Nel primo carme del servo di Yahweh notiamo che egli viene presentato
in primo luogo nella sua relazione con Dio e soltanto successivamente
vengono descritte quelle che sono le sue disposizioni personali nei
confronti degli uomini. Si dice per prima cosa che è “servo” e
che è sostenuto da Dio: “Ecco
il mio servo che io sostengo, il mio eletto in cui mi compiaccio. Ho
posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle
nazioni” (Is 42,1); fin qui il profeta descrive il servo di
Yahweh nelle sue relazioni con Dio. Subito dopo viene descritta la
sua attitudine nei confronti degli uomini: “Non
griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce”
(v. 3). La scelta dell’autore di presentare il servo innanzitutto
nel suo rapporto con Dio sta a significare che proprio tale rapporto
di elezione e di pienezza dello Spirito produce uno stile di vita e
un approccio con il mondo caratterizzato da certe scelte
preferenziali che adesso metteremo in evidenza. Dobbiamo ancora
osservare che il servo di Yahweh, descritto da Isaia nella sua
relazione con Dio, richiama il racconto evangelico del battesimo,
come pure quello della trasfigurazione. Nell’uno e nell’altro
episodio, riportato dai sinottici, Cristo è presentato come
l’eletto, come l’oggetto unico del compiacimento del Padre, sul
quale si posa lo Spirito. Questi sono esattamente gli stessi elementi
presentati nella descrizione del servo di Yahweh: “Ecco
il mio servo che io sostengo, il
mio eletto in cui mi
compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui” (v. 1).
Dopo questa presentazione del servo di Yahweh, nella sua attitudine e
nella sua relazione con Dio, in seconda posizione, troviamo anche la
descrizione dello stile e dell’approccio con la vita che
distinguerà il suo modo di essere uomo. Il servo di Yahweh sarà
capace di armonizzare due atteggiamenti difficilmente conciliabili
senza un grande equilibrio umano: la mansuetudine e la fermezza: “Non
griderà né alzerà il tono” (v. 2). Il Messia sceglie di
essere creduto per un atto di accoglienza libera e non per una
imposizione di se stesso, in forza del suo potere. Non possiamo qui
sottovalutare il fatto che proprio questa è stata la scelta del
Cristo storico: il suo rifiuto di usare il potere carismatico per
impressionare le folle e per essere creduto si colloca in una
perfetta linea di continuità rispetto al servo isaiano. Il servo di
Yahweh, descritto da Isaia, annuncia già questa scelta prioritaria
di uno stile che non si impone con la forza ma che aspetta di essere
accettato liberamente e che attende di essere udito senza dover
alzare la voce. La proposta della santità raggiunge l’uomo nei
termini della libera accettazione e del confronto spontaneo. Dio cela
all’uomo perfino tutte le meraviglie della santità, lasciandone
trasparire soltanto poche, e lasciando intravedere soprattutto le sue
asperità; anche questo è un suo divino stratagemma, perché la
scelta della santità non sia fondata sulla ricerca della gloria che
ne deriva, ma sull’amore di Lui, per il quale accettiamo di buon
grado asperità e persecuzioni. Nello stesso tempo, questo stile di
mansuetudine si coniuga con la scelta del nascondimento descritta dal
suo evitare la ribalta: “Non
farà udire in piazza la sua voce” (v. 2), ma agirà
piuttosto in modo discreto e dolce, in modo da salvare e non rovinare
del tutto ciò che sta per cadere: “Non
spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla
fiamma smorta” (v. 3).
Se da un lato il servo agisce con delicatezza e mansuetudine,
dall’altro egli usa la fermezza nel proclamare il diritto:
“Proclamerà il diritto con
fermezza; non verrà meno e non si abbatterà” (v. 4). Se
egli diventa irremovibile nel proclamare le esigenze della giustizia,
ciò significa che quando si mostra mansueto è solo per scelta e non
per debolezza. Di fatto il Messia, qualunque possa essere agli occhi
di Isaia il suo destino terreno, ha depositato la sua causa presso
Dio e la sua ultima parola non può che essere una parola definitiva
di vittoria. Il Messia non si abbatterà, ma anche il popolo
cristiano, che sa di essere proprietà di Dio, non si abbatte e non
conosce il sentimento della paura o il pessimismo. I martiri ne hanno
sempre dato una testimonianza di grande forza persuasiva. Il fatto di
essere consacrati come dimora dello Spirito ci impedisce di conoscere
altri sentimenti che non siano quelli ispirati all’ottimismo della
fede. L’Apostolo Paolo esprimerà questo concetto in termini molto
pregnanti: “Se Dio è con noi,
chi sarà contro di noi?” (Rm 8,31). Sarà necessario dunque
che il Messia come persona individuale e storica, e poi
successivamente anche come popolo, viva la dimensione dell’equilibrio
di tutte le virtù, perché da questo dipende la credibilità di quel
diritto e di quella dottrina che viene annunciata alle nazioni da
parte della comunità cristiana. La buona novella non è credibile
tanto in se stessa; essa è credibile per la credibilità dei suoi
testimoni.
Nessun commento:
Posta un commento