sabato 7 aprile 2012

Al mio ritorno chiederò conto di lei

una splendida metafora sulla famiglia, una parabola nella parabola:
Da Gerusalemme scendeva verso Gerico la famiglia. Scendeva per le vie tortuose e impervie della storia quando, a una svolta della strada, incontrò i Tempi Moderni. Non erano di natura loro briganti, non peggio di altri tempi, ma si accanirono subito contro la famiglia... le rubarono prima di tutto la fede, che bene o male aveva conservato fino a quel momento come un fuoco acceso sotto la cenere dei secoli. Poi la spogliarono dell'unità e della fedeltà, della gioia dei figli e di ogni fecondità generosa. Le tolsero infine la serenità del colloquio domestico, la solidarietà con il vicinato e l'ospitalità sacra per i viandanti e i dispersi. La lasciarono così semiviva sull'orlo della strada e se ne andarono a banchettare, ridendo della sorte sventurata della famiglia.
Passò per quella strada un sociologo, vide la famiglia sull'orlo della strada, la studiò a lungo e disse: «Ormai è morta». Le venne accanto uno psicologo e sentenziò: «L'istituzione familiare era oppressiva. Meglio che sia finita!».
La trovò infine un prete che si mise a sgridarla: «Perché non hai resistito ai ladroni? Dovevi combattere di più. Eri forse d'accordo con chi ti calpestava?».
Passò poco dopo il Signore, ne ebbe compassione e si chinò su di lei a curarne le ferite, versandovi sopra l'olio della sua tenerezza e il vino del suo amore. Poi, caricatala sulle spalle, la portò alla chiesa e gliela affidò dicendo: «Ho già pagato per lei tutto quello che c'era da pagare. L'ho comprata col mio sangue e voglio farne la mia prima piccola sposa. Non lasciarla più sola sulla strada, in balìa dei Tempi. Ristorala con la mia Parola e il mio Pane. Al mio ritorno chiederò conto di lei». Quando si riebbe la famiglia ricordò il volto del Signore chino su di lei. Assaporò la gioia di quell'amore.

venerdì 6 aprile 2012

E comincia la giornata con grande vigore.


Ma voi li osservate gli innamorati? Se ne vanno allacciati per la strada; non vi è chi possa separarli. E ci danno tanta speranza, perché ci fanno comprendere che l'amore c'è.
Ricordate la pagina di diario scritta da papa Giovanni XXIII quasi agli inizi del Vaticano II? Il Concilio che aveva voluto per rinnovare la chiesa non andava per il meglio.
Il pontefice era molto preoccupato e, dopo l'ennesima faticosa giornata di
lavoro, non era riuscito a prender sonno. Quella notte non aveva dormito per nulla. Poi, alle prime luci dell'alba, apre egli stesso le persiane dello studio che si affaccia su piazza S. Pietro. E' deserta nella quiete mattutina. Poi vede spuntare una coppia di giovani. I due sono abbracciati: si capisce che si vogliono bene.
«Da dove verranno e dove andranno a quest'ora del mattino?», si chiede il papa. Ma conclude: «Non importa saperlo. E' comunque un segno che l'amore c'è. Che Dio c'è».
 E comincia la giornata con grande vigore.
Ecco, con Gesù Cristo è lo stesso. Occorre innamorarsi perdutamente di lui per vivere in modo nuovo il proprio tempo.
Innamorarsi di Gesù Cristo: questo occorre!
Come fa chi ama perdutamente la sua donna e imposta tutto il suo impegno umano eprofessionale su di lei; attorno a lei raccorda le  scelte della sua vita, rettifica i progetti, coltiva gli interessi, adatta i gusti, corregge i difetti,  modifica il suo carattere: sempre in funzione della sintonia con lei.
(Tonino Bello, Parabole)

giovedì 5 aprile 2012

una notte triste, una qualsiasi, che aspetta si faccia nuovamente giorno


Il Giardino degli Ulivi di Rainer Maria Rilke.



IL GIARDINO DEGLI ULIVI

Egli s’inerpicò sotto il fogliame
Tutto grigio e come dissolto nella terra degli ulivi
Nella polvere affondò le mani ardenti
E infine vi adagiò la fronte.

Dopo tutto, era questa la fine.
E ora devo andarmene, mentre lo sguardo si spegne,
e mi domando perché vuoi che dica che tu esisti,
se più non riesco a trovarti.

