lunedì 12 maggio 2014

L’incontro tra colui che annunzia e colui che ascolta non ha dunque mai nulla di casuale, perché è il risultato di una duplice divina elezione.


At 11,1-18 “Dio ha concesso anche ai pagani la conversione perché abbiano la vita”
Salmo 43 “Ha sete di te, Signore, l’anima mia”
Gv 10,11-18 “Il buon pastore offre la vita per le pecore

L’insegnamento della liturgia della parola odierna è incentrato intorno al tema dell’universalità della chiamata alla santità e, di conseguenza, l’universalità della chiamata all’ascolto del vangelo. Il brano evangelico di Giovanni si collega al testo degli Atti, grazie al v. 16: “E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore”, sottolineando come l’annuncio del vangelo sia destinato a tutti gli uomini senza alcuna distinzione. Non è quindi Israele l’unico destinatario della parola di salvezza e della chiamata alla santità: Gesù parla esplicitamente di altre pecore che ascolteranno la sua voce, altre pecore diverse dal gregge di Israele, e anche ad esse arriverà la parola del vangelo e il suono della voce del Pastore.
Alla domanda sul modo in cui si arriva alla conoscenza del vangelo, gli Atti rispondono narrando un episodio relativo al ministero dell’Apostolo Pietro, dove si sottolinea come la parola del vangelo raggiunga coloro che sono stati chiamati da Dio ad ascoltarla attraverso colui che è stato scelto per annunziarla. L’incontro tra colui che annunzia e colui che ascolta non ha dunque mai nulla di casuale, perché è il risultato di una duplice divina elezione. Colui che ascolta il vangelo, lo ascolta in quanto ha ricevuto la grazia di poterlo ascoltare, e proprio in questa chiamata all’ascolto deve cogliere un atto di predilezione con cui Dio lo ha amato; successivamente, la sua risposta determinerà la qualità dei frutti di santità che Dio si aspetta, dopo avere elargito i suoi doni.

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