La vita che ci è stata affidata ci chiede ogni giorno qualcosa per potersi esprimere pienamente, è importante che ci trovi pronti ad ascoltare, ad accoglierla, non distratti da mille pretesti, da mille doveri da compiere, da mille preoccupazioni e paure da esorcizzare.
In questo periodo la serena disponibilità della famiglia di Nazareth, che si pone in attesa di accogliere colui che ha detto le cose più vere e più belle sulla vita, ci invita a predisporre il nostro animo, il nostro tempo, le nostre cose per vivere un “bel Natale”. Siamo ancora in tempo per farci questo dono. È questo il mio augurio.
http://www.oreundici.org/abbonamenti/dicembre2010f/Oreundici_dicembre_2010_full.pdf
domenica 19 dicembre 2010
Bloggers
Secondo il motore di ricerca Technorati, su internet esistono più di cento milioni di blog.
Questo farebbe pensare che l’autoespressione stia andando forte in tutto il mondo.
Invece no: il 94 per cento dei blog non viene aggiornato da almeno quattro mesi.
Questo farebbe pensare che l’autoespressione stia andando forte in tutto il mondo.
Invece no: il 94 per cento dei blog non viene aggiornato da almeno quattro mesi.
sabato 18 dicembre 2010
Un uomo peccatore schiva il rimprovero, trova scuse secondo i suoi capricci. (dal libro di Siracide)
Siamo sempre tutti maestri a consigliare le persone, poi però quando dobbiamo farlo con noi, per un motivo o per un altro, finiamo spesso col girare la testa dall'altra parte; predichiamo bene e razzoliamo male. Parlare e parlare e ancora parlare...serve a poco se le parole non sono accompagnate dai fatti.
venerdì 17 dicembre 2010
il pieno...il vuoto
Trenta raggi convergono nel mozzo
ma e' il foro centrale che rende utile la ruota.
Plasmiamo la creta per formare un recipiente
ma e' il vuoto centrale che lo rende utile.
Ritagliamo porte e finistre
nelle pareti di una stanza e
sono queste aperture che la rendono utile.
Percio' il pieno ha una sua funzione
ma l'utilita' essenziale appartiene al vuoto
Lao Tzu
ma e' il foro centrale che rende utile la ruota.
Plasmiamo la creta per formare un recipiente
ma e' il vuoto centrale che lo rende utile.
Ritagliamo porte e finistre
nelle pareti di una stanza e
sono queste aperture che la rendono utile.
Percio' il pieno ha una sua funzione
ma l'utilita' essenziale appartiene al vuoto
Lao Tzu
giovedì 16 dicembre 2010
Esortandovi a vicenda ogni giorno, finché dura « quest'oggi » (Eb 3,13).
Quando ho iniziato questo blog volevo parlare inizialmente a me stesso e dicevo che mi sarei servito di alcuni maestri. Entrando poi nel supermercato di internet mi sono lasciato trasportare dalle sue immense acque e catturare dai canti delle sue sirene e non ho fatto altro che tracimare il carrello pagando con la carta di credito senza sorvegliare l'estratto conto, facendo debiti per contenuti che non avrei mai usato ma che avevo tolto dallo scaffale da cui elegantemente si prostituiva. La visione dei questi cibi mi ha fatto essere vorace e ho inghiottito senza masticare e senza digerire facendo si che il tutto non diventasse energia ma zavorra che ha appesantito il mio già lento passo fino ad ingessarlo. Mi sono illuso che imbandendo questa piccola mensa avrei fatto la mia gioia e sarei diventato un magister elengantiarum anfitrione che chi si fosse intrattenuto avrebbe lodato per l'abbondanza di ciò che avevo collocato in bella mostra.
Oggi è un nuovo giorno e finchè dura devo esortare (ex orto) risorgere.
Oggi è un nuovo giorno e finchè dura devo esortare (ex orto) risorgere.
come un signore dal suo castello
Chi sono io? Spesso mi dicono
che esco dalla mia cella
disteso, lieto e risoluto
come un signore dal suo castello.
Chi sono io? Spesso mi dicono
che parlo alle guardie
con libertà, affabilità e chiarezza
come spettasse a me di comandare.
Chi sono io? Anche mi dicono
che sopporto i giorni del dolore
imperturbabile, sorridente e fiero
come chi è avvezzo alla vittoria.
Sono io veramente ciò che gli altri dicono di me?
O sono soltanto quale io mi conosco?
Inquieto, pieno di nostalgia, malato come uccello in gabbia,
bramoso di aria come mi strangolassero alla gola,
affamato di colori, di fiori, di voci d'uccelli,
assetato di parole buone, di compagnia
tremante di collera davanti all'arbitrio e all'offesa più meschina,
agitato per l'attesa di grandi cose,
preoccupato e impotente per 1' amico infinitamente lontano,
stanco e vuoto nel pregare, nel pensare, nel creare,
spossato e pronto a prendere congedo da ogni cosa?
Chi sono io?
Oggi sono uno, domani un altro?
Sono tutt'e due insieme? Davanti agli uomini un simulatore
e davanti a me uno spregevole vigliacco?
Chi sono io? Questo porre domande da soli è derisione.
Chiunque io sia, tu mi conosci, o Dio, io sono tuo!
(Dietrich Bonhoeffer, da RESISTENZA E RESA,
che esco dalla mia cella
disteso, lieto e risoluto
come un signore dal suo castello.
Chi sono io? Spesso mi dicono
che parlo alle guardie
con libertà, affabilità e chiarezza
come spettasse a me di comandare.
Chi sono io? Anche mi dicono
che sopporto i giorni del dolore
imperturbabile, sorridente e fiero
come chi è avvezzo alla vittoria.
Sono io veramente ciò che gli altri dicono di me?
O sono soltanto quale io mi conosco?
Inquieto, pieno di nostalgia, malato come uccello in gabbia,
bramoso di aria come mi strangolassero alla gola,
affamato di colori, di fiori, di voci d'uccelli,
assetato di parole buone, di compagnia
tremante di collera davanti all'arbitrio e all'offesa più meschina,
agitato per l'attesa di grandi cose,
preoccupato e impotente per 1' amico infinitamente lontano,
stanco e vuoto nel pregare, nel pensare, nel creare,
spossato e pronto a prendere congedo da ogni cosa?
Chi sono io?
Oggi sono uno, domani un altro?
Sono tutt'e due insieme? Davanti agli uomini un simulatore
e davanti a me uno spregevole vigliacco?
Chi sono io? Questo porre domande da soli è derisione.
Chiunque io sia, tu mi conosci, o Dio, io sono tuo!
(Dietrich Bonhoeffer, da RESISTENZA E RESA,
Sempre loro! Per fortuna.
I bambini hanno occhi speciali e vedono anche quello che non viene mostrato.
Hanno udito finissimo e percepiscono anche ciò che non viene loro comunicato intenzionalmente.
Sono così attenti, che riescono agevolmente nella lettura della realtà, quella profonda, s'intende. Colgono e imparano.
Si può far loro molto male senza rendersene conto, tanto gli adulti sono abituati alla grossolanità e alla volgarità delle proposte di certa nostra società.
Assorbono ed elaborano.
Nella quotidianità, troppi comportamenti superficiali offendono e turbano il mondo infantile, creando in loro spazi vuoti e desideri.
Ma loro, i bambini, credono molto più in quello che vedono, che nella parole e nei lunghi discorsi, di cui è così ricca talvolta la nostra cultura.
Abbiamo tutti notato con quale acuto interesse i bambini osservino il mondo degli adulti!
Fa storia e lezione il comportamento di coloro che amano, a cui sono legati da rapporto di affetto e di cura, genitori, maestri o nonni che siano.
Le parole si disperdono nel turbinio degli eventi di ogni giorno e sono passate al filtro di una sensibilità disarmante: il viaggio verso la scuola, il saluto attento agli insegnanti, il sorriso al fornaio, la cortesia all'anziana sotto casa, la gentilezza al marito, la tenerezza verso la moglie, il giornale intelligente o solo "bello", che si affloscia sul tavolino di casa, la risposta data in aula, il rispetto paziente della fila allo sportello...
