"Se vuoi costruire una nave, non radunare gli uomini per raccogliere il legno e distribuire i compiti e i lavori, piuttosto insegna loro ad anelare all’infinita immensità del mare"
Antoine de Saint-Exupéry
… ovvero, “su uno dei motivi per cui falliamo”.
Abbiamo la conoscenza e le capacità per raggiungere i nostri obiettivi eppure ci areniamo miseramente.
Perché?
Di volta in volta la causa è attribuita all’incostanza, alla mancanza di determinazione, alla scarsa convinzione nel nostro potenziale. Si sa solo che un giorno ci si sveglia e ci si rende conto che l’ennesimo obiettivo per il quale ci si era armati e preparati si è perso nel nulla. E ogni volta che abbandoniamo un obiettivo, insegniamo un po’ di più al nostro subcosciente che non fa nulla se non raggiungiamo ciò che ci eravamo prefissati, col risultato che esso lascerà con sempre più facilità il campo all’inerzia.
Mi sono nel tempo convinto che la causa spesso risiede nella reale “appetibilità” dell’obiettivo:
se esso non genera entusiasmo,
se non fa sognare,
se non fa venire l’acquolina in bocca al solo pensarci…
allora non avrà sufficiente forza per spazzare via la nostra inerzia, e il nostro viaggio si arenerà nei fondali della pigrizia e al vento contrario degli alibi.
Anthony Robbins dice “non ho mai visto nessuno arrivare al successo arrancando”: ci vuole la carica dell’entusiasmo, l’energia del desiderio. Per questo si dice che bisogna “sognare in grande”: il vento di un piccolo sogno non ha la forza di gonfiare le vele della nostra nave. E’ giusto poi spezzare il percorso in tratte più brevi, in sotto-obiettivi più facilmente raggiungibili e misurabili, per avere percezione che il nostro veleggiare sta dando i frutti sperati. Perché il successo genera successo e “sentire” che stiamo riuscendo ci da nuova e più forte linfa. Ma la meta finale deve essere grande.
Perché i giovani sono più pronti a gettarsi in grandi imprese? Non perché sono più incoscienti, ma perché non hanno ancora smesso di sognare in grande.
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" Perchè le parole dell'anno passato
sono linguaggio dell'anno passato
e le parole dell'anno venturo
aspettano un'altra voce " ( Eliot )
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