sabato 13 marzo 2010

Provocazione

Quante cose, quante situazioni, quante stranezzechiavi.jpg
accadono ogni giorno attorno a noi?
Ci sono situazioni verso le quali scegliamo
la linea dell’indifferenza perchè il coinvolgimento
sarebbe troppo scomodo.
Ce ne sono altre in cui ci buttiamo a capofitto
perchè ci crediamo.
E altre ancora verso le quali scegliere
resta un vero e proprio enigma irrisolto…
Eppure tutto ciò che si muove attorno ci chiama,
ci provoca, ci spinge a rispondere…
Chiamandoci a scegliere,
ogni realtà ci permette di crescere!

http://cantalavita.wordpress.com/giornalisti-evangelizzazione/

Occorre far fe­sta!


Qui termina il racconto di Gesù,
ma sulla conclusione della vicenda restano aperti interrogativi fonda­mentali

per noi che leggiamo la parabola.
È entrato il fratello a fare festa?
E il padre, è entrato lascian­do il figlio maggiore fuori,
oppure è ancora là che lo prega affinché la festa sia completa?
Questa parabo­la ci aiuta davvero a chiederci:
tu che chiami Dio Padre, quale im­magine di Dio hai?

L’immagine di un padre padrone?
Di un padre giusto, dotato di giustizia retributi­va?
O di un padre che ama senza porre condizioni?
Un padre che perdona sempre?
Gesù così ci in­terpella!
A ciascuno di noi la rispo­sta nel nostro cuore:
una risposta che possiamo dare solo nel penti­mento, tornando a Dio, nel segreto del cuore.
(Enzo Bianchi)



Siamo talmente distanti dalla visione di Dio che ci abbraccia ogni istante
che questa poca fede
ci costringe a inchiodarLo sulla croce
rendendo manifesto
il dubbio che abbia le mani aperte.
Eppure,
quando poniamo i primi passi sulla strada del ritorno,
il Padre lascia la torre sulla quale l'abbiamo lasciato correndoci incontro.

venerdì 12 marzo 2010

rientrò in se stesso e disse: Tornerò da mio padre...

Non sapeva
che il Padre non si era mai rassegnato
alla partenza del figlio.
Il figlio è sempre figlio,
anche quando sbaglia
e l'amore vero lo si misura nel perdono.
Non sapeva
il figlio
che il padre non si era mai allontanato dalla porta di casa.
Era sempre rimasto lì in attesa di un ritorno
che era certo sarebbe avvenuto.
E difatti:
"Quando era ancora lontano,
il padre lo vide e commosso
gli corse incontro,
gli si gettò al collo
e lo baciò".
Non diede neppure il tempo al figlio di esprimere il suo dolore.
Gli bastava che lui ora fosse lì tra le sue braccia.
"Portate qui il vestito più bello
e rivestitelo,
mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi
facciamo festa
perché questo mio figlio era morto
ed è tornato in vita,
era perduto ed è stato ritrovato".

Veramente è un racconto della misericordia del Padre che
nessun uomo sarebbe mai stato capace di scrivere,

ma è opera delle dita di Dio,

scritto con l'inchiostro della dolcezza,
che chiude le porte dell'inferno per aprire quelle del Paradiso.

Una parabola scritta per noi uomini peccatori che, troppe volte, non riusciamo a coglierne tutta la bellezza.
Ed è un vero peccato che continuiamo a vivere 'rubando ghiande ai porci' quando
potremmo partecipare alla festa del Cielo.

