sabato 23 ottobre 2010

per arrivare a Dio bisogna scendere


“ Io pensavo che per arrivare a Dio
 fosse necessario salire, salire e invece,
 leggendo il Vangelo, 
 ho capito che per arrivare a Dio

 bisogna scendere, scendere, scendere

 perché tutto il mistero di Gesù Cristo
 non è altro che una  discesa:

 è disceso per farsi uomo, 

 è disceso nascendo a Betlemme nella povertà,

 è disceso vivendo a Nazareth nell’umiltà,

 è disceso soprattutto nel mistero della croce."
                                          Charles de Foucauld


"Non c'e via che porti alla pace
 sulla via della sicurezza.
 Poichè per la pace bisogna osare.
 E' un grosso rischio,
 e non vi è assicurazione che lo copra.
 La pace è il contrario di assicurazione.
 Pretendere delle sicurezze significa  essere diffidenti,
 e questa diffidenza genera nuovamente  guerra.
 Cercare delle sicurezze significa voler proteggere  se stessi.
 Pace significa abbandonarsi totalmente alla volontà di Dio,
 non voler sicurezze,
 ma rimettere nelle mani del Dio onnipotente
 la storia dei popoli ,
 con fede e obbedienza, senza cercare di disporne
 egoisticamente 
 Le battaglie non si vincono con le armi ma con Dio."
                                                    Dietrich Bonhoeffer

  E NON CHIEDERE NULLA  

Ora invece la terra si fa sempre più orrenda;
il tempo è malato i fanciulli non giocano 
più le ragazze non hanno più occhi che splendono a sera. 
E anche gli amori non si cantano più,
le speranze non hanno più voce,
i morti doppiamente morti  
al freddo di queste liturgie:  
ognuno torna alla sua casa sempre più solo.  
Tempo è di tornare poveri  
per ritrovare il sapore del pane,  
per reggere alla luce del sole,  
per varcare sereni la notte
e cantare la sete della cerva. 
E la gente, 
l'umile gente abbia ancora chi l'ascolta,  
e trovino udienza le preghiere.  
E non chiedere nulla.               
                                    David Maria Turoldo  

venerdì 22 ottobre 2010

Dare un senso alla vita può sfociare in follia ma una vita senza senso...


Dare un senso alla vita

Ho osservato tante volte il marmo che mi hanno scolpito – una nave alla fonda con la vela ammainata. In realtà non rappresenta il mio approdo ma la mia vita.
Perché l’amore mi fu offerto ma fuggii le sue lusinghe;
il dolore bussò alla mia porta ma ebbi paura;
l’ambizione mi chiamò, ma paventai i rischi.
Eppure bramavo sempre di dare un senso alla vita.
Ora so che bisogna alzare le vele e farsi portare dai venti della sorte dovunque spingano la nave.
Dare un senso alla vita può sfociare in follia ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vago desiderio – è una nave che anela al mare ardentemente ma ha paura.

[Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River, "George Gray"]

giovedì 21 ottobre 2010

prendersi reciprocamente carico dell’altrui e nostra debolezza...pian pianino come le formicole


In un secolo, il XIX, di padri terribili (da quello, crudele, della Monaca di Monza neiPromessi Sposi al soffocante padre di Enrico in Cuore), la figura di Geppetto incarna una charitas che, superando l’obbligo di natura, fa del rapporto padri-figli un incessante percorso di donazione-conversione: ci si dona per esser padri, ci si converte per essere figli. In un secolo, il nostro, ove le tecniche e le ragioni “biologiche” stanno inventando ogni sorte di progenitura e di affiliazione, la lezione di Collodi rimane luminosa alternativa ai dettami del bíos : ciò che fa umano il nostro consorzio è il prendersi reciprocamente carico dell’altrui e nostra debolezza: «Appoggiatevi pure al mio braccio, caro babbino, […] cammineremo pian pianino come le formicole, e quando saremo stanchi ci riposeremo lungo la via».    
La scuola scelse Cuore, ma è tornato il tempo di Geppetto.

