Gli auguri di Geremia di Gilberto Borghi | 05 gennaio 2012
Vorrei che in questo "spaesamento collettivo" ci fermassimo un istante e ci chiedessimo:
"Ma qual è la cosa più importante di tutte per Gesù?
Quella su cui concentrarsi e a cui dedicare le nostre energie?
A partire dalla quale si può ancora trovare un filo per capire e dare senso a quello stiamo vivendo?
Mi è passato sotto mano in questi giorni, per questioni di lavoro, il libro di Geremia. "Poiché dice il Signore: Ecco questa volta caccerò lontano gli abitanti del paese, li ridurrò alle strette, perché mi ritrovino (10,18)". Ecco la cosa più importante per me sta in questo verbo: ritrovarlo. E sempre Geremia suggerisce due concreti auguri per ritrovarlo:
1. Il primo è quello di essere essenziali. Tra chi si gloria di una Chiesa sicura e ben distinta dagli altri e chi si lamenta di una Chiesa poco aperta e generosa, "essere ridotti alle strette" ci obbliga a rimettere in fila il valore delle cose, e a ridirci cosa vale di più, come Chiesa. "Chi si vuol gloriare si glori di questo: di avere senno e di conoscere me, perché io sono il Signore che agisce con misericordia, con diritto e con giustizia" (9,23). E allora vale di più avere una Chiesa socialmente forte, che "pesa" culturalmente, anche a costo di accettare compromessi col Vangelo, o quella invisibile e quotidiana di chi ama come Gesù e contagia senza volerlo altre persone? Vale di più aver speso due ore ad ascoltare qualcuno che ci chiede attenzione o l'incontro solito di formazione in cui ci ridiciamo per l'ennesima volta le stesse cose? Vale di più che la liturgia sia celebrata in una certa lingua o in un'altra, o la nostra partecipazione sincera dove siamo disposti a lasciarci un po' cambiare da quel che si celebra?
2. Il secondo nasce proprio da lì, la disponibilità a lasciarci rinnovare. "Lo so, Signore, che l'uomo non è padrone della sua via, non è in potere di chi cammina il dirigere i suoi passi" (10,23). Si può accettare di navigare a vista, lasciando cadere le strade che ormai non portano da nessuna parte. Oggi non è tempo di "conservare e mantenere". Oggi ci è chiesto il coraggio di lasciarci cambiare, di lasciarci portare dove lo spirito ci chiama. Come Geremia che si sente troppo giovane e non all'altezza della vocazione. E Dio gli dice: "Non temere, perché io sono con te per proteggerti" (1,8) E allora l'augurio è di avere più coraggio nell'affidarci alla forza dello spirito e meno alle sicurezze, di ogni tipo, che fino qui ci hanno tenuto in piedi come Chiesa. Più coraggio nel credere che il mondo non è scappato alle mani di Dio, per quanto possa sembrare strano. E che, se quello che capita a volte scandalizza la nostra fede, c'è un significato che Dio ci chiede di capire proprio in queste cose.
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