sabato 8 gennaio 2011

creare e mantenere un’atmosfera familiare ricca di stimoli che nutra le quattro dimensioni più importanti della vita: fisica, affettiva, mentale e spirituale

L’ottimismo è una combinazione per aprire la cassaforte della vita ma ci vuole qualcuno che fornisca i “numeri” perché ottimisti non si nasce, si diventa. Educare all’ottimismo significa prima di tutto creare e mantenere un’atmosfera familiare ricca di stimoli che nutra le quattro dimensioni più importanti della vita: fisica, affettiva, mentale e spirituale. Lo possono fare soprattutto i genitori con alcune semplici attenzioni.
Dare ai figli una valida immagine di sé. Ammirate i vostri figli e dimostrate loro la vostra stima, fiducia e responsabilità. Il modo migliore consiste nel coinvolgerli sempre più nella vita della famiglia.
Fornire loro dei punti di riferimento. Lo strumento più adatto sono i “no” che, soprattutto nei primi anni di vita “segnano” il cammino fisico e spirituale dei figli. I “no” siano sempre seri e attentamente motivati.
Insegnare ai figli che i problemi si risolvono. I veri ottimisti si concentrano sulle cose che hanno e così non hanno più tempo per mettere a fuoco le ragioni della tristezza. In una famiglia che si dibatteva in grosse difficoltà, la madre trasmise a figli un messaggio di forte intensità: “È quando si fa buio che si possono vedere le stelle”. I figli non lo hanno mai dimenticato.
Proporre delle mete e raggiungerle insieme. L’incertezza, l’oziosità, il “bricolage” morale provocano solo noia e pessimismo. Il potenziale umano è sbalorditivo, se solo decidessimo di usarlo. San Paolo, nella lettera ai Filippesi, scrive: “Infine, fratelli, prendete in considerazione tutto ciò che è buono, che è giusto, puro, degno di essere amato e onorato; ciò che viene dalla virtù ed è degno di lode” (Fil 4,8). Anche lui quindi pensa che noi possiamo scegliere i soggetti della nostra contemplazione e dei nostri pensieri: il contenuto della nostra mente è in gran parte a nostra discrezione e, facendo uso di questo potere selettivo, possiamo modificare il nostro mondo.
Incoraggiarli sempre e abituarli allo sforzo. Evitate i falsi incoraggiamenti. Un incoraggiamento fasullo è in genere l’ultima cosa di cui un ragazzo ha bisogno. Semmai serve qualcuno che dica: “Siamo in un bel pasticcio ma, se tutti noi ci rimbocchiamo le maniche, possiamo fare qualcosa per uscirne”. Impedite loro di commiserarsi con troppa facilità o di prendersi mentalmente a calci. Esistono persone che vivono di catastrofismo, quasi fossero dei “telegiornali ambulanti” , prevedono guai a ogni istante, si sentono incapaci, inadeguati, colpevoli di tutto. Un bambino deve crescere senza pensare al “fallimento”. I figli devono essere educati alla fiducia in se stessi e nel futuro. Insegnate come si può dominare il proprio temperamento.
Cercare la compagnia di persone ricche di speranza. È davvero vitale crescere in un ambiente ricco di stimoli costruttivi. Cercate un rinforzo sociale positivo.
Coltivare la fantasia e la creatività. Donate loro abitudini intellettuali. Abituateli a vedere il bello, ascoltate musica, fate passeggiate, ridete spesso.
Aiutarli a vincere i punti deboli. Devono essere e sentirsi “competenti” in qualcosa.
Alimentare con cura lo spirito. La cosa peggiore che può capitare ad una persona è la perdita della forza dello spirito. Ma lo slancio spirituale tende ad “evaporare” nelle famiglie che non si ritagliano uno spazio per leggere e meditare sulla fede e, soprattutto, per pregare insieme.
di Bruno Ferrero
Da: “Educare all’Ottimismo”, Bollettino Salesiano, giugno 2006

