mercoledì 30 aprile 2014

Per Giovanni la verità “si fa”. Ciò significa che “essere veri” conta di più che “dire il vero”. Si potrebbe conoscere il vero con esattezza e dire il vero con altrettanta esattezza, senza che ciò abbia alcuna influenza sulla propria vita.


Chi ha impostato la sua vita in modo da non aver bisogno della complicità delle tenebre, è spontaneamente e dolcemente attirato dalla luce: “chi opera la verità, viene alla luce” (v. 21). Notiamo qui anche un’opposizione tipicamente giovannea: “chiunque fa il male… chi opera la verità”. Ci si sarebbe aspettati che il secondo termine fosse “chi opera il bene”. Per Giovanni, infatti, il termine che si oppone al “male”, non è il “bene” ma la verità. Tra l’altro, la verità riguarda l’operare e non il conoscere o il dire: “chi opera la verità”. Questo fa certamente saltare tutte le nostre categorie moderne, dove la verità “si dice” e il bene “si fa”. Per Giovanni la verità “si fa”. Ciò significa che “essere veri” conta di più che “dire il vero”. Si potrebbe conoscere il vero con esattezza e dire il vero con altrettanta esattezza, senza che ciò abbia alcuna influenza sulla propria vita. E’ la condizione dei farisei che si sono seduti sulla cattedra di Mosè: essi “dicono” il vero, ma non sono capaci di “essere veri” (cfr. Mt 23,1-3). Così molti si illudono di essere sinceri, solo perché dicono quello che pensano, ma non riflettono sul fatto che se la vita non è illuminata dalla grazia, anche il pensiero si oscura. E con esso la parola che pretende di essere “sincera”. Giovanni dice che la verità “si fa”, perché solo chi vive nella luce, pronuncia parole di luce. Tutti gli altri, pur essendo sinceri, non fanno che comunicare il buio che hanno dentro.
Don Vincenzo Cuffaro

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