Le letture della liturgia odierna sviluppano il tema della fedeltà
di Dio. Ciò non va inteso nel senso che Dio è fedele all’uomo,
quanto piuttosto che Egli è fedele a Se Stesso; e avendo dato la sua
Parola e la sua promessa di salvezza, la realizza in modo
infallibile, indipendentemente da quella che può essere la risposta
storica dell’uomo.
Il testo del profeta Geremia ci permette, attraverso alcuni versetti
chiave, di cogliere il modo in cui la fedeltà di Dio viene
presentata da questo profeta dell’esilio. Innanzitutto dobbiamo
notare che l’appello del profeta, in linea con il tema del primato
della grazia, non è quello di compiere particolari opere; infatti,
il testo odierno si apre con le seguenti parole: “così
dice il Signore: Questo comandai loro: Ascoltate la mia voce!”.
Il comando di Dio, come si vede chiaramente, non consiste in primo
luogo nell’esortazione a compiere una particolare opera; è,
piuttosto, un’esortazione a compiere l’Opera delle opere, a
compiere cioè quell’Opera dalla quale tutto prende vita: l’ascolto
della voce di Dio che parla al suo popolo.
Va sottolineato, ancora, un altro versetto chiave: “camminate
sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”.
Dall’ascolto e dall’accoglienza di questa Parola pronunciata da
Dio, mediante la bocca dei suoi profeti, dipende la più autentica
felicità dell’uomo. Tale Parola uscita dalla bocca di Dio, quando
è guardata con occhi innocenti, si presenta come una indicazione di
percorso, tesa a evitare agli uomini le esperienze tragiche del
peccato e dell’autodistruzione. Dall’altro lato, lo spirito del
male ne stravolge il senso, mutando il carattere protettivo della
legge di Dio in un carattere restrittivo. Egli presenta infatti, alla
mente ingenua dell’uomo che non prega, la legge di Dio come un
insieme di restrizioni, di obbligazioni e di strade chiuse, come se
Dio volesse impedire all’uomo una maggiore pienezza di vita,
chiudendo o restringendo i suoi movimenti e mortificando la sua
libertà. Qui viene affermato che la giusta interpretazione della
legge di Dio, non è la mortificazione dell’uomo, bensì la sua
maggiore felicità, e anche quei “no” che il vangelo ci spinge a
pronunciare, sono orientati alla custodia della nostra maggiore
felicità, anche se sono pronunciati contro ciò che ci
gratificherebbe, e non sono in nessun caso arbitrarie proibizioni di
una divinità capricciosa: “camminate
sempre sulla strada che vi prescriverò, perché
siate felici”. Quando si smarrisce questa visione delle
cose, la volontà di Dio ci si presenta come una montagna
insormontabile, come un ostacolo, come una strada chiusa dinanzi alla
libertà dell’uomo. Così la falsificazione del maligno
ingigantisce, in modo sproporzionato e negativo, tutti quei gesti che
ci avvicinerebbero a Dio e ci introdurrebbero nell’orizzonte di una
felicità più grande.
Don Vincenzo Cuffaro
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