venerdì 7 gennaio 2011

Il deserto è un passaggio per chi ti ha scelto

Dio, a volte mi sento come nel deserto
dove la vita è difficile,
dove domina il dubbio,
dove regna l'oscurità,
dove manchi tu.
Il deserto è un passaggio per chi ti ha scelto,
un passaggio per chi ti ama,
un passaggio necessario alla vita,
un passaggio che mette alla prova.
Dio, tu mi dai la prova
ma anche la forza di superarla,
mi dai il deserto
ma anche la forza di proseguire.
Ho paura del deserto, Signore,
ho paura di mancare, ho paura di tradirti.
È facile sentirti nella gioia,
è semplice scoprirti nella natura,
ma è difficile amarti nel deserto.
Dio, nella notte del dolore,
nell'oscurità del dubbio,
nel deserto della vita,
non farmi dubitare di te.
Non ti chiedo di liberarmi dal deserto
ma di aiutarmi a camminare con te,
non ti prego di togliermi il deserto
ma di farmi camminare verso di te.
.
P. Maior

giovedì 6 gennaio 2011

Serviamo il Signore in santa allegria.

«Due sono gl’inganni principali con cui il demonio suole allontanare i giovani dalla virtù. Il primo è di metter loro in mente che il servire al Signore consista in una vita malinconica e lontana da ogni divertimento e piacere.
          Non è così, cari giovani. Io voglio insegnarvi un modo di vita cristiana, che possa nel tempo stesso rendervi allegri e contenti, e mostrarvi quali sono i veri divertimenti e i veri piaceri, sicché possiate dire col santo Profeta Davide: Serviamo il Signore in santa allegria. Tale appunto è lo scopo di questo libretto».
 Dobbiamo convincere i nostri ragazzi che la vera gioia viene da Dio e dare la prova con la testimonianza della nostra vita, imparando da Don Bosco a ricreare per loro luoghi di aggregazione e di sano divertimento alternativi a quelli proposti dalla nostra società consumistica.
«L’altro inganno è la speranza di una lunga vita, di convertirvi poi nella vecchiaia o in punto di morte. Badate bene, miei figliuoli, che molti furono in tal modo ingannati. Chi ci assicura di venir vecchi? Vita e morte sono nelle mani del Signore, il quale può disporne come a Lui piace».
“Quella strada che l’uomo comincia in gioventù, si continua nella vecchiaia fino alla morte”.
          Se noi cominciamo una buona vita ora che siamo giovani, buoni saremo negli anni avanzati, buona sarà la nostra morte e principio di una eterna felicità.

mercoledì 5 gennaio 2011

il dono più bello, se volessi chiederlo per te a Dio, non esiterei a domandarGli il dono della preghiera.

Mi chiedi: perché pregare? Ti rispondo: per vivere.

Sì: per vivere veramente, bisogna pregare. Perché? Perché vivere è amare: una vita senza amore non è vita. È solitudine vuota, è prigione e tristezza. Vive veramente solo chi ama: e ama solo chi si sente amato, raggiunto e trasformato dall’amore. Come la pianta che non fa sbocciare il suo frutto se non è raggiunta dai raggi del sole, così il cuore umano non si schiude alla vita vera e piena se non è toccato dall’amore. Ora, l’amore nasce dall’incontro e vive dell’incontro con l’amore di Dio, il più grande e vero di tutti gli amori possibili, anzi l’amore al di là di ogni nostra definizione e di ogni nostra possibilità. Pregando, ci si lascia amare da Dio e si nasce all’amore, sempre di nuovo. Perciò, chi prega vive, nel tempo e per l’eternità. E chi non prega? Chi non prega è a rischio di morire dentro, perché gli mancherà prima o poi l’aria per respirare, il calore per vivere, la luce per vedere, il nutrimento per crescere e la gioia per dare un senso alla vita.