"Una delle cose che mi riesce più difficile è il controllo: spesso mi altero, mi arrabbio insomma e le cose mi sfuggono di mano! Faccio fatica poi a ragionare con Pierino e a fargli cogliere l'importanza e la convenienza di sapersi controllare..."
In effetti "l'esposizione ad un modello adeguato" è una risorsa educativa innegabile. E i modelli preferiti nei primi anni di vita, almeno sono i genitori. Sempre loro! Per fortuna. Poi bisogna aiutarli a scegliere.
di Annamaria Gatti
Hanno udito finissimo e percepiscono anche ciò che non viene loro comunicato intenzionalmente.
Sono così attenti, che riescono agevolmente nella lettura della realtà, quella profonda, s'intende. Colgono e imparano.
Si può far loro molto male senza rendersene conto, tanto gli adulti sono abituati alla grossolanità e alla volgarità delle proposte di certa nostra società.
Assorbono ed elaborano.
Nella quotidianità, troppi comportamenti superficiali offendono e turbano il mondo infantile, creando in loro spazi vuoti e desideri.
Ma loro, i bambini, credono molto più in quello che vedono, che nella parole e nei lunghi discorsi, di cui è così ricca talvolta la nostra cultura.
Abbiamo tutti notato con quale acuto interesse i bambini osservino il mondo degli adulti!
Fa storia e lezione il comportamento di coloro che amano, a cui sono legati da rapporto di affetto e di cura, genitori, maestri o nonni che siano.
Le parole si disperdono nel turbinio degli eventi di ogni giorno e sono passate al filtro di una sensibilità disarmante: il viaggio verso la scuola, il saluto attento agli insegnanti, il sorriso al fornaio, la cortesia all'anziana sotto casa, la gentilezza al marito, la tenerezza verso la moglie, il giornale intelligente o solo "bello", che si affloscia sul tavolino di casa, la risposta data in aula, il rispetto paziente della fila allo sportello...
"Una delle cose che mi riesce più difficile è il controllo: spesso mi altero, mi arrabbio insomma e le cose mi sfuggono di mano! Faccio fatica poi a ragionare con Pierino e a fargli cogliere l'importanza e la convenienza di sapersi controllare..."
In effetti "l'esposizione ad un modello adeguato" è una risorsa educativa innegabile. E i modelli preferiti nei primi anni di vita, almeno sono i genitori. Sempre loro! Per fortuna. Poi bisogna aiutarli a scegliere.
di Annamaria Gatti
mercoledì 15 dicembre 2010
Cosa ho da ridere? Ho sentito questa frase pronunciata con cattiveria
Mi rendo conto che da qualche giorno cammino con un pò di peso in meno.
E' il peso della schiavitù alla quale mi sottopongo da sola, quella di voler essere approvata per quello che sono e per quello che faccio.
Stancante...se non sorrido c'è qualcuno che mi vuole sorridente. Se sorrido scateno le ire di chi è infelice, e al quale il mio bianco sorriso pare un pugno nei suoi denti.
Sono schiava di questa prigione nella quale mi sono rinchiusa da sola, ormai non so più neanche da quanti anni, né quando sia cominciata.So però che da qualche giorno, se non ne sono fuori, le sbarre hanno iniziato ad essere più distanti e flessibili, da consentirmi ogni tanto di uscire fuori e RIDERE. Si ! Mi sento più libera di ridere senza che nessuno possa rovinarmi la festa.
Cosa ho da ridere? Ho sentito questa frase pronunciata con cattiveria ed aggressività troppe volte.
La risposta non è una: sono mille. Sono la lista delle cose brutte che non mi sono capitate, tanto per cominciare e mi sembrano ottimi motivi per ridere.
Viva la libertà di espressione, viva il sorriso, anche quando tante cose vanno male.
Io sono contenta di quelle che vanno...
Consiglio per la lettura: Wayne W. Dyer-Le vostre zone erronee: Per liberarsi dall’approvazione del mondo, per agire adesso, per vivere ora. Per camminare liberi dal peso del passato e per liberarsi anche dalle tentazioni di lamentarci, con il risultato di non godere appieno delle bellezze e fortune che la vita ci offre.
http://sessoepsiche.style.it/archive.php?eid=448
E' il peso della schiavitù alla quale mi sottopongo da sola, quella di voler essere approvata per quello che sono e per quello che faccio.
Stancante...se non sorrido c'è qualcuno che mi vuole sorridente. Se sorrido scateno le ire di chi è infelice, e al quale il mio bianco sorriso pare un pugno nei suoi denti.
Sono schiava di questa prigione nella quale mi sono rinchiusa da sola, ormai non so più neanche da quanti anni, né quando sia cominciata.So però che da qualche giorno, se non ne sono fuori, le sbarre hanno iniziato ad essere più distanti e flessibili, da consentirmi ogni tanto di uscire fuori e RIDERE. Si ! Mi sento più libera di ridere senza che nessuno possa rovinarmi la festa.
Cosa ho da ridere? Ho sentito questa frase pronunciata con cattiveria ed aggressività troppe volte.
La risposta non è una: sono mille. Sono la lista delle cose brutte che non mi sono capitate, tanto per cominciare e mi sembrano ottimi motivi per ridere.
Viva la libertà di espressione, viva il sorriso, anche quando tante cose vanno male.
Io sono contenta di quelle che vanno...
Consiglio per la lettura: Wayne W. Dyer-Le vostre zone erronee: Per liberarsi dall’approvazione del mondo, per agire adesso, per vivere ora. Per camminare liberi dal peso del passato e per liberarsi anche dalle tentazioni di lamentarci, con il risultato di non godere appieno delle bellezze e fortune che la vita ci offre.
http://sessoepsiche.style.it/archive.php?eid=448
L'unico bene, la condizione fondamentale per una vita felice, è la fiducia in se stessi... nè può renderti felice la bellezza o la forza del corpo: nessuno di quei beni resiste al passare del tempo. Seneca
La nostra paura più profonda non è quella di essere inadeguati.
La nostra paura più grande è che noi siamo potenti al di là di ogni misura.
E’ la nostra luce, non il nostro buio ciò che ci spaventa.
Ci domandiamo: “Chi sono io per essere brillante, magnifico, pieno di talento, favoloso?”.
In realtà, chi sei tu per non esserlo? Tu sei un figlio dell’Universo.
Il tuo giocare a sminuirti non serve al mondo.
Non c’è nulla di illuminato nel rimpicciolirsi in modo che gli altri non si sentano insicuri intorno a noi.
Noi siamo fatti per risplendere come fanno i bambini.
Noi siamo fatti per rendere manifesta la gloria dell’universo che è in noi.
Non solo in alcuni di noi, è in ognuno di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, noi, inconsciamente,
diamo alle altre persone il permesso di fare la stessa cosa.
Quando ci liberiamo dalle nostre paure, la nostra presenza automaticamente libera gli altri.
Nelson Mandela
La nostra paura più grande è che noi siamo potenti al di là di ogni misura.
E’ la nostra luce, non il nostro buio ciò che ci spaventa.
Ci domandiamo: “Chi sono io per essere brillante, magnifico, pieno di talento, favoloso?”.
In realtà, chi sei tu per non esserlo? Tu sei un figlio dell’Universo.
Il tuo giocare a sminuirti non serve al mondo.
Non c’è nulla di illuminato nel rimpicciolirsi in modo che gli altri non si sentano insicuri intorno a noi.
Noi siamo fatti per risplendere come fanno i bambini.
Noi siamo fatti per rendere manifesta la gloria dell’universo che è in noi.
Non solo in alcuni di noi, è in ognuno di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, noi, inconsciamente,
diamo alle altre persone il permesso di fare la stessa cosa.
Quando ci liberiamo dalle nostre paure, la nostra presenza automaticamente libera gli altri.