Il continente interiore" di Carlo Ossola

ma lui avanza, gli viene il dubbio, ma lui avanza

Strano personaggio, Claudio Damiani. Nonostante sia tra i maggiori poeti italiani viventi, si guarda bene dal darlo a vedere.Insegna latino al liceo. È un po’ come la sua poesia: semplice, cordiale, di un’eleganza senza calcolo. I suoi versi sembrano parlare soltanto di un lago, di una montagna o dei suoi cari… eppure, non si sa bene come, ci trovi dentro l’universo intero. (Poesie 1984-2010, Fazi, pp. 168, € 15),
«Che cos’è questa vita?
Non lo sappiamo, ma camminiamo uniti,
teniamo puliti i sentieri
con genitori e figli,
con la terra, con la natura e il cosmo.
In ogni essere, anche inanimato, è il peso
dell’esistere e del suo mistero,
egli lo porta tutto sulle sue spalle
come un eroe, come una formica un peso più grande di lei,
e cammina nella neve, affondando nella tempesta,
avanza lentamente arrancando,
ma cammina e non si scoraggia,
il vento gelido gli soffia sulla faccia,
ma lui avanza,
gli viene il dubbio, ma lui avanza,
c’è una forza che lo sostiene,gli fa trovare la strada dove tutto è bianco,
dove sepolta è ogni strada.
Sì, c’è una forza che si fa strada»,
dice Li Po, mentre si siede
su un vecchio tronco tagliatonella tempesta che sopravanza,
che, per un po’, si placa.
Dice Li Po ad alta voce,
e non c’è nessuno a ascoltarlo.

Se siamo così tanti
vuol dire che non c’è morte
perché non possiamo morire così in tanti,
se le galassie sono così tante
se tra viventi e non viventi non c’è poi tanta
differenza, e se dovunque è il vivente
come dovunque è l’idrogeno
e se la plastica che abbiamo inventato
in qualche modo è in natura,
se ciò che facciamo non è artificiale
ma imitazione della natura,
natura stessa perché noi siamo natura,
parte di lei, messi da lei
a creare esseri artificiali
sotto il suo comando,
allora la morte ha poco da dire
e insieme tantissimo, è qualcosa che ci appartiene
e non ci è estranea
qualcosa che ci accomuna, e ci riunisce,
qualcosa di bello, che adesso ci fa paura
ma quando arriverà sarà un’esperienza grande
più grande della nascita, più grande dell’amore
e saremo contenti di poterla vivere insieme.

mercoledì 20 ottobre 2010

la vera conoscenza

"Nello stesso tempo in cui io raccolgo i concetti e li_dispongo in ordine, c'è in me una facoltà che è come l'occhio del mio occhio, l'orecchio del mio orecchio, lo spirito del mio spirito.
Non so come chiamarla. Indichiamola,se vuoi con una parola vaga,cuore , la facoltà che, mediante i concetti, unisce misteriosamente la realtà intima che è in me con la realtà intima che si cela nelle cose.Questa azione in profondità é la vera conoscenza".


(J. Guitton , L'assurdo e il mistero,Rusconi, Milano I996)

martedì 19 ottobre 2010

perdonare


Perdonare non significa soltanto essere altruisti, è il modo migliore di agire nel proprio interesse: tutto ciò che rende gli altri meno umani rende meno umani anche noi.
Perdonare rende le persone più flessibili, più capaci di sopravvivere mantenendo la propria umanità malgrado tutti gli sforzi per disumanizzarle.
Desmond Tutuper

lunedì 18 ottobre 2010

non ti perdere l’oggi


Se io potessi vivere un’altra volta la mia vita,
nella prossima cercherei di fare più errori
non cercherei di essere tanto perfetto, [...]
correrei più rischi,
farei più viaggi,
guarderei più tramonti,
salirei più montagne,
nuoterei più fiumi,
andrei in posti dove mai sono andato,
mangerei più gelati e meno fave,
avrei più problemi reali e meno immaginari. [...]
Nel caso non lo sappiate, di quello è fatta la vita,
solo di momenti, non ti perdere l’oggi.
(Da “Istanti” di Jorge Luis Borge)

domenica 17 ottobre 2010

La cosa peggiore non è soffrire (come quella vedova), ma adattarsi alla sofferenza ("tutti soffrono!"), giustificarla ("la sofferenza ti insegna cose importanti"), assecondarla ("se è volontà di Dio, la accetto")

 Quando sei nato non puoi più nasconderti
don Marco Pedron  
XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (21/10/2007)
Vangelo: Lc 18,1-8  

