Dobbiamo imparare a leggere la realtà, è grave che i cristiani stessi si lascino influenzare.
Non dovremmo dirci che l’aspetto fondamentale è la conoscenza, dovrebbe essere scontato.
Accompagnare le persone a scoprire la dimensione pubblica come luogo di impegno, di testimonianza e di carità, vissuta al massimo grado (Paolo VI docet!).
Andare oltre. Superare questa stagione triste della vita delle istituzioni democratiche, reagire alla pesantezza della crisi economica ed etica e rilanciare il tema della partecipazione, in vista di un progetto di sviluppo per il Paese dentro una strategia sostenibile ed integrata alla globalizzazione.
Occorre, dunque, restituire alla politica il suo ruolo, occorre coniugarla al futuro.
La vita cristiana non può restare chiusa nell’orizzonte di una cultura e di istituzioni definite, ma ha le risorse per discernere i valori della negatività e per valutare ciò che concorre all’affermazione della dignità della persona e ciò che la minaccia. Dunque, un’ineludibile responsabilità per le prospettive del Paese è connessa al dovere cristiano di partecipare ad ogni vero processo di liberazione umana.
...narrare storie nuove dal sapore antico: storie di impegno personale, di passione organizzativa, di fatica a coinvolgere e a fare rete (meglio dire comunità… non community… per carità!) coniugate al bisogno di essere radicati ai valori più profondi della carità cristiana: giustizia, solidarietà, amicizia verso i poveri e i deboli, cura educativa e gusto sobrio dell’essenzialità. Verrebbe da dire – con il grande Paolo Giuntella – che c’è consapevolezza di aver ricevuto il “gomitolo dell’Alleluja”, che si fa afferrare ma non sa restare fermo nelle mani di chi lo riceve.
Perché la politica ritorni ad essere il modo più serio per prendersi cura delle cose di tutti.
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