Signore Gesù, tu che ci hai lasciati promettendoci che la nostra tristezza sarebbe diventata gioia dopo che te ne saresti andato, mantieni la tua promessa e mandaci il tuo Spirito Paraclito, perché trasformi la nostra vita con la sua presenza e perché la tua verità si manifesti in noi e nel mondo con tutta la sua forza.
Come Gesù continua ad essere presente.
"Ci sono molti modi di essere presenti. Se due alberi si trovano l'uno vicino all'altro, sono presenti l'uno all'altro, ma in un senso del tutto esteriore ed imperfetto. Non sanno nulla l'uno dell'altro, non si preoccupano l'uno dell'altro e, nonostante la loro vicinanza, rimangono estranei l'uno all'altro.La presenza nel vero senso della parola comincia solo nel momento in cui due esseri si conoscono spiritualmente e si mettono l'uno di fronte all'altro consapevolmente...
L'immagine dell'altro che ognuno porta in sé è, per così dire, carica di realtà. Anche la solitudine può essere piena della presenza dell'altro" (Balthasar).
La nuova forma della presenza di Gesù nei suoi, tramite lo Spirito, porterà a compimento la sua vittoria definitiva sul mondo.
Siamo ancora prigionieri
Per proseguire vero il traguardo della piena libertà, lasciamoci guidare da quanto ci propone Luca nel brano. In primo luogo, prendiamo atto della situazione reale: siamo ancora prigionieri, perché legati ai ceppi del peccato; contemporaneamente siamo carcerieri dei fratelli, dal momento che li angariamo con le nostre mancanze di carità. In secondo luogo, coltiviamo la certezza che solo Dio ci può liberare da questa schiavitù; di conseguenza rivolgiamo insistentemente a Dio, come il capo-carceriere, la domanda e la supplica: "Che cosa devo fare, per giungere alla salvezza?". Infine impegniamoci, pure noi, a salire in modo progressivo al "piano superiore", quello della grazia santificante, che rende presente in noi quel Dio che ci accoglie, e ci aiuta a celebrare la nostra autentica libertà.
I nostri ceppi sono il dolore e la sofferenza.
L'uomo è creato per una gioia totale definitiva. Si comprende, allora, la nostra istintiva reazione negativa di fronte al dolore, alla malattia, alle disgrazie di ogni genere. Successivamente, però, mitigato il turbamento iniziale, ci comportiamo in modo irrazionale se, come hanno fatto gli stessi discepoli, non chiediamo a Dio il perché della sua indifferenza nel soccorrerci nel momento della necessità. Dio, interrogato, invierà lo Spirito Santo a fare chiarezza nell nostra situazione. Egli ci impedirà di cadere nel peccato dell'incredulità e della disperazione; ci aiuterà a scoprire la profondità misteriosa del progetto divino su di noi sofferenti; allontanerà il maligno, che tenta di farci vedere Dio come antagonista indifferente, di fronte alle disgrazie nostre e di tutta l'umanità. I due termini, dolore e sofferenza, non sono sinonimi. Il dolore è qualcosa di fisico, che colpisce una parte del corpo, anche se tende a influenzare la persona; la sofferenza è un fenomeno interiore, che afferra necessariamente tutto l'uomo e lo condiziona in modo totalizzante. Più la persona è unita a Dio, e meno vulnerabile è nei riguardi della sofferenza. Lo Spirito Santo, se gli lasciamo spazio di azione, non ci toglierà il dolore, ma ci mitigherà la sofferenza, dal momento che renderà presente Dio in noi, e ci permetterà di gustare questa divina presenza.
Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.
Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.
Consolatore perfetto,
ospite dolce dell'anima,
dolcissimo sollievo.
Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto, conforto.
O luce beatissima,
invadi nell'intimo
il cuore dei tuoi fedeli.
Senza la tua forza,
nulla è nell'uomo,
nulla senza colpa.
Lava ciò che è sordido,
bagna ciò che è arido,
sana ciò che sanguina.
Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò ch'è sviato.
Dona ai tuoi fedeli
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.
Dona virtù e premio,
dona morte santa, dona gioia eterna.
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