In questo vangelo la vedova è la parte ferita, lesa, vulnerabile, quella che sente le emozioni. La vedova è una parte di noi.
Ma dentro di noi c'è anche il giudice. E' quella voce che dice: "Tientelo per te; non far vedere quello che provi; non farti vedere che piangi; non farai mica vedere che ci sei stato male?; non farai mica vedere che ti sei arrabbiato per queste cose?; non farti vedere che sei triste; non mostrare che sei preoccupato; non farai mica vedere che questo è un problema per te?; non farai mica vedere che hai paura?". Il giudice è quella voce dentro di noi che dice: "Zitto; mettiti in un angolo!; egoista, pensi sempre a te!; c'è chi sta peggio di te!; sai come lo farai star male se esprimi questa cosa!; bisogna adattarsi (=subire)". Il giudice dice: "Non creare casini!; poi si litiga; poi si arrabbia; è un tuo genitore, gli devi rispetto!; se alzi la voce poi provi un'emozione forte dentro di te; poi ne sei scombussolato; se lo fai ti rifiuta o ti lascia; se lo fai te la farà pagare; con tutto quello che fa per te!, ecc".
E poi quella voce distruttiva che ci hanno passato: "Porta pazienza!". Col cavolo, che porto pazienza! Con questa strategia c'è stato imposto di tutto, c'è stato fatto sopportare di tutto e di più. Le atrocità della vita accadono per due motivi: uno perché c'è chi le fa; e due perché c'è chi lo sa e non dice nulla.
Nel vangelo la vedova interviene: "Col cavolo!, che me ne sto zitta! Rivendico i miei diritti; rivendico il mio diritto di parola; rivendico la mia dignità; rivendico il rispetto; rivendico che ci sono anch'io". La vedova dice: "Per niente al mondo tu o giudice mi chiuderai la bocca; io voglio che la mia situazione, la mia emozione, sia considerata".
Quando sei nato non puoi più nasconderti (titolo di un film di Marco Tullio Giordana): ci sei, esisti! Fatti sentire, non nasconderti.
Fai come la vedova: non ingoiare e non farti andare bene la sofferenza. La cosa peggiore non è soffrire (come quella vedova), ma adattarsi alla sofferenza ("tutti soffrono!"), giustificarla ("la sofferenza ti insegna cose importanti"), assecondarla ("se è volontà di Dio, la accetto").
Una donna: "Mio marito va sempre al bar; non mi parla e quando è in casa pretende un sacco di cose da me. Devo essere sempre disponibile, fisicamente e moralmente. Quando lui parla io devo essere pronta per lui". Poi continua: "Io offro tutto a Dio. E' il mio sacrificio per Lui". Non credere che Dio sia contento del tuo sacrificio. Dio vuole la vita non la morte (tua). Dio è più felice, e tu stai meglio, se inizi a mettere dei paletti, a dirgli di no, smettendo di subire.
Il silenzio di tuo marito ti ferisce. Glielo dici o no? Da una parte stai male, ma dall'altra se tiri fuori la questione si creano delle tensioni. Che si fa? Una voce ti dice: "Porta pazienza, stai zitta". Un'altra ti dice: "Fa' sentire la tua sofferenza".
Al lavoro: non ti senti considerato. Una voce dice: "E' così, sei dipendente, non comandi tu, non puoi fare niente". L'altra: "E' giusto che tu tiri fuori ciò che non fa".
Eredità: quattro fratelli maschi e una sorella femmina. I fratelli decidono (in base a cosa non si capisce) che, se la loro sorella vuole la sua parte di eredità, si prenderà in casa la madre sola. Non è giusto, ma lei abituata a subire, non sa cosa fare ed è paralizzata dal senso di colpa: "Ma come faccio a dire di no a mia madre?". Non è questo punto: cinque fratelli, diritti e doveri uguali per tutti.
Il padre superiore sposta di mansione un confratello (in questi momenti si è sempre confratelli! bah!?), mettendolo in un posto dove lui non vuole andarci. Sa che se ci andrà il padre superiore sarà molto contento e guadagnerà stima ai suoi occhi (il papà di un tempo). Dice lui: "E poi io sono tenuto all'obbedienza" (l'obbedienza non è servilismo). Solo che andarci è tradire se stesso. Ma se non ci andrà deluderà il padre superiore. Che si fa? Tradire se stessi e accettare; oppure deludere il superiore e dirgli di no?

