La liturgia della messa del giorno è caratterizzata dal racconto
evangelico della tomba vuota, secondo Giovanni (cfr. 20,1-9), a cui
si affianca di regola il brano degli Atti (cfr. 10,34.37-43) in cui
Pietro testimonia solennemente, in casa di Cornelio, che Cristo è
risorto dai morti e che chiunque crede in Lui ottiene la remissione
dei peccati. Alla messa vespertina può essere letto anche il vangelo
dei discepoli di Emmaus (cfr. Lc 24,13-15). Anche la seconda lettura
ammette una possibilità di scelta: o Col 3,1-4, dove l’Apostolo
esorta i cristiani ad attaccare il cuore alle cose di lassù, essendo
risorti con Cristo, e quindi fin da adesso cittadini del cielo;
oppure 1 Cor 5,6-8, dove siamo invitati a celebrare la Pasqua con gli
azzimi, cioè eliminando dal cuore il lievito di malizia e di
perversità. La prima lettura e il vangelo sono accomunati dalla
figura di Pietro col suo carattere di testimone oculare della
risurrezione di Gesù. Nel brano evangelico di Giovanni, Pietro, dopo
l’annuncio della Maddalena, corre fino al sepolcro, insieme a
Giovanni, e trova la tomba vuota e il sudario ben piegato e messo da
parte; sembra che Gesù si sia svegliato dalla morte con estrema
naturalezza e, come se si alzasse dal letto, piega il lenzuolo che lo
avvolgeva. In questo brano, Pietro e Giovanni si trovano per la prima
volta dinanzi al fatto straordinario del ritorno dai morti del
Maestro. L’evangelista annota che “non
avevano ancora compreso la Scrittura” (v. 9), il che
sottolinea come non basti la constatazione della risurrezione di
Gesù, senza la fede e l’intelligenza della parola di Dio. Anche
gli Apostoli hanno dunque percorso il loro itinerario di maturazione,
fino a divenire testimoni accreditati della vittoria sulla morte,
avvenuta in quella Pasqua memorabile. Alla Messa vespertina, se si
sceglie di leggere il vangelo dei discepoli di Emmaus, il tema
dell’itinerario di fede, necessario per giungere alla conoscenza
del Risorto, viene concretizzato nel cammino verso Emmaus: è
possibile perfino incontrare personalmente il Risorto senza
riconoscerlo. Questa incapacità di riconoscere il Cristo, che si fa
vicino a noi nei suoi segni, va attribuita ancora una volta a un
rapporto sbagliato con le Scritture e a una comprensione
insufficiente di esse: “Stolti
e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!”
(v. 25). L’incontro col Cristo risorto non si può insomma separare
da un ingresso del cuore nella profondità delle Scritture.
Don Vincenzo Cuffaro
Nessun commento:
Posta un commento