Nelson Mandela
ricevo volentieri questi auguri
Carissimi,
non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo.
Io, invece, vi voglio infastidire.
Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario.
Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticalie vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.
Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.
Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.
Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.
Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.
I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.
Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili. Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.
I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge ”, e scrutano l’aurora,vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio.
E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.
Buon Natale!
Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.
Don Tonino Bello
non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo.
Io, invece, vi voglio infastidire.
Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario.
Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticalie vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.
Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.
Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.
Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.
Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.
I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.
Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili. Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.
I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge ”, e scrutano l’aurora,vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio.
E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.
Buon Natale!
Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.
Don Tonino Bello
martedì 14 dicembre 2010
di solito ci sembra di potere (o di valere?) più di quanto in realtà siamo e possiamo
Il nostro errore più grave è quello di cercare di destare in ciascuno proprio quelle qualità che non possiede, trascurando di coltivare quelle che ha.
Marguerite Yourcena
Avere talento significa lavorare molto per migliorare ogni giorno.
Un grande errore è credersi più di ciò che si è e stimarsi meno di quanto si vale
Goethe
"innanzitutto dobbiamo esaminare noi stessi, poi i compiti che vogliamo assumere e infine le persone con le quali intendiamo lavorare. Dobbiamo valutare noi stessi perché di solito ci sembra di potere (o di valere?) più di quanto in realtà siamo e possiamo. Così uno fallisce perché confida troppo nella sua eloquenza; un altro pretende troppo dalla propria intelligenza; un altro ancora sfianca il suo fisico debole con un lavoro troppo faticoso. Dobbiamo inoltre pesare bene i compiti che vorremmo assumere e confrontare le nostre forze con ciò che stiamo per tentare. "
Lucio Seneca
Marguerite Yourcena
Avere talento significa lavorare molto per migliorare ogni giorno.
Un grande errore è credersi più di ciò che si è e stimarsi meno di quanto si vale
Goethe
"innanzitutto dobbiamo esaminare noi stessi, poi i compiti che vogliamo assumere e infine le persone con le quali intendiamo lavorare. Dobbiamo valutare noi stessi perché di solito ci sembra di potere (o di valere?) più di quanto in realtà siamo e possiamo. Così uno fallisce perché confida troppo nella sua eloquenza; un altro pretende troppo dalla propria intelligenza; un altro ancora sfianca il suo fisico debole con un lavoro troppo faticoso. Dobbiamo inoltre pesare bene i compiti che vorremmo assumere e confrontare le nostre forze con ciò che stiamo per tentare. "
Lucio Seneca
Meglio non scrivere niente che postare contenuti non buoni
Non perderti nel solito bla-bla bla pseudo serioso: nessuno ti ascolterà!
Non scegliere un carattere troppo piccolo, nessuno vuole spaccarsi gli occhi per leggere qualsiasi cosa - solo nel caso che fosse la cosa più importante del mondo per te in quel momento strizzeresti volentieri gli occhi per leggerla!.
Non scrivere troppo fitto, altrimenti appena il lettore si vede la paginata fitta fitta, gli prendrà subito un magone allo stomaco e anche se il titolo del testo lo attraeva, probabilmente batterà in ritirata pensando "questo è pazzo! ma come scrive?? secondo lui io mi spacco per leggere tutto sto' pappiè di roba?" e non leggerà più niente, uscendo velocemnte dal tuo blog.
Non essere banale o scontato perchè i chiacchiericci lasciano il tempo che trovano, non trasmettono niente e vanno a finire nel calderone del "rumore" di internet, come fossero non musica ma suoni non distinti bene: la bella musica ti fermi volentieri un attimo ad ascoltarla, i rumori sono solo fastidiosi e li eviti velocemente - non appena ti accorgi che quel contenuto è solo un "rumore", scapperai via da quel blog il più in fretta possibile! Siamo sommersi di informazioni, post, contenuti web: evita, se possibile, che i tuoi post finiscano nel dimenticatoio o che entrino ben presto a far parte del rumore "rumor" di internet.
Abitua piano piano i tuoi lettori al tuo ritmo-scrittura: non passare da un post a settimana ad un post al giorno pretendendo che i tuoi lettori possano metabolizzare in quel poco tempo ogni tuo post, commentandolo!
Cerca di fare in modo che i tuoi post siano squilli di tromba che chiamano a raccolta molti lettori, ogni volta che un nuovo post esce, come se arrivasse in piazza un banditore aspettato e la gente si affretta per ascoltare/comprare qualcosa da lui.
Se il tuo numero di lettori iscritti ai feed è basso, non esporlo: sarà solo controprudecente! Difficilmente ti iscrivi ad un blog di cui vedi un basso numero di lettori iscritti ai feed, a meno che quei contenuti esposti non ti interessino tantissimo trattando di una tematica da te preferita o a meno che tu non conosca l'autore: molto più facile è che tu t'iscriva ad un blog i cui iscrittti sono molti! Ricorda: molti iscritti portano a molti iscritti, pochi iscritti non stimolano altri lettori all'iscrizione - chi tanto ha, avrà ancora di più, a chi non ha sarà tolto anche quello che ha! (vangelo)
La start-up di un blog - e di ogni cosa - è la fase più difficile da gestire: ocorre superare la fase in cui ci sono ancora pochi iscritti, arrivando il più in fretta possibile alla fase in cui "c'è un numero di iscritti accettbile", per lanciarsi poi verso la fase "c'è un buon numero di iscritti". Approdati in questa fase, il numero di iscritti sarà un buon biglietto da visita, potrai inizire ad esporlo incrementando anche solo così il numero di nuovi lettori attratti dai tuoi contenuti.
Parla allo stesso modo sia che tu abbia un solo lettore sia che tu abbia 1000 lettori: trova il tuo modo di scrivere, trova la tua modalità per trasmettere il tuo messggio. Un volta abbracciato uno stile, non cambiarlo mai. Cambialo se senti che quando scrivi/parli, quel tuo modo non "ti" trasmette niente di positivo o è diventto banale o sembra non faccia arrivare il messaggio che vorresti. Ma se tu continui ad emozionarti, allora significa che sei sulla strada giusta: stai trasmettetndo ancora qualcosa di positivo e se il tuo numero di "seguaci" non aumenta, non preocuparti e non battere ciglio perchè si tratta solo di un problema di tempo. Gli ascoltatori/lettori arriveranno: tu rimani ben attaccato al cuore del discorso, ovvero i tuoi contenuti. Se i tuoi contenuti saranno davvero buoni, se porrai sempre bene attenzione a cosa dirai/scriverai, lasciandoti guidare allo stesso tempo da mente e cuore, allora sicuramente questi contenuti porteranno lettori. Questo è proprio scontato, è come dire ad un atleta che, allenandosi tutti i giorni bene, arrivernno i giorni delle vittorie e dunque il momento di rilasciare interviste in tv: ma l'intervista è una banalità, è un di più che viene da se quando l'atleta ha davvero imparato cosa sia fondamentale ed importante, ovvero allenarsi seriamente, condurre una vita regolare, impegnarsi, mangiare sano, vivere bene. E' solo il continuo allenamento - dunque il continuo star attento ai propri contenuti, a racimolare ogni parola che nasce dentro di noi - che conduce alla vittoria o comunque a produrre performance di alti livelli.
Ogni post un'immagine: una bell'immagine vale più di 1000 parole!Scegli e usa immgini che stiano bene nello stile del tuo blog: se hai un blog che punta su grafica colorata, preferisci immgini molto colorate, se è un blog "business" più serioso cerca immagini più "serie" e professionli scattate magari da fotografi che le vendono a pagamento.
Non aspettatevi mai che qualcuno vi regali niente: nè un'iscritto ai feed, ne una visita in più rispetto a quelle che vete di solito, nè un click in più sui vostri banner pubblicitari. Le cose vanno conquistate: l'attenzione della gente va meritata scrivendo buoni contenuti.
