Sembra siano passati centinaia di secoli dal momento della paura e della fuga degli Apostoli alla vista della cattura di Gesù nell'orto del Getsemani. Avevano accolto con grande prontezza l'invito di Gesù a seguirLo: erano stati con Lui per tre anni, il tempo per rinsaldare amicizia e fiducia, ma all'ora della prova erano fuggiti tutti, abbandonando Gesù al suo destino.
...Solo dopo aver sentito cantare il gallo, Pietro si era reso conto del male fatto - aver negato di conoscere Chi amava tanto, ma proprio tanto - e aveva pianto amaramente.
Quanto sarà stato difficile ammettere e riconoscere la vigliaccheria cui aveva ricorso per non correre pericoli! Non è facile accettare una tale umana debolezza. Ma Dio lo aveva permesso proprio per preparare nell'umiltà e nel coraggio colui che poi designerà per grandi cose. E capita a tutti noi.
Quante volte ci sentiamo pronti ad affrontare chissà cosa - parlo nel campo della fede, dell'amicizia, della virtù, della dignità - e poi al momento del confronto con la mentalità del mondo, che chiede a volte 'martirio' nel confessare ciò che siamo e crediamo, si manifesta tutta la nostra debolezza. Quanta gente generosa, che avrebbe, a parole, data la vita per il Regno di Dio, di fronte alla virulenza della mentalità che vuole dominare le persone, annullando i grandi valori, si china per paura. Non c'è da spaventarsi: è ciò che siamo senza la Grazia di Dio che ci sostiene.
...In verità in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo disse: 'Seguimi'." (Gv. 21, 1-19)
Incredibile quanto abbiamo letto nel Vangelo: la fragilità non sempre va insieme al non amore e soprattutto la fiducia illimitata di Gesù non viene meno, perché Lui 'conosce i nostri cuori', impastati di miseria e di slanci di generosità e continua a 'credere' in noi... come se nulla fosse accaduto.
...La storia di Pietro è un poco la nostra vita cristiana: può essere grande la nostra fragilità, ma quando si ama, con la fiducia in Gesù possiamo andare oltre.
A volte possiamo essere vittime della nostra miseria, che ci porta quasi a negare Gesù, ma poi al giusto momento, diventiamo capaci di affermare un amore grande.
Forse l'amore ha bisogno, per trionfare, di questa nostra debolezza, che troppe volte si affida, per affermarsi, alla superbia, dimenticando le parole del Maestro: 'Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cielì".
...È la storia di tutti noi, che tanto assomigliamo a Pietro: fatichiamo tanto, in tutte le direzioni, per poi vivere la sensazione di essere a mani vuote. Forse...no! senza nessun forse, occorre cambiare rotta: non affidarci unicamente alle nostre povere forze, ma alla Presenza di Gesù nella nostra vita.
Se Gesù ci domandasse oggi: 'Mi ami tu?', guardando alla quotidianità del nostro vivere, quale sarebbe la nostra risposta?
L'augurio e la preghiera è che sia sempre, nonostante tutto:
'Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bené.
Con Madre Teresa preghiamo:
"Signore, tu sei la vita che voglio vivere,
la luce che voglio riflettere,
il cammino che conduce al Padre,
l'amore che voglio condividere,
la gioia che voglio seminare attorno a me.
Gesù, tu sei tutto per me, senza di te non posso nulla.
Tu sei il Pane di vita, che la Chiesa mi dà.
per te, in te e con te, che posso vivere. Amen."
mons. Antonio Riboldi
III Domenica di Pasqua (Anno C) (18/04/2010)
Vangelo: Gv 21,1-19(forma breve Gv 21,1-14)
pubblicato in http://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.pax?mostra_id=18326
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