La coscienza è un dialogo interiore che guida il nostro cammino. Quando la si interpella sino in fondo, ci si chiede se sia essa stessa che ci parla, o se ci parli invece il nostro gruppo culturale, il nostro ambiente o il nostro gruppo di appartenenza. All’interno di tali gruppi, la scelta secondo coscienza diventa spesso non libera, ma obbligata.
Ad esempio, se sei un laico-umanista ti sembra che devi sempre dire “no” a quello che dicono i credenti; se sei un clericale, sembra che devi sempre dire “no” a quello che dicono i laicisti. Dobbiamo invece avere dentro di noi la possibilità di dire “no” alle imposizioni di questo o quel gruppo, di questa o quella cultura.
La coscienza si forma, matura e si rafforza attraverso il dialogo e i grandi valori umani. Più si dialoga, più valori si condividono, più la coscienza si abitua a capire l’altro, ad averlo dentro di sé, ad acquistare una coscienza sì personale, ma anche universale, che ha in sé le ragioni e le sensibilità dell’altro.
Storicamente vediamo che già in Socrate agisce una coscienza pre-cristiana assolutamente moderna; è il dàimon, la voce interiore per così dire “divina” che ci guida dall’interno, una sorta di istinto sublime.
Ma ciò che sta prima di qualsiasi lettura filosofica o religiosa è la consapevolezza che una azione non la posso fare perché altrimenti danneggerei altre persone.
La libertà di coscienza è la difesa, a costo della propria vita, di un valore umano riconosciuto come assoluto e inalienabile, nei confronti di un’autorità che ti chiede di negarlo.
È emblematico l’episodio evangelico dell’adultera, colpevole, secondo la legge giudaica di allora, di morte per lapidazione. Gesù interroga tutti non per sapere se lei è colpevole, ma per evidenziare se tutti si sentono di condannarla perché, in coscienza, sicuri di essere più innocenti di lei.
È un episodio che mira a cambiare la coscienza tradizionale di quel popolo e a formare una coscienza individuale raffinata dalla comunità. Questo episodio sta alle radici della civiltà occidentale.
Parallelamente, nel richiamo di Chiara Lubich che intravede nell’ascolto della coscienza un possibile Assoluto comune a tutti, credenti o no, c’è l’intuizione di ciò che pensiamo possa essere la radice della nostra civiltà, l’appello ad una legge non esterna, ma che deve maturare come collettivo, come comunità e umanità.
La dittatura sulla coscienza è superata dalla coscienza che può, sia in campo laico umanista che cattolico, decidere liberamente ascoltando la propria voce interiore, personale sì, ma che abbraccia quella degli altri.
Catherine Belzung
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