Noi uomini che ci facciamo soffocare dalle braccia di falsi amici, che avvelenano la vita,
ed abbiamo paura di abbandonarci alle braccia del Padre nella riconciliazione.
E' la inconfessata durezza della nostra superbia, che stoltamente rifiuta di "rientrare in se stessi e dirsi:
tornerò da mio Padre e gli dirò Padre ho peccato".
E' davvero incomprensibile questo atteggiamento di rifiuto dell'amore,
che costa la pena di sentirsi condannati al fango, che soffoca.
don Antonio Riboldi

I cristiani



I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per territorio,
né per lingua, né per modo di vestire.
Abitano ciascuno la propria patria, ma come stranieri residenti;
a tutto partecipano attivamente come cittadini,
e a tutto assistono passivamente come stranieri;
ogni terra straniera è per loro patria, e ogni patria terra straniera.
Si sposano come tutti e generano figli, ma non abbandonano la loro prole.
Mettono in comune la mensa, ma non il letto.
Si trovano nella carne, ma non vivono secondo la carne.
Passano la vita sulla terra, ma sono cittadini del cielo.
Obbediscono alle leggi stabilite, eppure con la loro vita superano le leggi.
Amano tutti, eppure da tutti sono perseguitati.
Non sono conosciuti, eppure sono condannati;
sono messi a morte eppure ricevono la vita.
Sono poveri eppure rendono ricchi molti;
sono privi di tutto, eppure abbondano in tutto.
Sono disprezzati, eppure nel disprezzo sono glorificati;
sono calunniati, eppure sono giustificati.
Insultati, benedicono; offesi, rendono onore.
Fanno il bene, e sono castigati come malfattori;
castigati, si rallegrano come se ricevessero la vita.

A Diogneto 5,15.16

Il presente è sempre invisibile


...I media sono quindi degli ambienti che consentono una grande visibilità, ma tendono a essere “invisibili” nel loro modo di operare. Per questo McLuhan scriveva: “Il presente è sempre invisibile perché ambientale. Nessun ambiente è percettibile, semplicemente perché satura l’intero campo dell’attenzione”.

Solo la consapevolezza di come i media funzionano, estendendo in un certo modo la nostra sensorialità, e ci “massaggiano”, immergendoci in un ambiente di stimolazioni sensoriali intense, può renderci capaci di sfruttare le opportunità del continente digitale, senza rimanere “narcotizzati”. Perchè, sempre per citare McLuhan, “Quando il coinvolgimento è massimo, ne siamo quasi istupiditi”. http://eradeltestimone.blog.testimonidigitali.it/wordpress-mu/

giovedì 11 marzo 2010

Carlo Carretto: Perché stare nella Chiesa?



"Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo! Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo! Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità! Nulla ho visto nel mondo di più oscurantista, più compromesso, più falso, e nulla ho toccato di più duro, di più generoso, di più bello.

Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porta della mia anima, e quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure.

No, non posso liberarmi di te, perché sono te, pur non essendo completamente te.
E poi, dove andrei? A costruirne un'altra?



Ma non potrò costruirla se non con gli stessi difetti, perché sono i miei che porto dentro. E se la costruirò sarà la Mia Chiesa, non più quella di Cristo.

L'altro ieri un amico ha scritto una lettera ad un giornale: "Lascio la Chiesa perché, con la sua compromissione con i ricchi non è più credibile". Mi fa pena!
O è un sentimentale che non ha esperienza e lo scuso; o è un orgoglioso che crede di essere migliore degli altri.

Nessuno di noi è credibile finché è su questa terra. San Francesco urlava: "Tu mi credi santo, e non sai che posso ancora avere dei figli con una prostituta, se Cristo non mi sostiene".

La credibilità non è degli uomini, è solo di Dio e del Cristo. Degli uomini è la debolezza e semmai la buona volontà di fare qualcosa di buono con l'aiuto della grazia che sgorga dalle vene invisibili della Chiesa visibile.
Forse la Chiesa di ieri era migliore di quella di oggi? Forse che la Chiesa di Gerusalemme era più credibile di quella di Roma?".
(…)
"Quando ero giovane non capivo perché Gesù, nonostante il rinnegamento di Pietro, lo volle capo, suo successore, primo papa. Ora non mi stupisco più e comprendo sempre meglio che avere fondato la Chiesa sulla tomba di un traditore, di un uomo che si spaventa per le chiacchiere di una serva, era un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nella umiltà e nella coscienza della propria fragilità.
No, non vado fuori di questa Chiesa fondata su una pietra così debole, perché ne fonderei un'altra su una pietra ancora più debole che sono io".
(…)

"Ma poi c'è ancora un'altra cosa che è forse più bella. Lo Spirito Santo, che è l'Amore, è capace di vederci santi, immacolati, belli, anche se vestiti da mascalzoni e adulteri.
Il perdono di Dio, quando ci tocca, fa diventare trasparente Zaccheo il pubblicano, e immacolata la Maddalena, la peccatrice.

