La pace della vita monastica non è una pace materiale, uno stato di agiata indolenza, garantita dalla mancanza di preoccupazioni e di responsabilità.
Riferendosi alla pace che soddisfa il corpo, invece che l’anima, Cristo disse d’esser venuto a portare "non la pace ma la guerra" (Mt. 10, 34).
La pace del monaco è in proporzione al suo distacco dalle cose della terra, e il distacco non si conquista senza dura battaglia. La pax monastica non è la pace di chi trova appagati tutti i suoi desideri e bisogni terreni, ma di chi, con la grazia di Dio e con il combattimento ascetico, si è fatto libero dalle cose materiali ed ha dedicato tutta la vita alla ricerca del Regno di Dio.
Entrare nel Regno di Dio significa rendermi conto che Dio si prende cura di me con affetto e interesse paterni e che, fatta sinceramente la mia parte, è normale che mi abbandoni totalmente in Lui.
Il monaco è libero della libertà dei figli di Dio, la sua pace non è di questo mondo: egli è nascosto con Cristo in Dio.
La vita monastica è tanto più nascosta quanto più è umile, solitaria e povera. Il monaco è per sua natura alieno dal ministero apostolico della predicazione quanto da prelature e dignità che lo esporrebbero alla vista degli uomini. Se, come gli Apostoli, egli è "spettacolo agli angeli e all’uomo", può esserlo solamente come esempio di un’oscura povertà da cui il mondo tende ad allontanarsi senza comprenderla. E il monaco, in cuor suo, aspira ad una solitudine sempre più grande, ad una sempre maggiore povertà ed umiltà. Se i disegni della divina Provvidenza possono, per qualche tempo, portarlo a svolgere un lavoro che lo espone alla vista della gente, egli sa, peraltro, che questo è un episodio del tutto occasionale nella sua vita; l’essenza della sua vocazione non cambia: rimane il richiamo alla solitudine, al nascondimento, alla rinuncia di sé.
È chiamato al deserto.
Nessun commento:
Posta un commento