Non
c’è dubbio che nel contesto prossimo del brano degli Atti,
l’Apostolo voglia sottolineare, per contrasto, che il dono dello
Spirito può essere dato solo a coloro che si sottomettono a Dio,
intendendo dire, tra l’altro, che tale sottomissione a Dio esclude
la sottomissione ad ogni autorità umana che non ne rifletta la
divina volontà. Lo Spirito Santo non può riempire la persona che
vive da suddito, o da schiavo delle cose di quaggiù. Si è liberi
soltanto quando ci si sottomette a Dio in questi termini
rappresentati da Pietro stesso, e dal suo esempio personale (che
illustra da quale genere eroico di sottomissione a Dio derivi il dono
dello Spirito Santo): “di
questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato
a coloro che si sottomettono a Lui” (v. 32). Il suo rifiuto
di sottomettersi ad un’autorità umana, che si pone contro Dio,
commenta nel migliore dei modi l’inautenticità di una
sottomissione come può essere la sudditanza a ciò che è umano, il
che è sempre umiliante: il cristiano non si sente suddito di nessuna
istituzione umana, di nessuna autorità terrestre; tuttavia,
ubbidisce alle leggi umane nella misura in cui esse riflettono la
volontà di Dio, e si sente libero di trasgredirle nel momento in cui
esse si ponessero contro Dio e contro l’uomo. Questa è la
sottomissione che ottiene da Dio il dono dello Spirito, una
sottomissione come un servizio fatto unicamente a Dio, una
sottomissione nobile ed elevata, a differenza della sottomissione ai
poteri umani, sempre e comunque umiliante, in quanto non può essere
che servile. Il dono dello Spirito comunque è dato a chi ha il
coraggio di obbedire a Dio al di là delle istituzioni e dei poteri
umani.
Don Vincenzo Cuffaro
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