At
15,1-6 “Fu stabilito che Paolo e Barnaba andassero a
Gerusalemme dagli apostoli”
Salmo
121 “Andiamo con gioia alla casa del Signore”
Gv
15,1-8 “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto”
Il
tema centrale che unisce le due letture odierne è l’unicità della
mediazione di Gesù Cristo nella salvezza dell’uomo, una mediazione
non bisognosa d’integrazioni di sorta. La prima lettura presenta un
gruppo di persone provenienti dal giudaismo farisaico, che,
all’interno della comunità cristiana, affermano la necessità di
aggiungere alla mediazione di Gesù Cristo anche alcune pratiche
giudaiche prescritte dalla Legge mosaica. Ciò comportava un
cristianesimo integrato nell’orizzonte del giudaismo e, peggio
ancora, equivaleva ad affermare che l’azione salvifica di Gesù
avesse bisogno di essere completata dalle pratiche mosaiche. La prima
comunità cristiana si trova così divisa intorno al problema dei
pagani che entravano nel discepolato cristiano: se dovevano o no
essere circoncisi, secondo l’usanza della comunità palestinese.
L’Apostolo Paolo si schiererà contro questa posizione, affermando
– sulla scia del cristianesimo progressista di Antiochia - che la
fede in Cristo è sufficiente da sola a salvare l’uomo; inoltre, il
cristianesimo comincia a presentarsi nell’annuncio paolino come una
religione veramente nuova e indipendente dal giudaismo, sebbene
proveniente dalle sue stesse radici. Sarà questa posizione ad avere
la preminenza all’interno del primo concilio di Gerusalemme.
L’unicità di Gesù Cristo viene riaffermata nel vangelo sotto il
simbolo della vite e del vignaiolo: “Io
sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo” (v. 1). In
questa metafora Cristo attribuisce a Se Stesso il canale di
comunicazione della vita divina, che arricchisce l’esistenza del
battezzato e la riempie di significati nuovi e divini. Così come la
vite non ha bisogno di altro per nutrire i grappoli, se non del fatto
che essi siano congiunti a essa, allo stesso modo Cristo non ha
bisogno di pratiche né di precetti per compiere la sua opera di
santificazione dell’uomo. Gli basta che ciascun uomo aderisca a Lui
con fedeltà perenne. La vita divina non è come un pieno di benzina:
nessuno può farsene una scorta. La grazia di Dio si riceve se si
rimane uniti a Lui e si perde se gli si voltano le spalle. E’ per
questo motivo che la metafora della vite e dei tralci insiste sul
tema del “rimanere”: si tratta non tanto di aggiungere alla
mediazione di Cristo qualche altra cosa, quanto piuttosto di
“rimanere” attaccati a Lui; ciò garantisce la comunicazione
continua della vita divina, dalla quale risultano le opere della vita
cristiana. Cristo afferma radicalmente che il cristiano non può
far niente senza di Lui (cfr. v. 5), dal momento che tutte le
opere dell’uomo acquistano valore, davanti al Padre, solo in quanto
sono convalidate dal Figlio suo.
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