Mi dici: ma io non so pregare! Mi chiedi: come pregare? Ti rispondo: comincia a dare un po’ del tuo tempo a Dio. All’inizio, l’importante non sarà che questo tempo sia tanto, ma che Tu glielo dia fedelmente. Fissa tu stesso un tempo da dare ogni giorno al Signore, e daglielo fedelmente, ogni giorno, quando senti di farlo e quando non lo senti. Cerca un luogo tranquillo, dove se possibile ci sia qualche segno che richiami la presenza di Dio (una croce, un’icona, la Bibbia, il Tabernacolo con la Presenza eucaristica…). Raccogliti in silenzio: invoca lo Spirito Santo, perché sia Lui a gridare in te "Abbà, Padre!". Porta a Dio il tuo cuore, anche se è in tumulto: non aver paura di dirGli tutto, non solo le tue difficoltà e il tuo dolore, il tuo peccato e la tua incredulità, ma anche la tua ribellione e la tua protesta, se le senti dentro.

Tutto questo, mettilo nelle mani di Dio: ricorda che Dio è Padre – Madre nell’amore, che tutto accoglie, tutto perdona, tutto illumina, tutto salva. Ascolta il Suo Silenzio: non pretendere di avere subito le risposte. Persevera. Come il profeta Elia, cammina nel deserto verso il monte di Dio: e quando ti sarai avvicinato a Lui, non cercarlo nel vento, nel terremoto o nel fuoco, in segni di forza o di grandezza, ma nella voce del silenzio sottile (cf. 1 Re 19,12). Non pretendere di afferrare Dio, ma lascia che Lui passi nella tua vita e nel tuo cuore, ti tocchi l’anima, e si faccia contemplare da te anche solo di spalle.

Ascolta la voce del Suo Silenzio. Ascolta la Sua Parola di vita: apri la Bibbia, meditala con amore, lascia che la parola di Gesù parli al cuore del tuo cuore; leggi i Salmi, dove troverai espresso tutto ciò che vorresti dire a Dio; ascolta gli apostoli e i profeti; innamorati delle storie dei Patriarchi e del popolo eletto e della chiesa nascente, dove incontrerai l’esperienza della vita vissuta nell’orizzonte dell’alleanza con Dio. E quando avrai ascoltato la Parola di Dio, cammina ancora a lungo nei sentieri del silenzio, lasciando che sia lo Spirito a unirti a Cristo, Parola eterna del Padre. Lascia che sia Dio Padre a plasmarti con tutte e due le Sue mani, il Verbo e lo Spirito Santo.

All’inizio, potrà sembrarti che il tempo per tutto questo sia troppo lungo, che non passi mai: persevera con umiltà, dando a Dio tutto il tempo che riesci a darGli, mai meno, però, di quanto hai stabilito di poterGli dare ogni giorno. Vedrai che di appuntamento in appuntamento la tua fedeltà sarà premiata, e ti accorgerai che piano piano il gusto della preghiera crescerà in te, e quello che all’inizio ti sembrava irraggiungibile, diventerà sempre più facile e bello. Capirai allora che ciò che conta non è avere risposte, ma mettersi a disposizione di Dio: e vedrai che quanto porterai nella preghiera sarà poco a poco trasfigurato.

Così, quando verrai a pregare col cuore in tumulto, se persevererai, ti accorgerai che dopo aver a lungo pregato non avrai trovato risposte alle tue domande, ma le stesse domande si saranno sciolte come neve al sole e nel tuo cuore entrerà una grande pace: la pace di essere nelle mani di Dio e di lasciarti condurre docilmente da Lui, dove Lui ha preparato per te. Allora, il tuo cuore fatto nuovo potrà cantare il cantico nuovo, e il "Magnificat" di Maria uscirà spontaneamente dalla tue labbra e sarà cantato dall’eloquenza silenziosa delle tue opere.

Sappi, tuttavia, che non mancheranno in tutto questo le difficoltà: a volte, non riuscirai a far tacere il chiasso che è intorno a te e in te; a volte sentirai la fatica o perfino il disgusto di metterti a pregare; a volte, la tua sensibilità scalpiterà, e qualunque atto ti sembrerà preferibile allo stare in preghiera davanti a Dio, a tempo "perso". Sentirai, infine, le tentazioni del Maligno, che cercherà in tutti i modi di separarti dal Signore, allontanandoti dalla preghiera. Non temere: le stesse prove che tu vivi le hanno vissute i santi prima di te, e spesso molto più pesanti delle tue. Tu continua solo ad avere fede. Persevera, resisti e ricorda che l’unica cosa che possiamo veramente dare a Dio è la prova della nostra fedeltà. Con la perseveranza salverai la tua preghiera, e la tua vita.

