Vivere nell'attesa del ritorno del Signore non è fuga dalla storia;
è vivere ancora più pienamente la storia nell'orizzonte del suo destino ultimo.
L'atteggiamento evangelico della vigilanza fonda così un'etica del discernimento:
chi attende il Signore si sa chiamato a vivere responsabilmente ogni atto alla presenza del suo Dio,
e comprende che il valore supremo di ogni scelta morale sta nello sforzo di piacere a Dio e di santificare il suo Nome compiendo la sua volontà.
Dio, quale orizzonte ultimo e patria vera, diviene il criterio della decisione morale;
il discernimento di ciò che è penultimo rispetto a ciò che è ultimo e definitivo si offre come la forma concreta in cui si esercita la responsabilità etica.
Guardando al mistero pasquale come statuto della vigilanza cristiana,
si potrebbe dire che, sotto il profilo morale, la speranza della risurrezione è la morte e risurrezione delle speranze umane:
essa dimostra la miopia di tutto ciò che è meno di Dio e al tempo stesso fonda il valore di ogni gesto di amore autentico.
In questa luce, i temi decisivi del nascere e del morire si colorano del loro significato più profondo: nascere è essere chiamati a un destino di eternità, che a nessuno è lecito manipolare o pretendere di interrompere;
morire è andare incontro al compimento di tale destino,
con tutta la dignità dell'esercizio della libertà che ci è data,
per piacere a Dio e santificarne il Nome
nella gioia e nel dolore,
nella vita e nella morte (10).
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