È come se il male non avesse potuto toccare la profondità metafisica dell'uomo. E' come se l'Amore avesse impedito di lasciare imputridire l'anima lontana dall'Amore. "Io ho buttato i tuoi peccati dietro le mie spalle", dice Dio a ciascuno di noi, e continua: "Ti ho amato di amore eterno, per questo ti ho riservato la mia bontà. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine Israele" (Ger 31,3-4).

Ecco, ci chiama "vergini" anche quando siamo di ritorno dall'ennesima prostituzione nel corpo e nello spirito e nel cuore.

In questo, Dio è veramente Dio, cioè l'unico capace di fare le "cose nuove".
Perché non m'importa che Lui faccia i cieli e la terra nuovi, e più necessario che faccia "nuovi" i nostri cuori.
E questo è il lavoro di Cristo.
E questo è il lavoro divino della Chiesa.

Volete voi impedire questo "far nuovi i cuori", scacciando qualcuno dall'assemblea del popolo di Dio?
O volete voi, cercando altro luogo più sicuro, mettervi in pericolo di perdervi lo Spirito?".

Fratel Carlo Carretto
http://paroledivita.myblog.it/archive/2010/03/09/carlo-carretto-perche-stare-nella-chiesa.html#more

mercoledì 10 marzo 2010

Il fuoco interiore

Il silenzio custodisce il fuoco interiore
Uno dei significati positivi del silenzio, scriveva ancora Henry Nouwen, è che esso protegge il fuoco interiore, conserva il calore intimo della vita dello Spirito santo in noi. Il nostro primo compito è di accudire fedelmente al fuoco interiore, per poter, in caso di vero bisogno, offrire calore e luce ai viandanti che si sono perduti.
“Nessuno ha espresso questo con più convinzione - scrive Nouwen - del pittore olandese Vincent Van Gogh: ‘Vi può essere un gran fuoco nella nostra anima, eppure nessuno viene mai a scaldarvisi. E il passante scorge solo un filo di fumo che esce dal comignolo e prosegue per la sua via. Ecco, che cosa si deve fare ora? Si deve alimentare il fuoco interiore, non mancare di sale dentro di sé, attendere pazientemente, dominando la propria impazienza, l’ora in cui qualcuno verrà e siederà’.
Van Gogh conobbe la tentazione di aprire la porta, in modo che il passante potesse vedere il fuoco e non soltanto il fumo che esce attraverso il comignolo. Ma comprese anche che, se così avesse fatto, il fuoco si sarebbe spento e nessuno avrebbe trovato calore e rinnovata forza”.

Tutto questo i Padri del deserto lo avevano ribadito secoli prima:
“Quando la porta della sala da bagno è lasciata aperta in continuazione, il calore se ne va alla svelta attraverso di essa; parimenti l’anima, nel suo desiderio di dire molte cose, disperde la memoria di Dio attraverso la porta del discorso, anche se tutto ciò che dice può essere buono. Così l’intelletto, pur non avendo idee appropriate, riversa un tumulto di idee confuse su chiunque incontra, perché non ha più lo Spirito santo che lo mantiene libero dalle fantasticherie. L’opportuno silenzio, dunque, è prezioso, è anzi il pane dei pensieri più saggi” (Diadoco di Fotica).

- Nadia Bonaldo - http://www.paoline.it

martedì 9 marzo 2010

L'etica in un mondo di consumatori- libro di Bauman

Il libro che avete tra le mani è un rapporto da un campo di battaglia...
Lo sforzo corrente di comprendere il mondo - questo mondo, qui e ora, apparentemente familiare, ma che non risparmia sorprese, negando oggi quel che ieri lasciava intendere fosse vero e offrendo al tempo stesso scarse garanzie che ciò che oggi, al calar del sole, riteniamo vero, non venga rigettato all'alba di domani - è effettivamente una lotta.
(Zygmunt Bauman)

domenica 7 marzo 2010

Stare in piedi, innanzitutto, poi la letteratura!

