E, tuttavia, sebbene il dono di Dio sia irrevocabile,
la nostra appropriazione non è mai del tutto compiuto
perché patiamo il fascino di misurarci su altri modelli.
Basta andare solo per un attimo alla cronaca di questi giorni:
ci accontentiamo di molto meno ma, ahimè, a quale prezzo.
Dietro una crisi economico-finanziaria,
infatti, c’è un vero e proprio impoverimento del nostro essere uomini.
Non è forse vero che troppo spesso la persona umana è ridotta alla funzionalità dei suoi neuroni?
Che l’amore è considerato solo alla stregua di una combinazione chimica?
Che la famiglia è tale solo finché vige un accordo?
Che il diritto è ridotto a desiderio?
Che i valori morali sono ridotti al sentimento dell’istante?
Che la cultura è ridotta a opinione, la verità a sensazione e l’autenticità alla stregua dell’autoaffermazione?
Il riduzionismo ci seduce
ma al contempo
ci avvilisce
perché ci ruba ciò che è essenziale
alla vita buona
proposta dal Vangelo.
Una forma di vita non vale l’altra:
solo Gesù Cristo è in grado di dare forma compiuta alla nostra vera identità.
Lo hanno compreso molto bene i quattro bambini di Mosul decapitati di recente perché, a chi gli intimava di professare la formula di adesione all’Islam, hanno avuto la forza di rispondere:
“Non possiamo farlo. Amiamo Gesù e seguiamo solo lui”.
Prepararsi alla liturgia della notte di Natale
Antonio Savone
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