sabato 17 dicembre 2011

milioni di minuti


VIVERE L’AMORE COMUNQUE E DOVUNQUE

<<La sera dell’Assunzione del 1975 fui arrestato nel palazzo della presidenza e mi portarono in una parrocchia vicino alle montagne, a 15 Km dal vescovado. Mi resi conto che non avevo ormai alcuna possibilità di decisione e mi ricordai di un vescovo americano che fu prigioniero in Cina e che quando fu rilasciato non poteva più camminare. Arrivato in America, fu intervistato e la prima cosa che disse fu di avere passato il suo tempo ad aspettare. In carcere tutti attendono ad ogni istante la liberazione, ma io mi sono detto, mentre mi stavano accompagnando, che era un’illusione sperare di tornare a Roma e di fare un lavoro importante perché la cosa più probabile, nelle condizioni in cui mi trovavo, era che sopraggiungesse la morte. Decisi quindi che non avrei aspettato, che avrei vissuto il momento presente e che lo avrei colmato di amore."
"E’ vivendo il presente che si possono adempiere bene i doveri di ogni giorno. E’ vivendo il presente che le croci diventano sopportabili; è vivendo il presente che si possono cogliere le ispirazioni di Dio, gli impulsi della sua grazie. E’ vivendo il presente che possiamo costruire fruttuosamente la nostra santità. Bisogna essere l’amore nel momento presente, con Dio e con tutti. Si possono fare grandi cose, ma è difficile fare bene tutto; solo nella santità si può farlo. L’uomo realizza se stesso nella comunione con Dio dicendo di sì a Lui in ogni momento della sua vita, rispondendo al sì che Dio ha detto creandolo per amore. Se non posso fare nulla in una data circostanza, o per una persona cara in pericolo o malata, posso però fare quello che si vuole da me in quel momento: studiare bene, pulire bene, pregare bene… Basta vivere nell’amore." "Anche quando sono uscito dalla prigione ho continuato a dirmi: "Io non aspetterò. Vivo il momento presente colmandolo di amore". Ciascuna parola, ciascun gesto, ciascuna telefonata, ciascuna decisione è la cosa più bella ed importante della mia vita. Riverso in ogni azione il mio amore, il mio sorriso, ho paura di perdere un secondo, vivendo senza senso.
Credo che anche per te il momento più bello è il momento presente. Vivilo in pieno nell’amore di Dio. La tua vita sarà meravigliosamente bella se sarà un cristallo formato da milioni di istanti vissuti con amore. I doveri di ogni istante, sotto le loro oscure apparenze, nascondono la verità del divino volere. Essi sono come il sacramento del momento presente. Per fare una linea retta, bisogna fare migliaia di punti e, se facciamo bene ogni punto, essa diventa una bella linea retta. La nostra vita è formata da milioni di minuti; se viviamo bene ogni minuto abbiamo una vita santa. Non si può essere santi con intervalli, non si può vivere respirando ad intervalli perché bisogna respirare sempre."
Card. F.X.N. Van Thuan
SIGNORE, NON SONO CAPACE…

Credo, Signore, che sarei capace di compiere una volta, qualche atto straordinario. Un'azione che impegnerebbe tutto me stesso, se fossi sconvolto da una sventura, colpito da un'ingiustizia, se uno dei mie cari fosse in pericolo...
Ma ciò che mi umilia e spesso mi scoraggia, e che non sono capace di donare la mia vita pezzo a pezzo, giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto, donare, sempre donare... e darmi!
Questo non posso farlo e tuttavia è certamente ciò che tu mi chiedi...
Ogni giorno mille frammenti di vita da donare, in mille possibili gesti d'amore, che più non si vedono tanto sono abituali, e più non si notano tanto sono banali, ma di cui tu mi dici di aver bisogno per mettere insieme un'offerta e perché un giorno io possa dire in verità: Ai miei fratelli io ho donato tutta la mia vita.
E' ciò che desideri, Signore, ma non ne sono capace... non posso farlo, lo so, ed ho paura.

Figliolo, io non ti chiedo di riuscire sempre, ma di provarci sempre.
E soprattutto ascoltami, ti chiedo di accettare i tuoi limiti, di riconoscere la tua povertà e di farmene dono, perché donare la propria vita non vuol dire donare soltanto le proprie ricchezze, ma anche la propria povertà, i propri peccati.
Fa' questo, figliolo, e con i pezzi di vita sciupata, da te sottratti a tutti coloro che aspettano, colmerò i vuoti, dandoti in cambio la durata, perché nelle mie mani la tua povertà offerta, diventerà ricchezza per l'eternità.

