La gioia come immagine del cuore,
e il cuore come immagine della gioia:
l’una e l’altra cosí fragili.
Certo, se volessi aggiungere qualcosa alle straordinarie considerazioni rilkiane,
potrei soltanto dire che
la gioia è un’emozione che nasce in noi solo quando il nostro cuore si sottrae agli avvenimenti di ogni giorno, e recupera le sorgenti intatte del nostro aprirsi agli altri:
nella dedizione e nella solidarietà.
La gioia è un’emozione luminosa
che è causata da qualcosa non di esteriore ma di interiore:
è quasi una fontana che sgorga dagli abissi della nostra interiorità.
La gioia è un’emozione friabile e fragilissima, sí,
come la stella del mattino
che si intravede un attimo, e poi scompare fra la notte e l’alba:
come la rosa che,
in una bellissima poesia di Malherbe,
fiorisce e poi muore nello spazio di un mattino.
La gioia è un’emozione di indescrivibile leggerezza
che ci fa riflettere fino in fondo sul mistero della condizione umana:
sulla sua estrema fragilità che resiste nondimeno alle situazioni dolorose della vita:
quando nasca, e cosí è sempre, dal cuore.
La gioia è un’emozione impalpabile e fuggitiva,
e non è facile raggiungerla e trattenerla.
Sguscia fra le dita, e tuttavia come coda di cometa continua a vivere in noi:
nella nostra memoria, e nel nostro cuore.
Eugenio Borgna
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