La vedova e il giudice sono dentro di te. La vedova dice: "Voglio giustizia anche per me! Voglio vivere! Ci sono anch'io!".
Il giudice dentro di te invece dice: "Come ti permetti? Zitta tu! Non rompere".
Il vangelo ti invita e ti stimola: "Tira fuori la tua voce; lotta per la tua causa; se rompi a qualcuno, pazienza: il fatto di esistere comporta che non puoi andare bene a tutti; fatti sentire; non ti arrendere".
La cosa peggiore che tu puoi fare a te è metterti il bavaglio e condannarti al silenzio forzato. Non ucciderti, amati: datti spazio e datti voce; tu ci sei, fatti sentire.

Pensiero della settimana
Esisto; io esisto. Dio lo vuole: per questo ci sono.
Non devo dimostrare a nessuno il mio valore.
Non devo meritarmi e "fare il bravo" per esserci.
Non devo giustificare ciò che faccio per non farmi rifiutare.
Non devo comprarmi l'approvazione degli altri adeguandomi.
Non devo nascondermi per ciò che io o i miei familiari hanno fatto.
Non devo adeguarmi al sistema per avere il diritto di esserci.
Vi piaccia o no; voluto o non voluto, io ci sono e la Vita mi vuole.
Ho tutto il diritto ad esserci: Dio lo vuole, per questo ci sono.

Possono perché credono di potere

Norman Cousin diceva: "Per guarire non sempre i farmaci sono necessari, ma la fede sempre". E' stato fatto un esperimento su pazienti ulcerosi. Divisi in due gruppi: al primo fu somministrato un farmaco nuovo, sperimentale ma che, dicevano i medici, aveva poteri straordinari; addirittura, forse, li avrebbe fatti guarire. Infatti il 70% di loro ottenne da piccoli ad enormi benefici. Al secondo gruppo fu somministrato un farmaco i cui effetti, a detta dei medici, erano totalmente ignoti. Solo il 25% dei pazienti ottenne dei miglioramenti. Essendo lo stesso farmaco per i due gruppi, vedete che differenza! Il primo gruppo aveva una speranza, una fiducia nel farmaco, molto più grande del secondo gruppo, e si è visto! Ma non è questo la cosa straordinaria: il farmaco, in entrambi i casi, non era un farmaco. Non aveva nessun proprietà. Solo che i pazienti non lo sapevano.
C'è un uomo che a 31 anni è fallito come uomo d'affari; a 32 è stato bocciato ad un'elezione politica; a 34 un'altra bocciatura politica; a 35 gli è morta l'amata moglie; a 36 ha avuto un crollo psichico; a 38 ha perso un'altra elezione politica; a 43 non è riuscito a farsi eleggere deputato; a 46 e a 48 ci ha riprovato ed è stato di nuovo bocciato; a 55 non è riuscito a farsi eleggere senatore e così a 58. Uno sfigato? A 60 anni è stato eletto presidente degli Stati Uniti. Il suo nome è Abraham Lincoln.
Virgilio dice una cosa meravigliosa: "Possono perché credono di potere".
Se tu non credi di potercela fare, non ce la farai. Si racconta questa storia: il grande generale giapponese Nobunaga decise di attaccare anche se aveva solo un soldato per ogni dieci soldati nemici. Era sicuro che avrebbero vinto, ma i suoi soldati erano pieni di dubbi. Mentre erano in cammino verso il campo di battaglia, si fermarono ad un santuario scintoistico. Dopo aver pregato nel santuario, Nobunaga uscì e disse: "Ora getterò in aria una moneta. Se viene testa vinceremo. Se croce, prederemo. Ora il destino rivelerà il suo gioco". Gettò in aria una moneta. Venne testa. I soldati erano così desiderosi di combattere che vinsero facilmente la battaglia. Il giorno dopo un assistente disse a Nobunaga: "Nessuno può cambiare il destino". "Giustissimo", disse Nobunaga, mostrandogli una moneta che aveva testa su entrambe la facce. Se tu credi, sarà!
Al contrario Outlaw dice: "Occhio ai tuoi pensieri, perché si trasformano in parole! Occhio alle tue parole, perché si trasformano in azioni! Occhio alle tue azioni, perché si trasformano in atteggiamenti! Occhio ai tuoi atteggiamenti perché si trasformano in carattere! Occhio al tuo carattere perché si trasforma in destino".