At 2,14.22-33 “Non era
possibile che la morte lo tenesse in suo potere”
Sal 15/16 “Mostraci,
Signore, il sentiero della vita”
1 Pt 1,17-21 “Foste
liberati con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e
senza
macchia”
Lc 24,13-25 “Lo riconobbero
nello spezzare il pane”
La Parola
odierna è interamente determinata dal rapporto tra le antiche
profezie e gli eventi pasquali di Passione-Morte-Risurrezione.
Ciò che negli ultimi tempi si è realizzato in Cristo corrisponde,
insomma, a un disegno ampiamente annunciato dall’AT. La liturgia si
apre infatti col discorso di Pietro, pronunciato nel giorno di
Pentecoste, in cui l’Apostolo fa leva sul “prestabilito
disegno e la prescienza di Dio” (v. 23). Il medesimo
Apostolo esprime lo stesso concetto nella seconda lettura, dove
afferma che Cristo era stato predestinato come Agnello pasquale “già
prima della fondazione del mondo” (v. 20). Infine, nel brano
evangelico lo stesso Cristo, Risorto dai morti e apparso sotto una
sembianza irriconoscibile ai discepoli di Emmaus, riprende tutte le
Scritture – ossia l’AT – e mostra che esse si riferivano a Lui.
Punto di riferimento della liturgia della Parola odierna – come in
tutto il tempo di Pasqua – è il vangelo che narra l’apparizione
del Risorto. L’incontro dei discepoli di Emmaus col Signore risorto
è talmente pieno di spunti teologici e spirituali che occorrerebbe
un’analisi accurata per esaurire l’argomento. Ad ogni modo, a noi
interessano i punti di contatto che giustificano l’accostamento
delle letture. La base della scelta dei brani di oggi, come abbiamo
accennato, è costituita dalla realizzazione delle profezie fatte a
riguardo di Cristo nell’AT. Quando lo sconosciuto compagno di
viaggio chiede informazioni ai discepoli di Emmaus circa gli eventi
della Pasqua, questi ne danno un resoconto centrato solo sul
presente. Non vi è nelle loro parole alcun riferimento alla
Parola, alla quale avrebbero dovuto volgersi per capire la volontà
di Dio. Ciò dimostra che essi non sono stati in grado di leggere gli
eventi relativi al ministero pubblico di Gesù alla luce delle
Scritture. È mancata una chiave indispensabile per aprire i segreti
di Dio e per capire la storia e il tempo che trascorre. Il Risorto
rimprovera senza mezzi termini i due discepoli, colpevoli di
ignoranza biblica, la quale non si può mai scindere
dall’incredulità: “Stolti e
lenti di cuore” (v. 25). L’ignoranza delle Scritture, vale
a dire il disinteresse circa la divina Rivelazione, è determinata
proprio dalla mancanza di fede. Per chi non ha fede, infatti, la
parola di Dio non è un punto di riferimento, bastando il proprio
buonsenso. I discepoli di Emmaus, troppo preoccupati per il destino
storico dello stato di Israele, si sono fermati al di qua della fede.
Lo stato di Israele non ha ottenuto la libertà dal dominio romano.
Tutto è finito. A questo punto, il Risorto si vede costretto a
riprendere da zero le catechesi mistagogiche: “E,
cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le
Scritture ciò che si riferiva a lui” (v. 27). Giunti a
casa, dopo la spiegazione della Parola, primo nutrimento, Gesù
prepara una seconda mensa, offrendo il pane spezzato (cfr. v. 30).
Qui la sua rivelazione personale raggiunge il culmine, ma proprio nel
momento in cui lo riconoscono, Egli scompare. Il Risorto vive e
cammina nel tempo coi suoi discepoli, ma sotto una sembianza
irriconoscibile, costituita dalla Parola e dall’Eucarestia. Il
Risorto è accessibile solo nei suoi segni, ma Lui, come persona,
resta inevitabilmente aldilà, inafferrabile. Qualcosa di simile alla
catechesi biblica di Gesù ai discepoli di Emmaus, la fa Pietro ai
cittadini di Gerusalemme nel giorno di Pentecoste quando, a nome dei
Dodici, pronuncia il kerygma cristiano della morte e risurrezione di
Cristo, motivandola però biblicamente, mediante il riferimento
esplicito al libro dei Salmi, che sembra parlare di Davide ma
evidentemente – come spiega Pietro molto bene – non è così.
Colui che non fu abbandonato negli inferi non è Davide ma un suo
discendente: Cristo Gesù. Nella seconda lettura, Pietro riprende
l’argomento, ma alla luce della consapevolezza di ciò che la
nostra redenzione ha comportato: il Sangue prezioso di Cristo, dunque
non un riscatto corruttibile, ma un prezzo incredibilmente alto.
Don Vincenzo Cuffaro
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