Se scriverete buoni contenuti sicuramente qualcuno li leggerà volentieri e, in qualche modo, ne trarrà giovamento. Se davvero sarà colpito da quel che scrivete, penserà anche che "sarebbe buono che anche i miei amici potessero leggere questo", "non sarebbe male che anche i miei amici lo spessero" ed allora inizierà a linkare i vostri contenuti e a diffonderli. In questo caso non vrete guadagnato soltanto un lettore ma addirittura un "evangelist" ovvero un diffusore dei vostri contenuti.
Non aspettatevi mai che qualcuno stia lì ad aspettare quel che fate/dite: la maggior parte dell gente è pressochè critica/criticona su quel che fanno gli altri ma, se qualcosa la colpisce in positivo sul vostro blog, allora potrà fermarsi qualche istante e sfogliarlo, nel migliore dei casi ddirittura diffonderlo!
Non scrivete post troppo lunghi: non li leggerà nessuno! Considera che il tuo post andrà ad aggiungersi agli altri n-mila post che il lettore si leggerà in giornata e certamente si spaventerà nel vedere un testo troppo lungo. Un testo lungo lo leggerà solo se gli piacerà davvero tanto quel che c'è scritto, oppure se "gli sarà necessario" leggerlo perchè contiene proprio le informazioni che stava cercando. Il più delle volte i post lunghi un lettore li sfoglia velocemente alla ricerca dei capoversi o di qualche frase che gli faccia capire "ehi qui c'è scritto qualcosa d'interessante!". Se non trova niente che gli attira l'attenzione, difficilmente si fermerà a leggerlo, e passerà subito al post successivo, magari uscendo definitivamente dal tuo blog. Dunque scrivi poco, condensa, ma scrivi "succoso": poco ma denso. Evita di annacquare l'alcool dei tuoi post, dai tutta l'adrenalina che hai in canna in quelle poche righe ed il lettore se ne ricorderà! Non fa forse più effetto un piccolo bicchierino di grappa bevuta tutta d'un botto rispetto a 3 bicchieri di vino rosso bevuti lentamente?
Meglio non scrivere niente che postare contenuti non buoni: meglio il silenzio rispetto a scrivere o dire cose che non servono a niente e a nessuno.
lunedì 13 dicembre 2010
un diario personale
Eccoti allora 7 buoni motivi per i quali dovresti tenere un diario personale:
- Per diventare un osservatore. Tenere un diario ti spinge ad osservare con maggiore attenzione le tue esperienze, ma soprattutto ti spinge ad osservare gli aspetti positivi, ovvero quegli elementi da cui trarre delle lezioni. Non solo: l’abitudine di scrivere un diario personale ti insegna a non dare nulla per scontato, osservando le tue giornate con una nuova luce.
- Per non perdere nessuna idea. Ti è mai capitato di avere un’idea grandiosa per poi dimenticartene qualche ora più tardi. Grazie al tuo diario personale potrai tenere traccia di qualsiasi cosa ti salti in mente: il tuo diario è lì per raccogliere silenzioso e senza giudizi le tue idee (per quanto strane possano essere).
- Per memorizzare le tue idee. Il semplice atto dello scrivere è di per sé una delletecniche di memorizzazione più efficaci a nostra disposizione. Utilizza il tuo diario per registrare e memorizzare le tue note.
- Per dare concretezza ai tuoi pensieri. A volte tradurre in parole i nostri pensieri può non essere immediato. Abbiamo bisogno di rielaborare la nostra idea iniziale, dandole coerenza. Questo semplice esercizio può essere l’ago della bilancia che separa un’idea passeggera da un sogno realizzato.
- Per sviluppare le tue idee. Quando raccogli un’idea nel tuo diario personale, torni a pensare attivamente a questa idea. Magicamente dall’idea iniziale sgorgano decine di altre idee, finché una semplice intuizione si trasforma in progetto.
- Per imparare la lezione. In un articolo precedente ti ho parlato di 5 lezioni che la vita mi ha insegnato. Senza un diario non avrei mai potuto scrivere quel post, ma, cosa ancora più importante, non avrei mai interiorizzato quelle lezioni. La vita ama metterci di fronte alle stesse situazioni più e più volte: perché ripetere gli stessi errori?
- Per tracciare i tuoi progressi. Abbiamo visto come i siti di personal analytics stiano tracciando la nuova tendenza della crescita personale, ma la realtà è che non hai bisogno dell’ultimo giochino della Nike per tracciare i tuoi progressi: è sufficiente il tuo diario personale. Inoltre, rileggere quali traguardi sei riuscito a raggiungere nel passato ti permette di affrontare le nuove sfide con una prospettiva differente.
una breve guida in 4 passi per combattere la mancanza di motivazione
1. Trova una ragione
Non c’è nulla di più motivante di sapere quale sia lo scopo della propria vita ed essere consapevoli che ogni giorno stiamo facendo un passo in più nella giusta direzione.
Eh… belle parole Andre, ma trovare lo scopo della propria vita non è mica pizza e fichi!
Hai ragione, io stesso non ho ancora trovato la mia “ragione di esistenza”, eppure sto iniziando a farmene un’idea abbastanza chiara: in questo articolo ho provato a condividere un’intuizione su come trovare lo scopo della propria vita.
2. Datti un obiettivo A.M.B.I.Z.I.O.S.O.
Saper definire un obiettivo è un’arte più che una scienza: un obiettivo infatti non deve essere né troppo facile (ci annoierebbe), né troppo difficile (ciò che concepiamo come impossibile ci demotiva).
Se vogliamo ritrovare la motivazione dobbiamo darci un obiettivo “A.M.B.I.Z.I.O.S.O.”® (Mi spiace Tony, ma ho registrato il brevetto!):
Alto. Mira alla luna, se ti va male sarai comunque tra le stelle.
Motivante. Non perseguire mai un obiettivo per il quale non riesci a trovare almeno 10 “perchè”.
Ben definito. Non definire obiettivi generali come ad esempio “voglio essere in forma”.
Impegnativo. Se è facile non è un obiettivo è una semplice attività della tua to-do list.
Zfidante. Ah non si scrive con la “Z”? ;-), beh sono sicuro che tu abbia colto il messaggio: poniti obiettivi sfidanti, ma non impossibili.
Intuitivo. Non perseguire mai l’obiettivo di qualcun altro. Usa la tua intuizione per capire quali obiettivi riescono a motivarti veramente.
Oggettivo. Anche un bambino di 4 anni deve poter dire se hai ragggiunto o meno il tuo obiettivo; non porti obiettivi fumosi, poniti obiettivi binari: i tuoi obiettivi devono essere o un 1 o uno 0, il loro raggiungimento o meno deve essere oggettivo.
Specifico. Usa più dettagli possibili per definire il traguardo che vuoi raggiungere: non importa se non conosci ancora il “come”, ma il “cosa” deve essere cristallino.
Originale. Devi sentire il tuo obiettivo… tuo. Come già detto, perseguire gli obiettivi di altri non funziona: trova obiettivi originali che siano in grado di muoverti qualcosa dentro.
3. Crea un piano per i tuoi obiettivi
Sai cosa c’è di più motivante di un obiettivo? Un obiettivo con un piano di azione. Fissare il traguardo e poter vedere tutte le tappe che ti porteranno a raggiungerlo ti da un senso di sicurezza ed un’energia unici.
Questo non significa dover pianificare ogni azione nei minimi dettagli: sii flessibile, utilizza i fallimenti per migliorare il tuo piano e considera gli intervalli momentanei come tappe imprescindibili del tuo percorso di successo.
4. Inizia con un piccolo passo
Non è un caso che la parola motivazione contenga al suo interno il termine azione. L’azione infatti è la miglior tecnica di motivazione che io conosca. Applicare la regola dell’1 è alla base di qualsiasi tentativo di motivare te stesso.
Prova ad immaginare come ti sentiresti se guardandonti alle spalle potessi vedere una lunga serie di giornate in cui hai portato avanti costantemente e a piccoli passi i tuoi obiettivi: non male vero?