Verrà l’ora della "notte oscura", in cui tutto ti sembrerà arido e perfino assurdo nelle cose di Dio: non temere. È quella l’ora in cui a lottare con te è Dio stesso: rimuovi da te ogni peccato, con la confessione umile e sincera delle tue colpe e il perdono sacramentale; dona a Dio ancor più del tuo tempo; e lascia che la notte dei sensi e dello spirito diventi per te l’ora della partecipazione alla passione del Signore. A quel punto, sarà Gesù stesso a portare la tua croce e a condurti con sé verso la gioia di Pasqua. Non ti stupirai, allora, di considerare perfino amabile quella notte, perché la vedrai trasformata per te in notte d’amore, inondata dalla gioia della presenza dell’Amato, ripiena del profumo di Cristo, luminosa della luce di Pasqua.

Non avere paura, dunque, delle prove e delle difficoltà nella preghiera: ricorda solo che Dio è fedele e non ti darà mai una prova senza darti la via d’uscita e non ti esporrà mai a una tentazione senza darti la forza per sopportarla e vincerla. Lasciati amare da Dio: come una goccia d’acqua che evapora sotto i raggi del sole e sale in alto e ritorna alla terra come pioggia feconda o rugiada consolatrice, così lascia che tutto il tuo essere sia lavorato da Dio, plasmato dall’amore dei Tre, assorbito in Loro e restituito alla storia come dono fecondo. Lascia che la preghiera faccia crescere in te la libertà da ogni paura, il coraggio e l’audacia dell’amore, la fedeltà alle persone che Dio ti ha affidato e alle situazioni in cui ti ha messo, senza cercare evasioni o consolazioni a buon mercato. Impara, pregando, a vivere la pazienza di attendere i tempi di Dio, che non sono i nostri tempi, ed a seguire le vie di Dio, che tanto spesso non sono le nostre vie.

Un dono particolare che la fedeltà nella preghiera ti darà è l’amore agli altri e il senso della chiesa: più preghi, più sentirai misericordia per tutti, più vorrai aiutare chi soffre, più avrai fame e sete di giustizia per tutti, specie per i più poveri e deboli, più accetterai di farti carico del peccato altrui per completare in te ciò che manca alla passione di Cristo a vantaggio del Suo corpo, la chiesa. Pregando, sentirai come è bello essere nella barca di Pietro, solidale con tutti, docile alla guida dei pastori, sostenuto dalla preghiera di tutti, pronto a servire gli altri con gratuità, senza nulla chiedere in cambio. Pregando sentirai crescere in te la passione per l’unità del corpo di Cristo e di tutta la famiglia umana. La preghiera è la scuola dell’amore, perché è in essa che puoi riconoscerti infinitamente amato e nascere sempre di nuovo alla generosità che prende l’iniziativa del perdono e del dono senza calcolo, al di là di ogni misura di stanchezza.

Pregando, s’impara a pregare, e si gustano i frutti dello Spirito che fanno vera e bella la vita: "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Gal 5,22). Pregando, si diventa amore, e la vita acquista il senso e la bellezza per cui è stata voluta da Dio. Pregando, si avverte sempre più l’urgenza di portare il Vangelo a tutti, fino agli estremi confini della terra. Pregando, si scoprono gli infiniti doni dell’Amato e si impara sempre di più a rendere grazie a Lui in ogni cosa. Pregando, si vive. Pregando, si ama. Pregando, si loda. E la lode è la gioia e la pace più grande del nostro cuore inquieto, nel tempo e per l’eternità.

