È l'analogo della musica.
La si ascolta pienamente quando tutto tace intorno a noi e dentro di noi.
Modo più perfetto, a occhi chiusi.
Guardare l'orchestra o il pianista,
osservare il sincronismo tra l'agitarsi del maestro,
il va e vieni degli archi e la curva della melodia,
rispettivamente fra il rituale muoversi del busto,
lo scorrere delle mani sulla tastiera
e la cascata delle note,
amplifica la partecipazione allo spettacolo,
ma smorza l'incanto dei suoni.
Ce l'offre intiero l'organo quando canta in chiesa.
Lo si ascolta
senza nulla vedere di ciò che produce il suono.
Esce da un grembo oscuro e,
nell'immobile oscurità delle volte,
ci avvolge come un sudario.
Tacet. Elogio del buon tacere
di Giovanni Pozzi
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