Sconfiggi la procrastinazione e fai oggi stesso un piccolo passo nella giusta direzione. http://www.efficacemente.com/
Non c’è nulla di più motivante di sapere quale sia lo scopo della propria vita ed essere consapevoli che ogni giorno stiamo facendo un passo in più nella giusta direzione.
Eh… belle parole Andre, ma trovare lo scopo della propria vita non è mica pizza e fichi!
Hai ragione, io stesso non ho ancora trovato la mia “ragione di esistenza”, eppure sto iniziando a farmene un’idea abbastanza chiara: in questo articolo ho provato a condividere un’intuizione su come trovare lo scopo della propria vita.
2. Datti un obiettivo A.M.B.I.Z.I.O.S.O.
Saper definire un obiettivo è un’arte più che una scienza: un obiettivo infatti non deve essere né troppo facile (ci annoierebbe), né troppo difficile (ciò che concepiamo come impossibile ci demotiva).
Se vogliamo ritrovare la motivazione dobbiamo darci un obiettivo “A.M.B.I.Z.I.O.S.O.”® (Mi spiace Tony, ma ho registrato il brevetto!):
Alto. Mira alla luna, se ti va male sarai comunque tra le stelle.
Motivante. Non perseguire mai un obiettivo per il quale non riesci a trovare almeno 10 “perchè”.
Ben definito. Non definire obiettivi generali come ad esempio “voglio essere in forma”.
Impegnativo. Se è facile non è un obiettivo è una semplice attività della tua to-do list.
Zfidante. Ah non si scrive con la “Z”? ;-), beh sono sicuro che tu abbia colto il messaggio: poniti obiettivi sfidanti, ma non impossibili.
Intuitivo. Non perseguire mai l’obiettivo di qualcun altro. Usa la tua intuizione per capire quali obiettivi riescono a motivarti veramente.
Oggettivo. Anche un bambino di 4 anni deve poter dire se hai ragggiunto o meno il tuo obiettivo; non porti obiettivi fumosi, poniti obiettivi binari: i tuoi obiettivi devono essere o un 1 o uno 0, il loro raggiungimento o meno deve essere oggettivo.
Specifico. Usa più dettagli possibili per definire il traguardo che vuoi raggiungere: non importa se non conosci ancora il “come”, ma il “cosa” deve essere cristallino.
Originale. Devi sentire il tuo obiettivo… tuo. Come già detto, perseguire gli obiettivi di altri non funziona: trova obiettivi originali che siano in grado di muoverti qualcosa dentro.
3. Crea un piano per i tuoi obiettivi
Sai cosa c’è di più motivante di un obiettivo? Un obiettivo con un piano di azione. Fissare il traguardo e poter vedere tutte le tappe che ti porteranno a raggiungerlo ti da un senso di sicurezza ed un’energia unici.
Questo non significa dover pianificare ogni azione nei minimi dettagli: sii flessibile, utilizza i fallimenti per migliorare il tuo piano e considera gli intervalli momentanei come tappe imprescindibili del tuo percorso di successo.
4. Inizia con un piccolo passo
Non è un caso che la parola motivazione contenga al suo interno il termine azione. L’azione infatti è la miglior tecnica di motivazione che io conosca. Applicare la regola dell’1 è alla base di qualsiasi tentativo di motivare te stesso.
Prova ad immaginare come ti sentiresti se guardandonti alle spalle potessi vedere una lunga serie di giornate in cui hai portato avanti costantemente e a piccoli passi i tuoi obiettivi: non male vero?
Sconfiggi la procrastinazione e fai oggi stesso un piccolo passo nella giusta direzione. http://www.efficacemente.com/
finire in mille pezzi solo a pensarla
Aforisma del giorno:
"...Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell'enormità, solo a pensarla? A viverla...
La terra... è una nave troppo grande per me. È una donna troppo bella. È un viaggio troppo lungo. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare.
Non scenderò dalla nave.
Al massimo, posso scendere dalla mia vita. In fin dei conti, io non esisto nemmeno. (Danny Boodman T.D. Lemon Novecento - La Leggenda del Pianista sull'Oceano)
La terra... è una nave troppo grande per me. È una donna troppo bella. È un viaggio troppo lungo. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare.
Non scenderò dalla nave.
Al massimo, posso scendere dalla mia vita. In fin dei conti, io non esisto nemmeno. (Danny Boodman T.D. Lemon Novecento - La Leggenda del Pianista sull'Oceano)
Credo che sia bene cercare di cambiare nel momento in cui...
- senti di non avere più niente da imparare - professionalmente e tecnicamente parlando - dalle mansioni che svolgi e soprattutto che svolgerai nel prossimo breve/medio periodo futuro (cosa ci faccio ancora qui?) ;
- ritieni di essere sottopagato rispetto all'impegno profuso ed al tempo ed il ritmo che devi tenere (tutto questo sforzo per quattro spiccioli con cui non si arriva a fine mese?);
- comprendi di avere bisogno di nuovi stimoli, nuovi slanci professionali ed umani (è tutta qua la vita e quel che si può fare?);
- credi che potresti dare molto di più di quello che stai dando ma ti rendi conto che è impossibile sfruttare certe caratteristiche a causa delle mansioni che ricopri o del lavoro in generale (perchè non riesco o non ho la possibilità di esprimermi per tutto quello che so fare?);
- ritieni che potresti lavorare di meno, guadagnare di più e vivere meglio (avere uno stile di vita migliore!) rispetto a quanto accade adesso (se qualcuno l'ha fatto, perchè non posso farlo anche io?);
- desideri lavorare in modo più organizzato e preciso perchè la mala organizzazione determina il caos, il caos determina il nervosismo ed il nervosismo oltre a far produrre male fa stare male le persone che respirano in un ambiente pesante (possibile che bisogna essere sempre tutti arrabbiati, l'uno contro l'altro sempre in ritardo e lavorando costantemente sotto tensione?);
- ambisci ad entrare a far parte di un nuovo settore rispetto a quello in cui sei impiegato (perchè non vedere che aria tira da qualche altra parte?);
- ritieni che potresti impiegare le tue energie e le tue capacità in modo migliore divertendoti di più, spendendo meglio le tue giornate e trovando più soddisfazione in quell che fai (non potrei fare di più ed esserne più contento?);
- ambisci a ricoprire incarichi di maggiore responsabilità che ti permettano di metterti alla prova (è tutto qui quello che so fare e che potrei fare?);
- senti di doverti dirgere verso una nuova direzione e desideri fare nuove esperienze e buttarti in nuove avventure (non c'è forse una realtà migliore di questa che sto vivendo dove possa impiegare le mie energie?).
- Ribellati al vecchio schema «lavoro una vita e poi mi godo la pensione».Dipendenti o imprenditori, vale per tutti: stare chiusi in un ufficio 7/8 ore al giorno è una convenzione e, come tale, può essere abolita.
- Qualunque sia il tuo sogno - sottrarti all'infernale tritatutto della carriera, fare il giro del mondo, avere un reddito mensile a sei zeri senza gli effetti collaterali del management, o semplicemente vivere di più lavorando molto, ma molto meno - questo è il tuo libro.Segui il «guru della settimana di 4 ore» e saprai come:
- convincere chi sta sopra di te ad apprezzare più l'efficacia che la presenza
- delegare tutte le decisioni irrilevanti (ma anche quelle rilevanti monetizzando l'eventuale danno)
- evitare situazioni sprecatempo (per es. riunioni che non producono decisioni entro mezz'ora)
- coltivare «l'ignoranza selettiva» (pochi giornali, tv, web; e-mail una volta alla settimana)
- usare la tecnologia per ridurre gli impegni, non per centuplicarli
- inserire il pilota automatico alle tue entrate
- gestire da lontano (anche da lontanissimo) i tuoi affari
bontà:il miglior contravveleno di cui può dotarsi quell'"animale malato" che è l'uomo.