Se dovessi, allora, augurarti il dono più bello, se volessi chiederlo per te a Dio, non esiterei a domandarGli il dono della preghiera. Glielo chiedo: e tu non esitare a chiederlo a Dio per me. E per te. La pace del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con te. E tu in loro: perché pregando entrerai nel cuore di Dio, nascosto con Cristo in Lui, avvolto dal Loro amore eterno, fedele e sempre nuovo. Ormai lo sai: chi prega con Gesù e in Lui, chi prega Gesù o il Padre di Gesù o invoca il Suo Spirito, non prega un Dio generico e lontano, ma prega in Dio, nello Spirito, per il Figlio il Padre. E dal Padre, per mezzo di Gesù, nel soffio divino dello Spirito, riceverà ogni dono perfetto, a lui adatto e per lui da sempre preparato e desiderato. Il dono che ci aspetta. Che ti aspetta.

(Bruno Forte

martedì 4 gennaio 2011

la giusta distanza

Un amico lontano
è a volte più vicino
di qualcuno a portata di mano.
E' vero o no
che la montagna ispira più reverenza
e appare più chiara al viandante della valle
che non all'abitante delle sue pendici ?
~ Kahlil Gibran

lunedì 3 gennaio 2011

Donaci il tuo Spirito perché ci suggerisca la preghiera dal profondo

Donaci, Signore,
occhi per vedere, un cuore per amare
e tanto fiato.
Chiedendoti occhi per vedere,
ti supplichiamo di darci
i tuoi occhi per vedere come vedi tu
il mondo, gli uomini e la loro storia.
E la nostra storia.
Concedici di corrispondere al tuo pensiero
giorno per giorno e ora per ora.
Facci diventare a poco a poco ciò per cui Tu ci hai creati;
facci adottare il tuo punto di vista, la tua ottica.
Rendici docili alla tua Parola,
che illumina e trasforma ogni vita.
Donaci un cuore per amare, un cuore di carne,
non un cuore di pietra, per amare Dio e gli uomini.
Donaci il tuo stesso cuore per amare veramente,
dimentichi di noi stessi.
Abbiamo bisogno che ci venga innestato il tuo cuore
al posto del nostro che batte tanto male quando si tratta degli altri.
Che sia tu, Signore, ad amare attraverso noi.
Donaci il tuo cuore per amare nostro Padre.
Donaci il tuo cuore per amare Maria, nostra madre,
donaci il tuo cuore per amare i tuoi fratelli
che sono anche i nostri,
per amare quaggiù, sulla terra,
coloro che ci hanno già preceduto in cielo: essi che è assai più facile amare;
per amare anche i nostri vicini sulla terra,
che talvolta ci pestano i piedi consapevolmente o inconsapevolmente.
E donaci tanto fiato, affinché non rimaniamo per strada ansimanti;
affinché i nostri polmoni siano sempre pieni di ossigeno e di aria tonificante;
per aiutarci ad avanzare verso il domani senza guardare indietro;
né misurare lo sforzo.
Fiato perché possiamo affrontare ciò che gli uomini,
e quindi tu, si attendono da noi.
Fiato per sperare di nuovo come se la vita incominciasse
proprio questa mattina;
per sperare contro i venti e le maree grazie alla tua presenza e alla tua promessa,
portando in noi tutte le speranze degli uomini, ma anche tutte le loro pene.
Donaci il tuo soffio; il soffio che ci mandasti da parte del Padre,
il tuo Spirito, lo Spirito che soffia
dove vuole, a raffiche o a colpi di vento, o a tocchi leggeri quando
ci chiami a seguire le tue ispirazioni.
Donaci il tuo Spirito perché ci suggerisca la preghiera dal profondo,
quella che in noi sale a te,
quella che invoca il tuo ritorno nella gloria, quella che aspira
alla pienezza di Dio.
Signore, ho bisogno dei tuoi occhi: dammi una fede viva.
Ho bisogno del tuo cuore: dammi una carità a tutta prova.
Ho bisogno del tuo soffio: dammi la tua speranza, per me e per la tua
Chiesa. Affinché la Chiesa di oggi sia una testimonianza per il mondo
e che il mondo riconosca i cristiani dal loro sguardo luminoso e sereno,
dal calore del loro cuore e da quell' ottimismo invincibile
che sgorga dalla fonte nascosta e inalterabile della loro gioiosa speranza.
(Card. Leo Jozef Suenens)

domenica 2 gennaio 2011

Il cuore, che è la sede delle decisioni che davvero segnano l’esistenza, come dice la Bibbia