                                                                              Michel Quoist

venerdì 16 dicembre 2011

ti dia un po' di gioia


IL CERCHIO DELLA GIOIA

Un giorno, non molto tempo fa, un contadino si presentò alla porta di un convento e bussò energicamente. Quando il frate portinaio aprì la pesante porta di quercia, il contadino gli mostrò, sorridendo, un magnifico grappolo d'uva.
"Frate portinaio" disse il contadino "sai a chi voglio regalare questo grappolo d'uva che è il più bello della mia vigna?".
"Forse all'Abate o a qualche frate del convento".
"No, a te!".
"A me?" Il frate portinaio arrossì tutto per la gioia. "Lo vuoi dare proprio a me?"
"Certo, perché mi hai sempre trattato con amicizia e mi hai aiutato quando te lo chiedevo. Voglio che questo grappolo d'uva ti dia un po' di gioia!".
La gioia semplice e schietta che vedeva sul volto del frate portinaio illuminava anche lui.
Il frate portinaio mise il grappolo d'uva bene in vista e lo rimirò per tutta la mattina. Era veramente un grappolo stupendo. Ad un certo punto gli venne un'idea: "Perché non porto questo grappolo all'Abate per dare un po' di gioia anche a lui?".
Prese il grappolo e lo portò all'Abate.
L'Abate ne fu sinceramente felice. Ma si ricordò che c'era nel convento un vecchio frate ammalato e pensò: "Porterò a lui il grappolo, così si solleverà un poco". Così il grappolo d'uva emigrò di nuovo. Ma non rimase a lungo nella cella del frate ammalato. Costui pensò infatti che il grappolo avrebbe fatto la gioia del frate cuoco, che passava le giornate ai fornelli, e glielo mandò. Ma il frate cuoco lo diede al frate sacrestano (per dare un po' di gioia anche a lui), questi lo portò al frate più giovane del convento, che lo portò ad un altro, che pensò bene di darlo ad un altro.
Finché, di frate in frate il grappolo d'uva tornò dal frate portinaio (per portargli un po' di gioia). Così fu chiuso il cerchio. Un cerchio di gioia.
(Bruno Ferrero, 40 storie nel deserto)

giovedì 15 dicembre 2011

È quando date voi stessi che date veramente.


Allora un uomo ricco disse: Parlaci del Dare.
E lui rispose:
Date poca cosa se date le vostre ricchezze.
È quando date voi stessi che date veramente.
Che cosa sono le vostre ricchezze se non ciò che custodite e nascondete nel timore del domani?
E domani, che cosa porterà il domani al cane troppo previdente che sotterra l’osso nella sabbia senza traccia, mentre segue i pellegrini alla città santa?
E cos’è la paura del bisogno se non bisogno esso stesso? Non è forse sete insaziabile il terrore della sete quando il pozzo è colmo?
Vi sono quelli che danno poco del molto che possiedono, e per avere riconoscimento, e questo segreto desiderio contamina il loro dono.
E vi sono quelli che danno tutto il poco che hanno.
Essi hanno la fede nella vita e nella sua munificenza, e la loro borsa non è mai vuota.
Vi sono quelli che danno con gioia e questa è la loro ricompensa.
Vi sono quelli che danno con rimpianto, e questo rimpianto è il loro sacramento.
E vi sono quelli che danno senza rimpianto né gioia e senza curarsi del merito.
Essi sono come il mirto che laggiù nella valle effonde nell’aria la sua fragranza.
Attraverso le loro mani Dio parla e attraverso i loro occhi sorride alla terra.
È bene dare quando ci chiedono, ma è meglio comprendere e dare quando niente ci viene chiesto. Per chi è generoso, cercare il povero è gioia più grande che dare.
E quale ricchezza vorreste serbare?
Tutto quanto possedete un giorno sarà dato.
Perciò date adesso, affinché la stagione dei doni posa essere vostra e non de vostri eredi.
Spesso dite: <<Vorrei dare, ma solo ai meritevoli!>>.
Le piante del vostro frutteto non si esprimono così, né le greggi del vostro pascolo.
Esse danno per vivere, perché serbare è perire.
Chi è degno di ricevere i giorni e le notti, è certo degno di ricevere ogni cosa da voi.
Chi merita di bere all’oceano della vita, può riempire la sua coppa al vostro piccolo ruscello.
E quale merito sarà grande quanto la fiducia, il coraggio, anzi la carità che sta nel ricevere?
E chi siete voi perché gli uomini i mostrino il cuore, e tolgano il velo al proprio orgoglio così che possiate vedere il loro nudo valore e la loro imperturbata fierezza?
Siate prima voi stessi degni di essere colui che dà e allo stesso tempo uno strumento del dare.
Poiché in verità è la vita che dà alla vita, mentre voi che vi stimate donatori non siete che testimoni.
E voi che ricevete – e tutti ricevete – non permettete che il peso della gratitudine imponga un giogo a voi e a chi vi ha dato.
Piuttosto i suoi doni siano le ali su cui volerete insieme.
Poiché preoccuparsi troppo del debito è dubitare della sua generosità che ha come madre la terra feconda, e Dio come padre.
(Tratto da "Il Profeta" di Kahlil Gibran)