«"Bontà". Non però una bontà contemplativa, in fondo abbastanza egoista. E neppure una bontà caritatevole. Forse ricorderà quei versi di Antonio Machado che suonano: "Di ciò che gli uomini chiamano/ virtù, giustiziae bontà/ una metà è invidia e l'altra, non è carità". Per questo penso a quella che si potrebbe definire "bontà attiva", virtù tanto più difficile perché si manifesta in un periodo storico in cui è palesemente disprezzata, annichilita dal cinismo imperante». Di sicuro, non è una parola à la page. «In effetti non è facile oggi invitare la gente ad essere buona. Ma per quel che mi riguarda, la bontà viene addirittura prima dell'intelligenza, o meglio è la forma più alta dell'intelligenza. E' una bontà che si manifesta nella pratica quotidiana; che non è animata da nessun pensiero salvifico sull'intera umanità; che si accontenta di far "lavorare" il proprio minuscolo granello di sabbia. Nel tentativo di recuperare una relazione umana che sia effettivamente tale». Ho qui il suo Quaderno, dove lei scrive: «Se mi dicessero di disporre in ordine di precedenza la carità, la giustizia e la bontà, metterei al primo posto la bontà, al secondo la giustizia e al terzo la carità. Perché la bontà, da sola, già dispensa la giustizia e la carità, perché la giustizia giusta già contiene in sé sufficiente carità. La carità è ciò che resta quando non c'è bontà né giustizia». «Aggiungerei una piccola postilla. Sono sufficientemente vecchio e sufficientemente scettico per rendermi conto che la "bontà attiva", come io la chiamo, ha ben poche possibilità di trasformarsi in un orizzonte sociale condiviso. Può però diventare la molla individuale del singolo, il miglior contravveleno di cui può dotarsi quell'"animale malato" che è l'uomo». - FRANCO MARCOALDI
La cura delle parole, lo ricordava di recente Gustavo Zagrebelsky, è pilastro dell' etica democratica.
...restituire senso alle parole, ridare dignità ed esattezza a una lingua che appare sempre più mortificata, prendersi cura di ciò che abbiamo di più prezioso, oggi svilito da una sistematica manomissione perpetrata dal potere dominante, amplificata dalla grancassa mediatica e non sufficientemente osteggiata dalle opposizioni...
...il parlare scorretto fa male all'anima...
le parole - qui Carofiglio ricorre a Victor Klemperer, studioso del linguaggio totalitario nazista - «possono essere come minime dosi di arsenico: ingerite senza saperlo sembrano non avere alcun effetto, ma dopo qualche tempo ecco rivelarsi l' effetto tossico»
...dare un senso alle parole, anche difendendone la funzione civile e sociale...
«Le nostre parole», legge sul risvolto, «sono spesso prive di significati. Ciò accade perché le abbiamo consumate, estenuate, svuotate con un uso eccessivo e soprattutto inconsapevole. Per raccontare dobbiamo rigenerare le nostre parole. Dobbiamo restituire loro senso, consistenza, colore, suono, odore».
Quel che occorre è un atto politico - e qui la riflessione di Carofiglio acquista un' intonazione da manifesto programmatico - uno scatto di ribellione che può cominciare dalla "più semplice delle parole" (copyright George Steiner), dalla "più urgente ed essenziale" (José Saramago), dalla "più selvaggia del vocabolario" (Emily Dickinson). Lo dice anche Bartleby lo scrivano, i bambini ne fanno una bandiera, gli adulti lo dimenticano per acquiescenza. "È un' arte difficile e perduta" quella di dire no, ma oggi appare quanto mai necessaria. Si può cominciare chiamando le cose con il loro nome. Basta questo - sembra dirci Carofiglio - per compiere un gesto rivoluzionario. - SIMONETTA FIORI
...il parlare scorretto fa male all'anima...
le parole - qui Carofiglio ricorre a Victor Klemperer, studioso del linguaggio totalitario nazista - «possono essere come minime dosi di arsenico: ingerite senza saperlo sembrano non avere alcun effetto, ma dopo qualche tempo ecco rivelarsi l' effetto tossico»
...dare un senso alle parole, anche difendendone la funzione civile e sociale...
«Le nostre parole», legge sul risvolto, «sono spesso prive di significati. Ciò accade perché le abbiamo consumate, estenuate, svuotate con un uso eccessivo e soprattutto inconsapevole. Per raccontare dobbiamo rigenerare le nostre parole. Dobbiamo restituire loro senso, consistenza, colore, suono, odore».
Quel che occorre è un atto politico - e qui la riflessione di Carofiglio acquista un' intonazione da manifesto programmatico - uno scatto di ribellione che può cominciare dalla "più semplice delle parole" (copyright George Steiner), dalla "più urgente ed essenziale" (José Saramago), dalla "più selvaggia del vocabolario" (Emily Dickinson). Lo dice anche Bartleby lo scrivano, i bambini ne fanno una bandiera, gli adulti lo dimenticano per acquiescenza. "È un' arte difficile e perduta" quella di dire no, ma oggi appare quanto mai necessaria. Si può cominciare chiamando le cose con il loro nome. Basta questo - sembra dirci Carofiglio - per compiere un gesto rivoluzionario. - SIMONETTA FIORI
è terribile pensare a un ragazzo di diciotto anni che si vede negato qualunque entusiasmo ideale, utopico
Repubblica — 05 novembre 2009 pagina 43 sezione: CULTURA
CAMBRIDGE Nato a Parigi da genitori ebrei - di origine cèca il padre, viennese la madre - George Steiner è stato educato in tedesco, in francese, in inglese: lingue e mondi in cui si muove con agio. L' ambito dei suoi interessi (che spaziano dalla saggistica letteraria alla filosofia alla narrativa) è di impressionante vastità, e ancora più ammirevole è la capacità di filtrare la propria erudizione in una scrittura brillante e godibilissima. Con lui continuiamo la nostra ricognizione attorno alle parole-chiave indispensabili per affrontare le acque agitate del nostro tempo. «Partirei da una delle parole più semplici e più corte del vocabolario: la parola "no". Abbiamo perso l' arte di dire "no". No alla brutalità della politica, no alla follia delle ingiustizie economiche che ci circondano, no all' invasione della burocrazia nella nostra vita quotidiana. No all' idea che si possano accettare come normali le guerre, la fame, la schiavitù infantile. C' è un bisogno enorme di tornare a pronunciare quella parola.E invece ne siamo incapaci. Mi creda, sono sgomento di fronte all' acquiescenza di tante persone per bene, trasformate in campioni di fatalismo. Che dichiarano apertamente il loro scetticismo in ordine all' inutilità della protesta, quasi che protestare fosse diventato imbarazzante. Ma le personalità più grandi del nostro tempo, i Nelson Mandela, i Vaclav Havel, non hanno mai provato questo tipo di imbarazzo. Purtroppo la famiglia e la scuola, per non parlare dell' intero sistema mediatico, inoculano sistematicamente tale virus. Ci predispongono al più totale conformismo. Per questo è fondamentale riabituarsi alla resistenza contro i falsi idoli del nostro tempo. A partire da quello principale: il denaro. Anzi, il fascismo del denaro». Una definizione forte. A cosa allude? «Guardi, non trovo un termine più efficace per descrivere lo straripante dilagare di un potere altrettanto censorio e dispotico. Oggi tutto odora di denaro. E lo stesso potere politico è nelle sue mani. Voi in Italia ne sapete qualcosa. Il caso italiano è quello che in Europa desta maggiori preoccupazioni. Ma anche altre nazioni non sono indenni dal rischio di questa deriva. Le faccio un esempio concreto. Di recente abbiamo visto chiudere banche e fabbriche; abbiamo visto centinaia di migliaia di persone perdere il posto di lavoro e contemporaneamente abbiamo assistito al vergognoso spettacolo di manager che se andavano via con milioni di bonus. Non è un' assoluta oscenità? Mi sarei augurato che di fronte a tutto questo il "no" sarebbe salito forte dalle piazze e invece la solita, tristissima passività ha avuto il