At
2,14a.36-41 “Dio lo ha costituito Signore e Cristo”
Sal
22/23 “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla”
1Pt
2,20b-25 “Siete stati ricondotti al pastore delle vostre anime”
Gv
10,1-10 “Io sono la porta delle pecore”
L’insegnamento odierno fa leva sull’idea del ritorno dalla
dispersione. L’argomento non è trattato in maniera tipologica,
come spesso avviene, partendo dalla dispersione degli Israeliti tra
le nazioni, per poi giungere alla dispersione determinata dal
peccato, ma è affrontato in modo diretto, senza metafore,
dichiarando che l’esclusione di Dio dalla vita di una società
umana, produce un disorientamento sempre crescente. Da qui
l’esortazione dell’Apostolo Pietro a ritornare al Pastore per
essere radunati (cfr. v. 25). Il tema del Pastore che raduna e
preserva dalla dispersione è dunque centrale nella liturgia
della Parola odierna, anche se è esplicitamente menzionato dalla
seconda lettura e dal vangelo, ma non dalla prima lettura, la quale
piuttosto fa riferimento alla signoria universale ottenuta da Cristo
dopo la sua risurrezione. Nella prima lettura, comunque, il tema del
raduno dalla dispersione è adombrato dall’accoglienza della Parola
e dal Battesimo, che costituiscono la prima comunità cristiana:
“quel giorno furono aggiunte
circa tremila persone” (v. 41). Al tema centrale del raduno
si collegano poi una molteplicità di spunti teologici che
arricchiscono la liturgia odierna. Nelle parole di Pietro si
intravede la nascita della Chiesa coi suoi elementi sacramentali
indispensabili: il Battesimo e l’effusione dello Spirito. L’uno e
l’altra hanno però bisogno di fondarsi su una opzione fondamentale
per Dio, senza la quale non fiorisce alcuna novità di vita. Per
questo il discorso dell’Apostolo inizia con un appello alla
conversione. Va anche notato come egli mantenga la chiara distinzione
tra due momenti, quello del Battesimo e quello dell’effusione dello
Spirito: “ciascuno di voi si
faccia battezzare […] e riceverete il dono dello Spirito Santo”
(v. 38). La Chiesa si costituisce così come un raduno, come una
divina convocazione: “quanti ne
chiamerà il Signore Dio nostro” (v. 39). L’idea del
raduno dalla dispersione ritorna poi nel brano evangelico, ma in
connessione con la metafora del pastore e del gregge. La signoria
universale ottenuta dal Risorto, che Pietro annunciava nella prima
lettura, si riveste di sollecitudine: il pastore è continuamente
preoccupato della custodia del suo gregge, sia conducendolo ai
pascoli migliori, sia proteggendolo dalle minacce delle bestie
rapaci. Cristo applica a Sé questa immagine per dire che,
finalmente, i ladri e i briganti che usurpano il ruolo di pastori,
entrando nel recinto ma non per la porta, hanno cessato di
spadroneggiare. Lui stesso infatti è la porta. Chi entra per altra
via, prescindendo dal confronto con Lui, non è un pastore. Le
pecore che hanno conosciuto il vero Pastore, non cadono più
nell’inganno: “Tutti coloro
che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non
li hanno ascoltati” (v. 8). Adesso il gregge di Cristo sa
chi seguire. L’Apostolo Pietro, a conclusione della seconda
lettura, sintetizza la condizione felice del nuovo popolo di Dio con
queste parole: “Eravate erranti
come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle
vostre anime” (v. 25). Pietro sottolinea inoltre che per i
cristiani il Pastore è anche Maestro; il suo modo di essere
uomo e di affrontare la vita è un punto riferimento per l’agire
cristiano: “Cristo patì per
voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme”
(v. 21).
Don Vincenzo Cuffaro
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