Giovanni Testori nel Novembre 1979 commentando il libro di Giampiero Beltotto "Ho intervistato il silenzio", tra l'altro, ha fatto questa riflessione.
Dunque la presenza, che è discretissima, epperò ferma e totale; poi, l’affabilità; quindi, la giustezza delle parole; la giustezza del loro peso che non è mai di troppo e che non è di meno; la loro lucidità, che si rivela tanto più naturale, quanto più l’argomento s’alza verso le pronunce assolute o scende verso gli abissi più profondi, verso i più profondi e difficili problemi dell’oggi.
Nulla evitano, queste suore di carità, di silenzio, di preghiera, di lavoro e, primariamente, d’amore; nulla di ciò che è l’uomo e di ciò che è il mondo; pur avendo, apparentemente, lasciato uomo e mondo. Scrivo apparentemente poiché pochi esseri, pochi figli di Dio, sono così dentro il mondo, dentro le sue ragioni e la sua vera salvezza, come queste suore. L’offerta della loro vita a Cristo e, in Cristo, ai loro fratelli è totale. Ma non è totale perché si pongano sopra l’uomo ed il mondo, bensì perché vi sono dentro, strette e abbracciate fino all’ultimo respiro. E sono dentro il mondo, molto più di noi che spesso trasformiamo le difficoltà del vivere nell’alibi dell’autodrammatizzazione; per non voler ammettere che esistiamo solo in quanto apparteniamo alla suprema Volontà di Dio, alla sua suprema Intelligenza e al suo supremo Amore.
Tutto questo non è detto solamente per la forza dell’umiltà, della preghiera e del lavoro; è detto perché pochi libri scritti stando dentro il mondo dimostrano una cognizione del mondo così profonda, oggettiva, fisica e incarnata, come questo che è scritto stando fuori. Sembra quasi che, nel convento di Vitorchiano, penetrino del mondo i gangli più terribili e dolorosi, le più terribili e dolorose domande; ma non per essere escluse o lasciate; bensì per venire affrontate, capite, sciolte e redente nella continuità della Speranza. Ecco: la grande protagonista di questo breviario cristico, è lei, la Speranza.
In questa conversazione che Giampiero Beltotto ha condotto con fermezza, senza abdicare a nulla, neppure alle interrogazioni più aspre e segrete, noi non avvertiamo nessuna ombra di privilegio; e men che meno per loro, le suore di clausura. Il senso del loro essere parte dal corpo di Cristo le induce a pronunciare parole d’assoluta partecipazione, d’assoluta parità e d’assoluta uguaglianza con chi è parte del corpo di Cristo fuori, cioè a dire nelle città, nei paesi, nelle fabbriche, nelle scuole e negli uffici. Tutto qui, preghiera, adorazione, lavoro e parola acquista la sua dignità e la sua grandezza dentro il bisogno e la fame di salvare l’uomo. Perché, come dice una di esse: «Dio crea l’uomo senza l’uomo, ma non salva l’uomo senza l’uomo». Del resto, poco dopo, viene pronunciata la verità prima, quella verità che lo spiritualismo moderno ama spesso travisare: «Dio non è una idea, è una persona».
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