giovedì 5 gennaio 2012
riconosce in qualcuno un’autorità capace di farlo crescere
Ecco un bellissimo esempio di dire la verità ed andare contro l'abitudine che offusca e adegua l'intelletto alle mode del tempo.
“La verità – osserva Gianfranco Ravasi – è che noi tutti siamo avvolti da una sottile rete di comunicazioni che hanno lo scopo di ridisegnare la realtà, i valori, le scelte così da catturare e orientare anima e cuore delle persone verso sbocchi interessati e talora inconfessabili. Tenere alto il vessillo della consapevolezza, della critica, della coscienza contro le falsificazioni è, allora, necessario anche se sembra più facile accodarsi alla deriva dei luoghi comuni dominanti. Per questo, riflettere e giudicare, vagliare e meditare sono atti decisivi di libertà”. L’essere superiore a qualcosa o a qualcuno, o peggio ancora il “sentirsi” superiore, è una affascinante prerogativa per chi è capace di amare soltanto se stesso e i propri interessi! Ciò che preoccupa di più è però il progetto culturale che ruota attorno alla superbia. Puoi far crescere i tuoi figli, per esempio, facendogli credere che tutto gli appartiene perché il mondo e i suoi abitanti sono lo sgabello dei loro piedi; tanta gente (soprattutto a lavoro) ama essere adulata e osannata come un imperatore.
L’uomo “dovrebbe” imparare a disobbedire alla propria volontà, rinunciando alla solitudine del proprio egoismo nel quale spesso trova rifugio. Questa è la più antica e certamente la più efficace delle tentazioni che si possa rivolgere alla persona.
E’ interessante, a tal proposito, rileggere il dialogo fra Berlicche e Malacoda (due diavoletti impegnati ad ostacolare il disegno di Dio) tratto dal celebre racconto di C. Lewis: “Naturalmente, so benissimo che anche il Nemico [Dio] vuole distaccare gli uomini da se stessi, ma in modo diverso. Ricorda sempre che a Lui quei piccoli vermi piacciono veramente, e che pone un assurdo valore assoluto sulla distinzione di ciascuno di loro. Quando dice che devono perdere il proprio io, intende solamente dire che debbono abbandonare la volontà propria; una volta fatto ciò, in realtà dà loro indietro tutta la loro personalità, e si vanta (sinceramente, ho paura) che se saranno completamente suoi saranno più che mai se stessi. Quindi, mentre gode nel vederli sacrificare perfino le loro innocenti volontà a Lui, odia di vederli allontanare dalla loro natura per qualsiasi altra ragione. E noi invece dovremmo sempre incoraggiarli a farlo” (C.S. Lewis, Le lettere di Berlicche).
Chi obbedisce non mortifica la propria identità, ma riconosce in qualcuno un’autorità capace di farlo crescere, se poi questo qualcuno è Dio anche il demonio preferisce ritirarsi.
S. Teresa d’Avila scriveva:
“Se le anime si abbandonano alla santa obbedienza con sincerità e vi assoggettano l’intelletto… il demonio lascia d’assalire con le sue continue inquietitudini, sapendo egli per esperienza che ne uscirebbe più con perdita che con guadagno. Cessano del pari quei nostri inquieti movimenti che ci portano sempre a far la nostra volontà e a non assoggettar la ragione nelle cose di nostro gradimento, perché ci ricordiamo d’aver decisamente sottomessa la volontà a quella di Dio…” .http://cogitor.altervista.org/virgolettato/?p=1096#more-1096
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