Il tempo
di Quaresima si apre con una grande meditazione
sugli eventi cruciali
che hanno come protagonisti
Adamo e Cristo.
Entrambi si trovano
a
confronto con un interlocutore extraumano
e entrambi si trovano soli
dinanzi a una potente suggestione.
Adamo
(ricordiamo, per inciso, che
Adam in ebraico indica l’umanità nel suo insieme, e dunque la
completezza uomo-donna)
ne esce sconfitto,
Cristo indica invece la
metodologia della vittoria
col suo esempio personale.
Così,
da un
uomo è venuta la Morte,
e da un Uomo è venuta la Vita.
Non si
tratta però di un semplice atto di controbilanciamento:
la Vita che
viene da Cristo è sovrabbondante
rispetto alla Morte ereditata da
Adamo.
Si può facilmente cogliere la logica che ispira
l’accostamento delle letture odierne,
se si considera come la prima
lettura costituisca una specie di controparte della narrazione
evangelica.
In entrambi i testi
si trova la medesima tipologia di un
uomo originario
messo alla prova da una creatura extraumana.
La
seconda lettura accosta le due figure tipologiche l’una all’altra
per trarne gli estremi di una storia di salvezza.
Il parallelismo
tra la prima lettura e il vangelo
risalta in maniera molto più
evidente se si parte dalla finale del brano di Genesi,
e precisamente
dalla triplice suggestione
che la donna avverte osservando l’albero
dell’Eden:
“era buono da
mangiare,
gradevole agli occhi
e desiderabile per acquistare saggezza”
(v. 6).
Sembra che Cristo, nel deserto,
si trovi dinanzi a una
suggestione molto simile:
c’è uno stimolo
che riguarda il bisogno
fisico della fame: “di’
che queste pietre diventino pane” (v. 3);
c’è una
suggestione
che interessa lo sguardo: “gettati
giù; sta scritto infatti. <<Ai suoi angeli darà ordini […]
ed essi ti porteranno sulle loro mani […]>>” (v. 6);
e una suggestione che riguarda la volontà di potenza: “gli
mostrò tutti i regni del mondo […] e gli disse: <<Tutte
queste cose io ti darò […]>>” (vv. 8.9).
Sembra che
dopo tanti millenni la strategia del diavolo non sia cambiata.
O
meglio, è l’uomo che non è cambiato,
e perciò non è cambiata
neanche la tecnica satanica di attacco.
Cerca infatti di fiaccare la
resistenza della creatura umana,
cominciando dalle sue necessità
fisiche,
per raggiungere, in un secondo tempo, anche il suo spirito.
E tutto questo può riuscirgli,
ma solo dopo che ha cancellato il
senso della paternità di Dio nella coscienza umana.
Queste tre
suggestioni attecchiscono nel cuore dei progenitori,
dopo che, nella
loro coscienza,
Dio è divenuto un nemico;
la proibizione si spiega
allora non come un atto protettivo,
ma come un atto mortificante.
E
anche qui, è sempre la stessa strategia:
la volontà di Dio è di
solito presentata,
nell’inganno satanico,
come una realtà contro
l’uomo
e non a favore della sua dignità.
Come se Dio avesse un
qualche interesse a chiudere le strade dell’uomo.
Alla luce
dell’atteggiamento di Gesù verso il nemico extraumano,
si capisce
che Eva ha commesso un errore fondamentale:
si è messa a
dialogare con lo spirito del male,
ed è caduta in trappola.
La
forza dialettica e la potenza persuasiva del maligno
superano
qualunque sofista e qualunque sottile ragionatore che si crede furbo.
Cristo dimostra praticamente che
l’uomo non deve mettersi a tu per
tu con chi è troppo più intelligente di lui.
E lo fa, rispondendo
allo spirito delle tenebre,
con frasi brevi e di senso compiuto,
ma
soprattutto attinte dalle Scritture.
Quando ci si sente colpiti da
qualche suggestione
non è tempo di complessi ragionamenti,
con la
speranza di uscirsene a forza di parole,
ma è tempo di silenzio
interiore e di ritorno alla Parola.
Don Vincenzo Cuffaro
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