Ma la gioia testimonia di un’arcana nostalgia di infinito,
di un infinito che non si spegne nemmeno nelle condizioni di straziato dolore e di quotidiana attesa della morte;
come sono state quelle vissute da Etty Hillesum a Westerbork, il campo di concentramento olandese nel quale è stata confinata dal 1941 al 1943:
nell’attesa, come è avvenuto, di essere mandata
a morire ad Auschwitz con i genitori e con Mischa, uno dei suoi due fratelli
(ma anche Jaap, sopravvissuto ad Auschwitz, moriva mentre tornava in Olanda).
La gioia, una gioia di inesprimibile tenerezza,
rinasce in Etty Hillesum con parole che non si possono citare se non con il cuore in gola:
«Ma cosa credete, che non veda il filo spinato, non veda il dominio della morte, sí, ma vedo anche uno spicchio di cielo, e questo spicchio di cielo ce l’ho nel cuore, e in questo spicchio di cielo che ho nel cuore io vedo libertà e bellezza. Non ci credete? Invece è cosí».
Eugenio Borgna
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