E ora che l’anno finisce, il cuore deve decidere da che parte stare. Il cuore, che è la sede delle decisioni che davvero segnano l’esistenza, come dice la Bibbia. E il nostro cuore, adesso che finisce un anno duro e pieno di fatiche, deve decidere: lamento o gratitudine? È sempre così. Di fronte a un anno che passa, come di fronte al viso dei propri figli, o delle persone che ti trovi accanto. Hai mille motivi per lamentarti, cuore nostro. Mille motivi per dare voce alle ferite. Alle delusioni. Ai torti subiti. Mille motivi per far parlare la lingua amara della rivendicazione. O la lingua stanca dell’avvilimento. Molte notizie che anche oggi troviamo sui giornali farebbero salire parole dure dal cuore.
Ma come c’è la durezza della pena, c’è anche la durezza della gioia. La resistenza, la forza della gratitudine. Quella che proviamo per cose che magari sui giornali non ci finiscono. La gratitudine per le cose da niente che costellano la nostra vita. Per il respiro che ancora ci viene accordato, e il riso e anche per il pianto con cui conosciamo il dolore e l’amore. Le cose che non fanno notizia, come il sorriso di un figlio, l’occhiata della persona che amiamo, il suo voltarsi quando la salutiamo. Quelle cose da niente che non fanno notizia, ma che ci suggeriscono una gratitudine invincibile. E noi vogliamo scegliere di rendere grazie per queste cose da niente. Per la fede dei semplici, papi nel fulgore del loro ministero o ammalati nella penombra della loro offerta. Vogliamo ringraziare per tutte le madri che, camminando lavorando soffrendo, non perdono la speranza. E custodiscono l’amore. Per tutti quelli che non fanno notizia e fanno andare il mondo, mettendo cura e pazienza in lavori senza onori apparenti. Gratitudine per la bellezza spaventosa e dolce di questo posto chiamato Italia, edificato dal genio, dalla fede e dalla operosità dei nostri padri, sotto i cui cieli abitiamo e vediamo panorami per cui vale la pena essere venuti al mondo. Il nostro cuore decide di ringraziare, in questa fine d’anno. Per le cose che ci hanno corretto. Per quelle che, pure facendoci soffrire, ci hanno legato di più a ciò che vale. E ringraziare per le cose da niente, i 'buongiorno' scambiati per le scale, i 'se hai bisogno di una mano, ci sono' che ci hanno detto anche con gesti silenziosi. Vogliamo rendere grazie per la benedizione dei bambini nostri e per quelli degli altri. Per i loro visi dove tutto reinizia. E per la pazienza dei nostri anziani, che onorano il tempo senza sentirlo come una ingiustizia, ma come un chiarimento. Vogliamo ringraziare per la pazienza preziosissima dei sofferenti nel corpo, nella mente. Per chi è restato senza lavoro, ma non senza dignità. Per le cose che non fanno mai notizia, come la cura e l’amicizia offerta da tanti a chi è solo. Per il mare di bene che con onde silenziose sostiene il nostro viaggio.
Ora che l’anno finisce strapperemo il cuore dalle mani del demonio lamentoso che vorrebbe non farci vedere come i cuori di tutti cercano il bene. Ora che finisce l’anno con tutte le sue ferite e le sconfitte e le perdite, ringrazieremo per tutti i doni, e per il segreto bene che si nasconde anche nel patimento se una mano ci passa sugli occhi come ai bambini. Ringrazieremo per tutti gli abbracci silenziosi. Per i baci di amicizia e di amore scambiati. Per le cose da niente che non fanno notizia ma hanno fatto la vita e la speranza per questo anno che finisce. E ringrazieremo per il dono più misterioso di tutti, la fede. Per le mani che ce lo hanno offerto, per i volti che lo hanno confermato in mezzo alle tenebre dell’anno. Per i dolci amici che ci hanno parlato di Lui, Signore buono dell’anno che va e dell’istante che viene.

Davide Rondoni