Io non ti trovo più. Non in me, no.
E nemmeno negli altri. Non in questa pietra.
Non ti trovo più. E sono solo.

Solo con tutta l’umana miseria
Che tentai di alleviare in nome Tuo,
di Te che non esisti. O vergogna infinita...

Più tardi si raccontava: venne un Angelo-
Perché un Angelo? No, venne la notte
A sfiorare gli alberi, insensibile.
E nei loro sogni, s’agitavano gli apostoli.
Perché un Angelo? No, venne la notte.

E non fu insolita ma come tante;
come ne vengono a centinaia.
Là dormono cani e giacciono pietre.
Ah, una notte triste, una qualsiasi,
che aspetta si faccia nuovamente giorno.

Perché chi così prega non lo visitano gli angeli,
né notti di prodigio per lui scendono.

Tutti lasciano solo chi si perde,
e sono abbandonati anche dai padri
ed esclusi dal grembo delle madri.

Rainer Maria Rilke, in Poesie I, Torino, 1994, pp.471-3

chi ama non calcola più


Vivere d'amore è donare senza misura
senza esigere una ricompensa quaggiù.
Do senza contare perchè sono sicura
che chi ama non calcola più!
Al cuore di Dio, straripante di tenerezza
ho dato tutto e ora corro leggera:
non ho più nulla. La mia sola ricchezza?
Vivere d'amore.
Vivere d'amore è imitare Maria
con le sue lacrime, i profumi preziosi
bagna i tuoi piedi, li bacia estasiata
asciugandoli con i lunghi capelli...
poi si alza e spezza il suo vaso
ecco che unge il tuo dolce volto.
E io, il profumo con cui ungo il tuo viso
è il mio amore.
Vivere d'amore: bizzarra follia! -
mi dice la gente - e smetti di cantare,
non sprecare i tuoi profumi, la tua vita,
non hai nient'altro di utile da fare?
Amare te, Gesù: che spreco fecondo!
i miei profumi sono per te, senza ritorno.
Voglio cantare anche uscendo dal mondo:
muoio d'amore.
(da Thérèse de Lisieux, Oeuvres complètes, poesia Vivre d'amour)

mercoledì 4 aprile 2012

oggi ti do il mio cuore

«Signore, vuoi le mie mani per passare questa giornata aiutando i poveri e i malati che ne hanno bisogno?
Signore, oggi ti do le mie mani.
Signore, vuoi i miei piedi per passare questa giornata visitando coloro che hanno bisogno di un amico?
Signore, oggi ti do i miei piedi.
Signore, vuoi la mia voce per passare questa giornata parlando con quelli che hanno bisogno di parole d’amore?
Signore, oggi ti do la mia voce.
Signore, vuoi il mio cuore per passare questa giornata amando ogni uomo solo perché è un uomo?
Signore, oggi ti do il mio cuore».
(Preghiera di Madre Teresa)

martedì 3 aprile 2012

Non si riesce più a sentire la parola di Dio


Se consideriamo lo stato attuale del mondo, tutta la vita ( come certamente il cristianesimo ci autorizza), dobbiamo dire dal punto di vista cristiano: l'umanità è malata!.
E se io fossi un medico e qualcuno mi chiedesse: "Che si può fare?" risponderei: "Il primo rimedio, la condizione indispensabile per poter fare qualcosa, quindi la prima cosa da fare é: procura silenzio, introduci il silenzio". Non si riesce più a sentire la parola di Dio: se la si annunzia con mezzi rumorosi, gridandola a squarciagola per coprire il chiasso, non sarà più la parola di Dio. Procura silenzio!. Promuovi il silenzio. (...)
E questo lo può la donna. All'uomo è necessaria una superiorità eccezionale per imporre, con la sua presenza, silenzio ai colleghi: invece qualsiasi donna lo può nel suo ambiente (...)Vuoi tu, donna esercitare il tuo potere? Permettimi che ti indichi il modo: impara il silenzio, imparalo da te! (...) Una cosa, la più importante mancherebbe se dimenticassi di ammobiliare la tua casa di silenzio.
Questo non è nulla di preciso, perchè il silenzio non consiste nel non parlare. No, il silenzio è come l'illuminazione tenue che avvolge una confortevole dimora, come l'affabilità di una stanza modesta: non se ne parla ma c'è ed esercita il suo benefico potere. Il silenzio è come un'atmosfera, l'atmosfera fondamentale in cui ci si immerge. Ma questo silenzio tu non lo puoi introdurre come quando chiami il tappezziere a metterti le tendine. L'ingresso del silenzio dipende dalla tua presenza, dal tuo modo di comportarti in casa (...)
Il silenzio che regna in una casa è la presenza familiare dell'eternità.
Però se tu, donna, devi portare il silenzio in casa, imparalo da te, tu stessa devi insegnarlo agli altri. Tu devi aver cura, trovare il tempo per te, per raccoglierti tu stessa, nell'impressione del sacro. Devi trovare tempo, anche se hai cosî tanto da fare (...)
Una donna che si specchia nello specchio della parola, diventa silenziosa! E se lo diventa, questa è forse l'espressione più forte per dire ch'ella non è un lettore o un uditore smemorato (...)
Tu lo sai bene: se colui che si è innamorato, è diventato loquace, benone!. Ma se si mette in silenzio, è più sicuro.

