Il secondo giorno
della settimana santa prevede il secondo canto del servo di Yahweh,
che si trova al cap. 49 del libro del profeta Isaia. Il vangelo di
questa giornata è costituito dal racconto dell’ultima cena secondo
Giovanni, durante la quale Cristo annunzia il tradimento di Giuda e
il rinnegamento di Pietro.
A differenza del primo canto del servo di Yahweh, dove è Dio che
introduce e presenta il servo, nel secondo canto è lo stesso servo
del Signore che parla ai destinatari in prima persona, riferendosi
alla propria vocazione e alla volontà di Dio che deve manifestarsi e
realizzarsi nella sua vita.
Ancora una volta il servo si presenta con
una missione che valica i confini d’Israele. Rivolgendosi alle
isole e alle nazioni lontane il servo di Yahweh estende a dismisura
l’ambito del suo servizio ministeriale; non soltanto Israele ma il
mondo nel suo insieme è oggetto della sua opera di rivelazione:
“Ascoltatemi, o isole, udite
attentamente, nazioni lontane” (Is 49,1).
Qui il servo si
presenta come un inviato che è stato preparato da Dio da lungo
tempo, la cui vocazione entra nel mistero della divina
predestinazione. La chiamata di Dio, infatti, per ogni uomo, non si
verifica in una determinata età della vita, bensì sin dal seno
materno; vale a dire che ogni persona nasce sulla terra come un
progetto di Dio. Questo riferimento al seno materno, nell’orizzonte
biblico, ha anche un altro significato: esso è funzionale alla
presentazione del servo di Yahweh come profeta; anche la vocazione
del profeta Geremia infatti è presentata nei medesimi termini di una
chiamata che egli riceve da parte del Signore fin dal seno materno.
Le immagini della spada affilata e della freccia nella faretra
indicano l’efficacia della sua missione ma al tempo stesso alludono
alla necessità di un combattimento che accompagna la realizzazione
di ogni opera divina.
Il servo di Yahweh ha una vocazione profetica e
come profeta egli è l’uomo della Parola. La sua Parola, per il
fatto di essere ispirata da Dio, possiede una particolare forza di
penetrazione rappresentata appunto dal simbolo della spada affilata,
simbolo che poi tornerà ancora una volta nell’Apocalisse a
proposito della parola di Cristo che esce dalla sua bocca come una
spada (cfr. Ap 1,16). Su questo servo si annuncia la manifestazione
della gloria di Dio: “Mio servo
tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria” (v.
3).
La stessa prospettiva verrà scelta dall’evangelista Giovanni
come chiave di lettura del mistero di Cristo: la gloria di Dio si
rivela nel Cristo crocifisso. Per l’evangelista Giovanni l’umanità
di Gesù è il luogo della definitiva rivelazione della gloria di
Dio. Il fatto che in questo punto il servo sia chiamato “Israele”,
indica il secondo livello di lettura a cui già abbiamo fatto
riferimento.
La figura del servo è una figura individuale ma al
tempo stesso è una categoria inclusiva del popolo cristiano.
Nessun commento:
Posta un commento