mercoledì 14 dicembre 2011

il nostro silenzio che palpita del tuo messaggio


La gioia di credere
Poiché le parole non sono fatte per rimanere inerti nei nostri libri,
ma per prenderci e correre il mondo in noi,
lascia, o Signore, che di quella lezione di felicità,
di quel fuoco di gioia che accendesti un giorno sul monte,
alcune scintille ci tocchino, ci mordano, c'investano, ci invadano.
Fa' che da essi penetrati come "faville nelle stoppie"
noi corriamo le strade di città accompagnando l'onda delle folle
contagiosi di beatitudine, contagiosi di gioia.
Perché ne abbiamo veramente abbastanza
di tutti i banditori di cattive notizie, di tristi notizie:
essi fan talmente rumore che la tua parola non risuona più.
Fa' esplodere nel loro frastuono il nostro silenzio che palpita del tuo messaggio.
(Madeleine Delbrel)

martedì 13 dicembre 2011

scendere a prendermi per mano


Un cuore mendicante
Mi hai fatto povero
tra il sorriso delle stelle,
mi hai dato un cuore
mendicante per le strade…
Passai ramingo di porta in porta
e, quando la mia borsa si riempiva,
tu mandavi a derubarmi.
Al termine della lunga mia giornata
vengo a lagnarmi alla soglia
della tua ricca casa:
ecco la mia sporta vuota!
Ti vidi allora scendere
a prendermi per mano
e mi ritrovai seduto
accanto a te sul trono.

Rabindranath Tagore

lunedì 12 dicembre 2011

Se non posso fare qualcosa di grande


 Ma tu aspettavi me
Io ti cercavo Dio.
Volevo che tu mi convincessi della tua realtà
e mi dimostrassi la tua potenza
e la tua bontà.
Io ti chiedevo chiarezza
circa il senso di questa esistenza
enigmatica e confusa.
Ma tu aspettavi me.
Ti cercavo nel cielo.
Tu aspettavi me su questa terra,
qui dove Cristo è vissuto.
Tu volevi che io,
con parole e opere,
provassi la tua potenza
e la tua bontà.
Questo mi fa paura.
Hai aspettato invano?
Tutto è troppo grande per me, Signore,
e io sono troppo piccolo.
Signore, fa’ che io non disperi!
Se non posso fare qualcosa di grande,
concedimi almeno di essere fedele nell’impegno,
fammi sentire dove tu mi vuoi
e che cosa attendi da me.
Johann Bernitz Hygen



Prendici per mano
Prendici per mano, o Dio, nostro Padre.
Tu solo puoi guidarci nel nostro cammino
e aiutarci a superare ogni difficoltà.
Sappiamo di essere deboli e poveri,
ma tutto possiamo nella tua potenza
e nel tuo conforto.
Tu sei la nostra unica speranza:
ciò che è impossibile a noi,
è facilissimo nelle tue mani.
Tu sei un Dio vicino e ricco di misericordia:
rendici attenti alla tua presenza,
docili alla tua parola,
disponibili al tuo progetto di vita.
Trasforma con il tuo Spirito le nostre persone:
rendici più trasparenti e generosi,
capaci di ascoltare e di rispondere sempre,
capaci di pregare.
Fa’ che maggiormente uniti a te e tra di noi
siamo segno della tua carità verso tutti.
Alimenta la nostra speranza
con la certezza che non una lacrima,
uno sforzo,
una fatica sarà inutile,
se vissuta con amore verso te e i fratelli.
Tu solo puoi dare alla nostra mente,
consolazione al cuore,
pace allo spirito.
Fa’ che ti sappiamo riconoscere nell’istante,
nel quotidiano,
nella condizione concreta che viviamo,
per far bene e con amore ogni cosa.

domenica 11 dicembre 2011

la voglia di vedere come te la caverai con questa povera creatura che io sono

MI HAI FATTO PROPRIO BENE!

Signore, nel realizzare il tuo disegno eterno, mi hai chiamato all'esistenza in quel contesto di dati che sono la mia storia. Perché così e non in altro modo? Ti sei forse sbagliato? No.
Tu non mi hai creato per sbaglio, né per distrazione, né per contrattempo. Al momento giusto, all'ora tua, secondo il tuo disegno e la tua volontà, secondo la tua scelta, tu mi hai formato. Sono fatto bene per essere santo.
Se dicessi di no mi parrebbe di mancarti di riguardo, di dire che neppure a te riescono le cose come le vuoi, che anche a te capitano gli infortuni. Signore, sono fatto bene per te.
Alle volte perdonami se te lo dico, mi trovo fatto un po' meno bene per me. Ma confesso, sia pure con un po' di fatica, che è più importante essere fatto bene per te che per me. I miei limiti non devono essere motivo di cruccio per la mia superbia, né motivo di malumore quando gli altri li vedono.
Signore, ti benedico e ti ringrazio che mi hai fatto come mi hai fatto. Gli altri possono dire quello che vogliono. Io ho solo da dirti: grazie. Ho solo da benedirti, ho solo da sentire una riconoscenza eterna perché mi hai fatto come mi hai fatto. E quando gli altri trovano che sono uno sgorbio, più che una cosa buona, io, Signore, credo a te.
Alle volte mi prende la voglia di vedere come te la caverai con questa povera creatura che io sono.
E penso che la vita eterna sarà beata anche per questo: perché là capirò quello che adesso non capisco e mi spiegherò ciò che adesso è un mistero.
Card. Ballestrero