La comunità cristiana
viene ancora presentata e dipinta sotto i nostri occhi attraverso il
brano odierno degli Atti, che riporta una seduta del sinedrio e in
essa un intervento risolutivo di un fariseo, dottore della Legge, di
nome Gamaliele. Il suo intervento ci permette di cogliere, come in
controluce, una caratteristica fondamentale della comunità
cristiana. In controluce in quanto Gamaliele non aderisce alla
comunità cristiana, e perciò solamente in modo indiretto le sue
parole rivelano una verità collegata alla natura stessa del
cristianesimo, cioè quella di essere una pianticella piantata da Dio
e non un’invenzione umana. Anche se personalmente Gamaliele non
aderisce alla comunità cristiana, egli non aderisce nemmeno alla
politica persecutoria del sinedrio e nel suo intervento viene
enunciato un importante principio di discernimento. Il principio di
discernimento a cui ci riferiamo è il seguente: qualunque
iniziativa umana è destinata a cadere da sola, col tempo e senza
bisogno di persecuzioni; questo principio Gamaliele lo conferma
attraverso l’esperienza della storia recente, nella quale si
dimostra che tutti coloro che sono comparsi sulla scena d’Israele
parlando nel nome di Dio, ma senza essere stati mandati da Lui, sono
finiti nel nulla insieme ai loro seguaci. Non è invece possibile che
una pianticella piantata da Dio, possa essere sradicata dall’ostilità
umana. Si vede chiaramente come Gamaliele prenda le distanze nel
momento in cui dice: “Non vi
accada di trovarvi a combattere contro Dio” (v. 39). Non vi
accada. Non dice: non ci accada. Egli è già lontano da
questa prospettiva persecutoria, non perché abbia aderito alla
comunità cristiana, né perché abbia riconosciuto Cristo come
Messia, ma semplicemente perché il tempo avrebbe dato il suo
infallibile responso. E la smentita della storia è la più cocente,
per chi si trova dalla parte del torto.
Questo
ci permette di spingere lo sguardo al di là delle parole di
Gamaliele per riconoscere nella comunità cristiana, e nella vita
della Chiesa, un germoglio che non può essere sradicato da nessuna
tempesta; questa è un’altra ragione per cui nel vocabolario del
cristiano la parola “scoraggiamento” non si trova: perché non
esiste. La Chiesa può essere perseguitata, può essere oscurata, può
essere impoverita dal peccato dei suoi membri, ma rimane una
proprietà di Dio, rimane nella sua identità di Sposa uscita dal
costato del Messia Crocifisso. Per quanto possa essere soffocata
dagli eventi esterni, o dalla mancanza interna di santità, in un
momento in cui nessuno se l’aspetta essa può sempre rifiorire, non
essendo umana la sua origine. Mentre, secondo il consiglio di
Gamaliele, quelli che combattono contro Dio sono destinati a
fratturarsi cozzando contro la Roccia di Sion. Ma questo è vero
anche all’interno stesso della vita della Chiesa: tutte le
pianticelle che non sono piantate da Dio sono destinate a morire
(cfr. Mt 15,13) e le iniziative di quelli che parlano nel nome del
Signore, senza essere stati mandati da Lui, sono destinate allo
stesso epilogo di Teuda e di Giuda il Galileo: la morte per loro e la
dispersione dei loro seguaci. Non così per le comunità legittime,
non così per coloro che parlano nel nome di Cristo, essendo stati
legittimamente mandati da Lui.
C’è
ancora un altro versetto chiave che occorre mettere in evidenza: i
discepoli, dopo essere stati fustigati, se ne andarono dal sinedrio
lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù. Questa
caratteristica ci riconduce ad un altro aspetto della libertà dei
cristiani. Il cristiano non trova la sua felicità nel servire Dio
nelle cose gradevoli, nella gioia gratificante o nel gusto insito
nell’atto stesso di servire Dio. Il cristiano trova la sua gioia
nell’adesione a quello che Dio decreta momento per momento sia che
sia gradevole, sia che non lo sia. I discepoli, che vengono fustigati
e subito dopo rilasciati, dimostrano che per loro servire Cristo non
coincide con una qualche gratificazione connessa a ciò che essi
hanno fatto; per loro, servire Cristo è essere felici di compiere
quello che Lui vuole, anche se si trattasse della fustigazione e
del disonore. Questa è una condizione di libertà che consente al
cristiano di vivere con uno spirito superiore, indifferente nei
confronti del successo e indifferente nei confronti del fallimento,
considerati da lui come due impostori. L’unica cosa reale è che
Cristo, in questo momento, mi chiede questo, e questo io gli offro,
sia che mi piaccia sia che non piaccia alla mia sensibilità. So
bene, infatti, che non è questo che conta: quello che conta è
l’amore per Gesù Cristo, per cui si è felici anche nell’essere
oltraggiati per il suo nome. Questa è la libertà stupenda del
cristiano!
Don Vincenzo Cuffaro
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