( da Sören Kierkegaard, Per l'esame di se stessi, in Opere a cura di Cornelio Fabro, Firenze, 1972)

lunedì 2 aprile 2012

Maria della nostra Liberazione


Maria nostra del Magnifcat:
vogliamo cantare con te!
Maria della nostra Liberazione!
Con te proclamiamo la grandezza del Signore, che è l’unico grande,
e in Lui ci rallegriamo con te, perché, nonostante tutto, Egli ci salva.
Con te cantiamo, Maria, esultanti di gratitudine,
perché Egli punta sugli insignifcanti;
perché il suo potere si riversa su di noi in forma di amore;
perché Egli è sempre fedele;
uguale nelle nostre diversità;
unico per la nostra comunione,
di tempo in tempo, di cultura in cultura, di persona in persona.
Perché il suo braccio interviene storicamente,
mediante le nostre braccia, incerte ma libere;
perché un giorno interverrà, defnitivamente, Lui.
Perché è Lui che distrugge i progetti delle transnazionali
e sostiene la fede dei piccoli
che si organizzano per sopravvivere umanamente.
Perché svuota le cassaforti dei capitalisti dei loro profitti
e apre spazi comunitari
per la semina, l’educazione e la festa
a favore dei diseredati.
Perché rovescia dal loro trono tutti i dittatori e sostiene la marcia degli oppressi
che distruggono strutture alla ricerca di Liberazione.
Perché sa perdonare la sua Serva, la Chiesa,
sempre infedele, credendosi Signora,
e tuttavia sempre amata prescelta,
a causa dell’alleanza che Egli fece un giorno nel sangue di Gesù.
Maria di Nazareth, cantora del Magnifcat, serva di Elisabetta:
resta anche con noi, che sta per arrivare il Regno!
Resta con noi, Maria,
con l’umiltà della tua fede, capace di accogliere la Grazia;
resta con noi, con lo Spirito che ti fecondava la carne e il cuore;
resta con noi,
con il Verbo che cresceva in te,
umano e Salvatore, ebreo e Messia, Figlio di Dio e figlio tuo,
nostro Fratello,
Gesù…

domenica 1 aprile 2012

E mi sento esiliato in mezzo agli uomini


Sono un uomo ferito.
E me ne vorrei andare
e finalmente giungere,
Pietà, dove si ascolta
l’uomo che è solo con sé.
Non ho che superbia e bontà.
E mi sento esiliato in mezzo agli uomini.
Ma per essi sto in pena.
Non sarei degno di tornare in me?
Ho popolato di nomi il silenzio.
Ho fatto a pezzi cuore e mente
per cadere in servitù di parole?
Regno sopra fantasmi.
O foglie secche,
anima portata qua e là…
No, odio il vento e la sua voce
di bestia immemorabile.
Dio, coloro che t’implorano
non ti conoscono più che di nome?
M’hai discacciato dalla vita.
Mi discaccerai dalla morte?
Forse l’uomo è anche indegno di sperare.
Anche la fonte del rimorso è secca?
Il peccato che importa,
se alla purezza non conduce più.
La carne si ricorda appena
che una volta fu forte.
È folle e usata, l’anima.
Dio guarda la nostra debolezza.
Vorremmo una certezza.
Di noi nemmeno più ridi?
E compiangici dunque, crudeltà.
Non ne posso più di stare murato
nel desiderio senza amore.
Una traccia mostraci di giustizia.
La tua legge qual è?
Fulmina le mie povere emozioni,
liberami dall’inquietudine.
Sono stanco di urlare senza voce.