venerdì 14 marzo 2014

9 giorno il Signore afferma, per bocca del suo profeta, che viene cancellato il cattivo passato del malvagio, nel momento in cui egli si incammina per le vie della giustizia, ma viene anche cancellato il passato luminoso del giusto, qualora egli si allontanasse dalla giustizia per incamminarsi sulla via dell’iniquità.


 Il testo di Ezechiele è di grande importanza sul piano della teologia morale. Nella prima lettura viene chiarito il concetto biblico della responsabilità personale, che indubbiamente deve essere ben chiaro, e al contempo in armonia con un altro concetto, anch’esso ripetutamente affermato dalle Scritture, ed è la solidarietà nel peccato. Dal primo punto di vista, quello della responsabilità personale, si afferma che nessuno può addossare a un altro la colpa del proprio peccato; dal secondo punto di vista, quello della solidarietà nel peccato, si afferma che ogni gesto, buono o cattivo, ha inevitabilmente delle conseguenze anche su chi non lo ha compiuto. Così, chi compie il peccato, ne è personalmente responsabile quanto alla colpa, ma le conseguenze negative del suo gesto iniquo colpiranno anche qualche innocente. Sono questi due aspetti del mistero dell’iniquità. La Bibbia, infatti, oltre alla responsabilità personale – il cui enunciato troviamo nella prima lettura odierna - afferma anche, a chiare lettere, la solidarietà dell’uomo nel peccato come anche nella santità, così che una generazione può portare il peso degli sbagli della generazione precedente, ma pure beneficiare della luce di santità di chi è vissuto prima. Bisogna però affermare con altrettanta chiarezza che, se da un lato le conseguenze del peccato di un altro possono ricadere su di me, è vero pure che la responsabilità del peccato (ossia il peccato inteso come colpa) non è mai comunitaria ma è sempre individuale e soggettiva. Solo le conseguenze del peccato possono colpire gli innocenti, ma la responsabilità del peccato, in quanto esso si può imputare a qualcuno, non può che ricadere su questo qualcuno.
Il testo di Ezechiele chiarisce questa verità. La responsabilità è individuale in due sensi: nel senso di una scelta del bene dopo avere vissuto a lungo nel male, oppure la scelta del male dopo avere vissuto nel bene. Nell’uno e nell’altro caso il Signore afferma, per bocca del suo profeta, che viene cancellato il cattivo passato del malvagio, nel momento in cui egli si incammina per le vie della giustizia, ma viene anche cancellato il passato luminoso del giusto, qualora egli si allontanasse dalla giustizia per incamminarsi sulla via dell’iniquità. Si comprende, sotto questa prospettiva, che la santità non risulta dall’accumulo quantitativo delle opere buone, se un’opzione lucida in favore del male, è in grado di annullare un lungo periodo vissuto al servizio del bene. Tanto la santità quanto il peccato non risultano dalla quantità di opere buone o cattive, bensì dalla vicinanza o lontananza del proprio spirito rispetto a Dio. E a Dio ci si può avvicinare in un istante, anche dopo anni di vita disordinata, con un pentimento radicale, come quello del buon ladrone (cfr. Lc 23,39-43). Parimenti, in linea di principio, da Dio non ci si allontana in proporzione della quantità di opere cattive: migliaia di peccati veniali non possono separare da Dio, mentre per essere separati da Dio, basta un solo peccato mortale. In definitiva, ciò che conta è l’intensità dell’amore. E’ solo in questa proporzione che ci si unisce a Dio.
Don Vincenzo Cuffaro

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