sopravvento». A cosa attribuisce questo deficit di reattività? Al dilagare di "passioni tristi", per dirla con Spinoza? «Evidentemente l' individuo ha la sensazione di trovarsi di fronte a uno schieramento di forze anonime talmente potente, da bloccare qualunque reazione. Ma c' è anche un altro fattore, che non va dimenticato: la catastrofe delle ideologie novecentesche, a cominciare dal marxismo nelle sue varie applicazioni politiche, ha fatto terra bruciata dietro di sé. E il disastro non è soltanto politico, ma anche culturale. Tanto per capirci: l' Italia senza Gramsci è un paese amputato, irriconoscibile. Vede, quando io ero giovane si potevano ancora compiere quelli che io chiamo errori "creativi". Perché nella vita di un giovane è fondamentale poter sbagliare, per costruirsi una vita intensa e appassionata. Oggi non è più possibile. Ed è terribile pensare a un ragazzo di diciotto anni che si vede negato qualunque entusiasmo ideale, utopico». Difficile poi meravigliarsi se le convinzioni stentano a farsi largo. «C' è un piccolo episodio che per me ha rappresentato un punto di non ritorno. Eravamo ai tempi della guerriglia in centro America. Con un gruppo di studenti il discorso si allargò alla guerra di Spagna. Chiesi loro se avrebbero mai compiuto scelte analoghe a quelle dei loro genitori, che avevano combattuto e magari erano morti per la libertà di quel paese. Il giorno dopo ricevetti una lettera così concepita: "Gentilissimo professor Steiner, nella nostra attuale situazione qualunque coinvolgimento in battaglie internazionali per la libertà ci vedrebbe inevitabilmente complici. Vuoi degli orrori comunisti, vuoi di quelli della Cia. Spiacenti, noi non ci faremo truffare ancora una volta". Se l' unico cruccio è di non essere truffato, dove trovi la forza per compiere un salto immaginativo? Per pensare a qualcosa più grande di te?». Veniamo alla seconda parola. «"Privacy". Ormai non esiste aspetto della vita privata, anzi della più sacra intimità, che non venga esibito e reso pubblico. In tuttii campiè all' opera una pervasiva "industria della penetrazione"(che include la psicanalisi come la burocrazia, il sistema mediatico come le terapie mediche), volta a spogliare l' essere umano di questo inalienabile segreto personale. Mentre la vera forza di ciascuno è raccolta in ciò che può e deve tenere dentro di sé. Come ricordava Heidegger, nessuno può morire "al posto tuo". E la grandezza di ciascun uomo risiede nella capacità di affrontare in solitudine ogni passaggio delicato della propria esistenza: compresi i fallimenti, le malattie, le disgrazie. In un poema del 1912 Ezra Pound scriveva: "la discrezione sta scomparendo". Beh, quella intuizione si è definitivamente confermata, con danni enormi. E francamente non credo si possa tornare indietro». Le prime due parole, "no" e "privacy", sono saldamente legate tra loro. Sono curioso di sapere qual è la terza. «Nell' uomo esiste un sentimento forse ancora più potente dell' amore e dell' odio: penso a quelle "passioni profonde", e spesso inspiegabili per un qualcosa che ai nostri occhi assume un valore supremo. Banalmente si parla di hobby, mentre invece è sul terreno della vera e propria passione che si gioca il nostro destino. In quello spazio libero e gratuito in cui ciascuno coltiva un intimo amore, senza negoziarlo né doverlo giustificare. Io ad esempio adoro il jazz, stare con il mio cane e andare per librerie antiquarie in cerca di antiche traduzioni dell' Iliade. Se qualcuno mi dice che sono modi sciocchi di passare il mio tempo, neppure rispondo. Perché sono convinto, al contrario, che essere presi per il collo da una passione, esserne posseduti, sia il dono più grande per un uomo. L' ho sempre detto ai miei studenti: coltivate le vostre eccentricità, ampliate gli spazi liberi del vostro spirito. Anche questo è un modo di dire "no" e preservare la "privacy"». E forse è un modo di sfuggire al paradosso di una società che si dice individualista, mentre sopisce l' irriducibile singolarità di ciascuno? «Per uscire da questa trappola bisognerebbe tornare al concetto di persona. Esaltare la capacità di essere se stessi, di affermare un proprio, irrinunciabile stile di vita. Viviamo in un mondo in cui il valore dell' esistenza individuale pare dipendere unicamente dai riconoscimenti esterni. Io invece continuo a credere che una persona sia tale perché da sola, ogni mattina, si mette alla prova. Sapendo di andare incontro allo scacco, ma non arrendendosi ad esso. Nessuno l' ha detto meglio di Beckett: "fallire di nuovo, fallire meglio"». - FRANCO MARCOALDI
un senso di onnipotenza, che mi passa non appena incappo un’istruzione per l’uso un po’ meno chiara del livello minus habens
Certo, potenzialmente, Francesco potrebbe diventare una bomba, perché se invece di essere un amico, fosse un malintenzionato, io sarei alla sua mercé. Del resto, l’unico baluardo che si frappone tra il caos indifferenziato e l’ordine è l’etica e – voglio sperare – la sua amicizia per me. Come si vede, cambiano le epoche, cambiano gli usi e i costumi, ma ci sono alcune costanti dello spirito umano che restano le stesse, come la necessità di appoggiarsi su chi la sa più lunga. Forse tutto questo, nel corso dei secoli (secoli? Ma se riesco sì e no a immaginare quello che accadrà nei prossimi due mesi?) respingerà i detentori del sapere ultimo in una remota lontananza. Forse. Ma fino ad allora quanto più comodo sarà continuare ad avere il proprio Francesco che ti indichi la strada più sicura – se non la più breve – per il Paradiso.
Per esempio tre giorni fa mi hanno parlato di Vyber, una specie di Skype per l’iPhone, solo molto più semplice e senza troppe menate per iscriversi: sembrava un colpo di genio. Francesco, però, per il momento aveva sospeso il giudizio, in attesa di notizie più certe. Adesso, due giorni dopo, ecco che già cominciano a girare le prime voci sugli evidenti problemi di privacy di Vyber. Come spesso mi accade quando mi avventuro nei pascoli inesplorati del web, per alcuni istanti vengo assalito da un senso di onnipotenza, che mi passa non appena incappo un’istruzione per l’uso un po’ meno chiara del livello minus habens. Aveva ragione la chiesa una volta: non si può affrontare l’infinito senza un guida, si rischia di smarrirsi.
Per esempio tre giorni fa mi hanno parlato di Vyber, una specie di Skype per l’iPhone, solo molto più semplice e senza troppe menate per iscriversi: sembrava un colpo di genio. Francesco, però, per il momento aveva sospeso il giudizio, in attesa di notizie più certe. Adesso, due giorni dopo, ecco che già cominciano a girare le prime voci sugli evidenti problemi di privacy di Vyber. Come spesso mi accade quando mi avventuro nei pascoli inesplorati del web, per alcuni istanti vengo assalito da un senso di onnipotenza, che mi passa non appena incappo un’istruzione per l’uso un po’ meno chiara del livello minus habens. Aveva ragione la chiesa una volta: non si può affrontare l’infinito senza un guida, si rischia di smarrirsi.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
domenica 12 dicembre 2010
non chiederlo agli astri
Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Ut melius, quidquid erit, pati,
seu plures hiemes, seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum: sapias, vina liques, et spatio brevi
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
Non domandarti – non è giusto saperlo – a me, a te
quale sorte abbian dato gli dèi, e non chiederlo agli astri,
o Leuconoe; al meglio sopporta quel che sarà:
se molti inverni Giove ancor ti conceda
o ultimo questo che contro gli scogli fiacca le onde
del mare Tirreno. Sii saggia, mesci il vino
– breve è la vita – rinuncia a speranze lontane. Parliamo
e fugge il tempo geloso: carpe diem, non pensare a domani.
