“La parola è irreversibile, questa è la sua fatalità. Ciò che è stato detto non può più essere modificato, se non aumentandolo: correggere vuol dire qui, stranamente, aggiungere. Parlando non posso mai cancellare, sopprimere, annullare; tutto quel che posso fare è dire «annullo, cancello, rettifico» – insomma, ancora parlare. Chiamerò «balbettio» tale singolarissimo annullamento per via di aggiunte. Il balbettio è un messaggio due volte mancato: da una parte lo si capisce male, ma dall’ altra, con un certo sforzo, lo si capisce comunque; non è veramente né nella lingua né al di fuori di essa: è un rumore del linguaggio paragonabile a quella serie di crepitii con i quali un motore ci segnala di non essere a punto; è proprio questo il senso del perdere colpi, segno sonoro di un tracollo che si profila nel funzionamento dell’oggetto. Il balbettio (del motore o del soggetto) è, in sostanza, una paura: ho paura di dovermi fermare strada facendo" Il brusio della lingua, di Roland Barthes
Siamo infelici perchè non capiamo come l'infelicità possa finire;
ma quello che davvero non capiamo è che non può durare,
perchè il suo protrarsi causerà un mutamento di umore.
Nemmeno la felicità, per la stessa ragione, può durare.
(William Gerhardie, Dell'amore mortale)
In ogni spigolo o lembo,
dietro le viscere e il cuore,
s'aprono spazi imprevisti
e ancora abissi e cunicoli.
E.P. (Simmetrie)
Ti scrivo dal balcone
dove resto ancora un poco questa sera
a guardare l'orto al sole di settembre
a mangiare pane e olio e foglie piccole
di basilico
ti scrivo meno fiera di quello che vorresti
sono una donna forte sì
ma con anche continue tentazioni di non esserlo
di lasciarmi sciogliere d'amore al sole
e carezzarti e baciarti un po' di più di quello che tu vuoi
ti scrivo dal balcone
guardando il fico pieno di frutti
e il pero con le foglie malate
ho qualche pensiero triste
e due o tre sereni.
Vivian Lamarque
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