mercoledì 19 marzo 2014

13° giorno il testo del profeta Geremia affronta il tema biblico della sofferenza del giusto, sofferenza che nasce stranamente proprio dalle radici della sua stessa giustizia.


La Parola odierna anticipa già i temi della Settimana Santa, attraverso il brano evangelico di Matteo, dove Cristo fa esplicito riferimento al calice che dovrà bere; l’immagine del calice è ovviamente simbolo del destino della persona, ciò che è scritto e che deve compiersi. Anche il testo del profeta Geremia affronta il tema biblico della sofferenza del giusto, sofferenza che nasce stranamente proprio dalle radici della sua stessa giustizia. I nemici del profeta complottano contro di lui, a motivo delle sue parole, vale a dire, a motivo del messaggio che la sua vita trasmette, un messaggio impregnato di fedeltà alla Parola di Dio, annunciata ma soprattutto personificata, testimoniata fino in fondo con la propria vita. La sofferenza del giusto è un mistero più volte sottolineato nell’esperienza dei profeti, i quali si trovano dinanzi alla imprevedibile chiusura di Israele, quando essi trasmettono fedelmente la Parola di Dio, pagando di persona. Altrettanto imprevedibilmente trovano maggiore ascolto i falsi profeti, che di solito annunciano cose gradevoli. Il tema del giusto sofferente viene poi ampiamente sviluppato dalla letteratura sapienziale. Questo mistero del dolore che colpisce l’uomo giusto, in Cristo si compie totalmente, giungendo all’ultimo confine possibile: la soppressione dell’unico Giusto; i profeti perseguitati sono soltanto delle figure del Cristo perseguitato e colpito dall’iniquità umana. Il profeta Geremia, nel testo della prima lettura odierna, assume perciò i tratti anticipati del Messia sofferente. Come Cristo, anche se in modo meno perfetto e con un animo non esente da un certo quale desiderio di vendetta (come si vede dai versetti successivi che i liturgisti hanno tralasciato), Geremia rimette a Dio la propria causa e attende da Lui il soccorso. Dall’altro lato, i nemici del profeta si illudono che sopprimendo un giusto non debba cambiare nulla: “la legge non verrà meno ai sacerdoti, né il consiglio ai saggi, né l’oracolo ai profeti”. In realtà, come viene chiarito dall’insegnamento evangelico, chi espelle dalla propria vita l’uomo di Dio, espelle Dio stesso, col rischio di sperimentare la più totale solitudine. Infatti non esiste solitudine peggiore di quella di chi non ha Dio come amico.
 Don Vincenzo Cuffaro

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