L'arte di stare in piedi, di tenere la rotta suppone appunto un orizzonte più felice verso il quale dirigersi. Ciò che mina questa progressione non è la sofferenza né lo scacco, ma la disperazione. Smettere di sperare significa confessarsi sconfitti senza neanche raccogliere la sfida, significa rendere vani tutti i nostri sforzi. La formazione della personalità esige, come singolare punto di partenza, una spoliazione radicale: (ri)conoscersi vulnerabile, perfettibile, prendere coscienza del proprio evolvere su un terreno incerto, cercare di sapere perché si combatte... gioiosamente.
(Alexandre Jollien -Il mestiere di uomo 2003 EDIZIONI QIQAJON COMUNITÀ DI BOSE)

...Dalle pagine di Jollien non emerge alcun esplicito discorso di fede: come già nel precedente Elogio della debolezza, appare solo di sfuggita la figura di un anziano e saggio cappellano del convitto per handicappati, uomo di fede capace di appassionare Alexandre alla "filosofia", cioè a quell'"amore per la sapienza" che è amore per la vita e per la ricerca di un senso alle cose, anche al dolore. Eppure, nonostante questa sobrietà che si accontenta di accennare alla fede di una persona "affidabile" senza per questo dichiararsi a propria volta "fedele", le pagine di Jollien richiamano alla memoria le parole di un monaco capace di dialogo perché capace di dubitare delle proprie certezze, Thomas Merton che, in una conferenza tenuta in Asia pochi giorni prima della sua improvvisa scomparsa, così affermava: "I monaci, gli hippies, i poeti - e i portatori di handicap, potremmo aggiungere noi - sono persone che contano? No, noi siamo deliberatamente irrilevanti. Viviamo con quell'irrilevanza congenita che è propria di ogni essere umano. L'uomo marginale accetta l'irrilevanza fondamentale della condizione umana, che si manifesta soprattutto con la morte, la quale mette in discussione il significato della vita. Questa gente combatte la morte dentro di sé, cercando qualcosa di più profondo della morte; perché c'è qualcosa di più profondo della morte, e il compito del monaco o della persona marginale, del meditativo e del poeta è quello di andare al di là della morte anche in questa vita, di andare al di là della dicotomia vita-morte ed essere perciò un testimone della vita".
Ecco, Alexandre è uno di questi "testimoni della vita", capaci di narrarci con parole trasparenti e, soprattutto, con la disarmante semplicità della loro vita, che ciascuno di noi è più grande dei propri limiti, delle proprie malattie, dei propri handicap, che ciascuno di noi non è riducibile alla menomazione che lo caratterizza, non è identificabile con la ferita che lo abita, non è mortificabile con l'aggettivo che lo delimita. Per fare questo si è abituati a pensare che occorra la fede, "eppure - è ancora Merton a ricordarcelo - non appena si parla di fede nei termini di questa vita marginale, ci si imbatte in un altro problema: fede vuol dire dubbio. La fede non è la soppressione del dubbio. È la vittoria sul dubbio, e il dubbio si vince passandoci in mezzo!"...( da Il mestiere di uomo Prefazione di Guido Dotti)

«Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire..."

Un'altra possibilità.
Ma non ti sei ancora stancato, o Signore?
Al posto tuo io avrei già lasciato perdere.
Ma tu, incredibilmente,
sei ostinato nel darci fiducia,
perché sai di che pasta siamo fatti,
perché sai che in noi
splende l’immagine di Te.
È sorprendente vedere quanta fiducia hai in noi,
nonostante i nostri peccati,
le nostre chiusure, le nostre aridità.
Ti ringraziamo o Padre,
perché ancora una volta ci dai
l’ennesima possibilità,
di convertirci,
di cambiare il nostro cuore,
di aprire la nostra mente,
per sentire, vedere, comprendere
e seguire Te. Amen.
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