Una multinazionale finanziaria è nei guai perché gli impiegati della sede di Dublino hanno stilato la classifica delle dieci colleghe più carine. A coloro che si indignano, e pare siano tanti, non serve dire che si tratta di una pratica diffusa negli uffici più o meno da quando uomini e donne hanno cominciato a lavorare insieme. Prima però le classifiche erano pezzi di carta che giravano di mano in mano (confesso di aver partecipato anch'io, vent'anni fa, a quella sulle giornaliste di Montecitorio), alimentando le viscere di una cerchia ristretta. Mentre adesso c'è la posta elettronica e i verdetti dei giurati di Dublino sono ovunque la Rete allunghi i suoi subitanei tentacoli, trasformando un gioco forse di cattivo gusto, ma sostanzialmente innocuo, in uno scandalo.
Sarà dunque il computer a costringerci a rigare diritti, come non riesce più alla Chiesa, alla scuola, alla famiglia, a nessuna autorità morale? La tecnologia ci ha riempito la vita di «scatole nere» che fissano per sempre i nostri peccati. Una parola, un messaggio, un gesto compromettente non evaporano più nell'atmosfera complice di una stanza chiusa, ma vengono immortalati da uno schermo e da lì proiettati in ogni orecchio e occhio affamati di curiosità malevola. Non c'è scampo, non c'è redenzione: le macchine non rimuovono il dolore come noi. Lo diffondono soltanto. Rispetto al passato, è cambiata la paura del castigo: invece dell'inferno, lo sputtanamento universale. Ma anche questo è in linea coi tempi, più interessati alla reputazione di un attimo che alla vita eterna.
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