Il testo del libro di Ester coglie
l’atteggiamento della regina
Ester dinanzi a una particolare minaccia:
lo scopo di un ministro del
re, che vorrebbe sterminare il popolo d’Israele, suggerendo al re,
con pretesti ingannevoli, di scatenare una persecuzione contro gli
Ebrei che vivono nel suo territorio.
La regina è ebrea di origine e
sente tutta la responsabilità di un suo possibile intervento per
salvare il popolo, intercedendo presso il re. Ma è parimenti
consapevole del rischio mortale che correrebbe, qualora il re non
dovesse tenere in alcun conto le sue motivazioni. Le potrebbe infatti
accadere di essere eliminata insieme alla gente della sua stirpe. Il
testo sottolinea come la regina Ester faccia precedere la
preghiera all’azione. Ester non entra al cospetto del re e non
chiede udienza, se prima non ha pregato a lungo. Da questo suo agire
comprendiamo come l’azione sia sempre successiva alla preghiera,
tanto nell’ordine dei valori quanto nella prassi. La preghiera di
Ester contiene degli elementi fondamentali anche in relazione al modo
in cui è opportuno pregare; cosa che peraltro coincide con
l’insegnamento del NT. La preghiera di Ester si apre con la lode:
“Mio Signore, nostro re, tu sei
l’unico!” (Est 4,3). La lode rappresenta indubbiamente la
preghiera più eccellente. Nella Scrittura, l’eccellenza
qualitativa della lode viene sottolineata ripetutamente. Dopo avere
elevato a Dio la preghiera di lode, Ester avanza la sua richiesta:
“Vieni in aiuto a me che sono
sola e non ho altro soccorso fuori di te, mentre sono sul punto di
espormi al pericolo” (Est 4,4).
In questa preghiera di Ester cogliamo anche un ulteriore aspetto
della preghiera, non meno importante. La preghiera si presenta nelle
parole di Ester come un cammino graduale di maturazione
spirituale. La capacità di pregare autenticamente, come la
possibilità di raggiungere certe profondità di dialogo col Signore,
non deriva da una tecnica, o da una metodologia appresa, bensì da un
cammino graduale, durante il quale la persona entra in un’intimità
sempre più profonda con lo Spirito di Dio, come del resto avviene in
ogni relazione anche a livello umano; con il tempo e con la
condivisione dell’esperienza, ogni rapporto personale si
intensifica e si approfondisce. Ogni amico, la cui vicinanza ci
accompagna per diversi anni, si inoltra a poco a poco verso le
profondità della nostra vita. L’amicizia al suo nascere non è mai
tanto profonda quanto lo è alcuni decenni dopo. Anche la preghiera
risponde alla medesima logica relazionale. Si tratta di un’amicizia
con Dio. Si tratta di un dialogo tra persone che si vogliono bene.
Per entrare nell’intimità divina, occorre vivere a lungo a
contatto con Lui. E’ una pretesa ingannevole quella di bruciare le
tappe nel cammino della preghiera. Non si giunge a certi livelli di
preghiera senza un cammino profondo di comunione con Dio e di
intimità con Lui.
Don Vincenzo Cuffaro
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