Carminum I, 11
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Ut melius, quidquid erit, pati,
seu plures hiemes, seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum: sapias, vina liques, et spatio brevi
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
Non domandarti – non è giusto saperlo – a me, a te
quale sorte abbian dato gli dèi, e non chiederlo agli astri,
o Leuconoe; al meglio sopporta quel che sarà:
se molti inverni Giove ancor ti conceda
o ultimo questo che contro gli scogli fiacca le onde
del mare Tirreno. Sii saggia, mesci il vino
– breve è la vita – rinuncia a speranze lontane. Parliamo
e fugge il tempo geloso: carpe diem, non pensare a domani.
Carminum I, 11
ORAZIO, CARPE DIEM
Gli uomini non imparano molto dall’esperienza degli altri.
We do not know very much of the futureExcept that from generation to generation
The same things happened again and again.
Man learn little from others' experience.
But in the life of one man, never
The same times returns. Sever
The cord, shed the scale. Only
The fool,fixed in his folly, may think
He can turn the wheel on which he turns.
T.S.ELIOT, Murder in the Cathedral Bompiani, Milano, 1985,pag.38
The same things happened again and again.
Man learn little from others' experience.
But in the life of one man, never
The same times returns. Sever
The cord, shed the scale. Only
The fool,fixed in his folly, may think
He can turn the wheel on which he turns.
T.S.ELIOT, Murder in the Cathedral Bompiani, Milano, 1985,pag.38
(Noi non sappiamo molto del futuroo solo questo: di generazione in generazione è un ripetersi di cose sempre uguali.
Gli uomini non imparano moltodall’esperienza degli altri.
Ma nella vita di un uomo non torna mai lo stesso tempo. Spezzarela corda, cambiar pelle. Solo il pazzo,prigioniero di una follia, può pensare
di far girare la ruota sulla quale egli gira.)
Gli uomini non imparano moltodall’esperienza degli altri.
Ma nella vita di un uomo non torna mai lo stesso tempo. Spezzarela corda, cambiar pelle. Solo il pazzo,prigioniero di una follia, può pensare
di far girare la ruota sulla quale egli gira.)
credo che sia tu colui che poi mi aiuta a rialzarmi, che fa succedere qualche cosa che rende contenti
Signore,
porto tutto con me:
la mia paura,
la mia solitudine,
insuccessi e tristezza,
la mia debolezza
e le mie tendenze indegne.
Anche il mio coraggio,
i miei successi,
la mia gioia d’esistere,
il mio amore
e la mia fiducia,
in modo che niente
possa cadere dalle tue mani.
Porto con me
anche il mio scoraggiamento,
sento con evidenza
quanto io sia debole.
Poi penso di non farcela più,
tutto si intristisce,
non posso né sentirti
né dimostrare che esisti.
Magari non ci sei...
Tuttavia, credo che sia tu colui
che poi mi aiuta a rialzarmi,
che fa succedere qualche cosa
che rende contenti.
Elke Fischer
porto tutto con me:
la mia paura,
la mia solitudine,
insuccessi e tristezza,
la mia debolezza
e le mie tendenze indegne.
Anche il mio coraggio,
i miei successi,
la mia gioia d’esistere,
il mio amore
e la mia fiducia,
in modo che niente
possa cadere dalle tue mani.
Porto con me
anche il mio scoraggiamento,
sento con evidenza
quanto io sia debole.
Poi penso di non farcela più,
tutto si intristisce,
non posso né sentirti
né dimostrare che esisti.
Magari non ci sei...
Tuttavia, credo che sia tu colui
che poi mi aiuta a rialzarmi,
che fa succedere qualche cosa
che rende contenti.
Elke Fischer
Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino. (Fil 4,4.5)
Quando ti avvicini a me, o Dio, è il momento in cui cerco un orientamento, il momento di un nuovo inizio, dell'ascolto, il momento di essere attento a segni: a quelli che potrebbero mostrarmi il cammino, se solamente io mi lasciassi condurre. Diventare attento, ascoltare, fare la differenza, convertirsi, ripartire da zero: fammi imparare tutto questo, o Dio.
Parola - Seconda lettura Gc 5, 7-10
Fratelli, siate pazienti fino alla venuta del Signore. Guardate l'agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera.
Riflessione
Gesù ha posto nei solchi della storia il seme della salvezza totale dell'uomo. Il seme cresce, con il tempo si svilupperà e si trasformerà in frutto completamente maturo alla venuta nella gloria di Cristo. Il frutto non è ancora manifesto, ma lo possiamo contemplare nella fede e già ne possiamo godere nella speranza. Non si tratta di una pazienza passiva, intesa come rinuncia da parte dell'uomo, che si attende tutto dall'alto; ma di una pazienza attiva che impegna ad irrobustire le mani fiacche, a rendere salde le ginocchia vacillanti, ad infondere coraggio. Il contadino deve essere paziente, ma dopo avere lavorato sodo.
Parola - Vangelo Mt 11, 2-11
«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?» ... «I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti ... ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me».
Riflessione
A volte, può sembrarci intollerabile un Dio che parla e si comporta in modo diverso da come noi desidereremmo. È difficile accettare un Dio che non agisce secondo le nostre previsioni, che viene per strade diverse da quelle sulle quali noi l'aspettiamo. Non è sufficiente essere disposti ad accettare Dio; è necessario accogliere un Dio «diverso», avere pazienza e accettare le sue regole di intervento. È questo Dio reale che dobbiamo evangelizzare. I non credenti, in modo esplicito o anonimo, rivolgono a noi la domanda che gli ebrei rivolgevano a Giovanni: «Avete davvero trovato il Messia? Ha davvero portato la gioia nella vostra esistenza, o dobbiamo continuare a cercarla per le strade del peccato?». Non si accontentano di risposte astratte; esigono risposte esistenziali: fateci vedere che cosa è cambiato in voi, dal momento che credete in Cristo. Noi pure dovremmo poter dire: eravamo ciechi e ora ci vediamo, eravamo lebbrosi ed ora siamo mondi, eravamo smarriti e ora abbiamo ritrovato l'orientamento e la gioia di vivere. Su questo ci giochiamo la nostra credibilità.
Parola - Seconda lettura Gc 5, 7-10
Fratelli, siate pazienti fino alla venuta del Signore. Guardate l'agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera.
Riflessione
Gesù ha posto nei solchi della storia il seme della salvezza totale dell'uomo. Il seme cresce, con il tempo si svilupperà e si trasformerà in frutto completamente maturo alla venuta nella gloria di Cristo. Il frutto non è ancora manifesto, ma lo possiamo contemplare nella fede e già ne possiamo godere nella speranza. Non si tratta di una pazienza passiva, intesa come rinuncia da parte dell'uomo, che si attende tutto dall'alto; ma di una pazienza attiva che impegna ad irrobustire le mani fiacche, a rendere salde le ginocchia vacillanti, ad infondere coraggio. Il contadino deve essere paziente, ma dopo avere lavorato sodo.
Parola - Vangelo Mt 11, 2-11
«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?» ... «I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti ... ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me».
Riflessione
A volte, può sembrarci intollerabile un Dio che parla e si comporta in modo diverso da come noi desidereremmo. È difficile accettare un Dio che non agisce secondo le nostre previsioni, che viene per strade diverse da quelle sulle quali noi l'aspettiamo. Non è sufficiente essere disposti ad accettare Dio; è necessario accogliere un Dio «diverso», avere pazienza e accettare le sue regole di intervento. È questo Dio reale che dobbiamo evangelizzare. I non credenti, in modo esplicito o anonimo, rivolgono a noi la domanda che gli ebrei rivolgevano a Giovanni: «Avete davvero trovato il Messia? Ha davvero portato la gioia nella vostra esistenza, o dobbiamo continuare a cercarla per le strade del peccato?». Non si accontentano di risposte astratte; esigono risposte esistenziali: fateci vedere che cosa è cambiato in voi, dal momento che credete in Cristo. Noi pure dovremmo poter dire: eravamo ciechi e ora ci vediamo, eravamo lebbrosi ed ora siamo mondi, eravamo smarriti e ora abbiamo ritrovato l'orientamento e la gioia di vivere. Su questo ci giochiamo la nostra credibilità.
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