sabato 11 febbraio 2012

e non siamo mai stanchi di parlare e ascoltare

I rapporti umani
Un giorno incontriamo la persona giusta. Restiamo indifferenti, perché non l’abbiamo riconosciuta. Passeggiamo con la persona giusta per le strade di periferia, prendiamo a poco a poco l’abitudine di passeggiare insieme ogni giorno. Di tanto in tanto, distratti, ci chiediamo se non stiamo forse passeggiando con la persona giusta: ma crediamo piuttosto di no. Siamo troppo tranquilli, la terra e il cielo non sono mutati; i minuti e le ore fluiscono quietamente, senza rintocchi profondi nel nostro cuore. Noi ci siamo sbagliati già tante volte: ci siamo trovati in presenza della persona giusta, e non la era […]. Per settimane e mesi, passiamo i giorni con la persona giusta, senza sapere: solo a volte, quando rimasti soli ripensiamo a questa persona, la curva delle sue labbra, certi suoi gesti inflessioni della voce, nel ripensarli, ci danno piccolo sussurro al cuore: ma non teniamo conto d’un così piccolo, sordo sussulto. La cosa strana, con questa persona, è che ci sentiamo sempre così bene e in pace, con un largo respiro, con la fronte che era stata così aggrottata, torva per tanti anni, d’un tratto distesa; e non siamo mai stanchi di parlare e ascoltare. Ci rendiamo conto che mai abbiamo avuto un rapporto simile a questo con nessun essere umano; tutti gli esseri umani ci apparivano dopo un po’ così inoffensivi, così semplici e piccoli; questa persona, mentre cammina accanto a noi col suo passo diverso dal nostro, col suo severo profilo, possiede una infinita facoltà di farci tutto il bene e tutto il male. Eppure noi siamo infinitamente tranquilli.
 Natalia Ginzburg, (Le piccole virtù, 1953)

venerdì 10 febbraio 2012

perde un po’ di tempo all’ombra d’un bell’albero, sull’erba, vicino ad una fonte d’acqua viva

il Manzoni, nel capitolo XXII del romanzo, introducendo la figura di Federigo, ricorre a una similitudine che infonde nel lettore un sentimento di calma e di pace tranquilla. «A questo punto della nostra storia, noi non possiamo fare a meno di non fermarci qualche poco, come il viandante, stanco e tristo da un lungo camminare per un sentiero arido e selvatico, si trattiene e perde un po’ di tempo all’ombra d’un bell’albero, sull’erba, vicino ad una fonte d’acqua viva. Ci siamo imbattuti in un personaggio...»
La similitudine dell’ombra dell’albero e della fonte, gli fu evidentemente suggerita da un passo della quinta lezione di Eloquenza — un corso su Socrate — che il Monti tenne all’Università di Pavia nel 1803. «Coloro che d’estate viaggiano per discoperte e arse campagne, se incontrano lungo la via un qualche bell’albero pieno d’ombra, ringraziano la fortuna e, stesi sull’erba, si ristorano del loro penoso cammino, per riprenderlo quindi più rinfrancati e allegri. E noi pure viaggiamo per campi arenosi e sterili; e poiché oggi la sorte ci presenta una bella pianta e un bel fonte a cui rinfrescarci — la compagnia di un grandissimo personaggio — io credo che faremmo cosa da stolti se non ci arrestassimo a godere di questa gioconda ventura». 

Cesare Angelini 

giovedì 9 febbraio 2012

ci sia qualcosa che si occupi del bene comune


“Se dunque è naturale per l’uomo vivere in società,
è necessario che fra gli uomini ci sia
un qualcosa che governi il popolo.
Infatti, quando gli uomini sono in molti,
se ognuno provvedesse soltanto a ciò che gli serve,
il popolo si frantumerebbe nei suoi componenti
qualora non ci fosse qualcuno che si occupasse
anche del bene comune;
così come il corpo dell’uomo
e di qualunque altro animale si dissolverebbe,
se nel corpo non ci fosse una facoltà
coordinatrice generale
rivolta al bene di tutte le membra…
E’ dunque necessario che,
oltre a ciò che spinge al bene di ciascuno,
ci sia qualcosa che si occupi del bene comune”.
(S. Tommaso d’Aquino, De Regno)

mercoledì 8 febbraio 2012

tolleranti verso i cattolici, e perfino verso i preti


e il Benedetto Croce di Cultura e vita morale
riassumeva così per il liberali dei suoi tempi: «Il vero anticlericalismo si fa coi fatti e non con le
parole, coi fatti e non coi gesti; si fa, sostituendo verità più alte alle verità che la Chiesa ha serbate e
diffonde, opere più degne a quelle che la Chiesa promuove; e, quando non si ha modo di far meglio,
rispettando anche la religione e la Chiesa, e lasciando che operino dove noi non possiamo operare
(….). La fatica del fare è così aspra, che passa la voglia di stare a vociare; così irta di difficoltà, che
si finisce col diventare, in qualche modo, tolleranti verso i cattolici, e perfino verso i preti, quando,
pur nella diversità delle forme, sentiamo che il loro cuore batte con il nostro».

martedì 7 febbraio 2012

non siete capaci che di costruire soffitte.

«Una generazione può essere giudicata dallo stesso giudizio che essa dà della generazione precedente, un periodo storico dal suo stesso modo di considerare il periodo da cui è stato preceduto.
Una generazione che deprime la generazione precedente, che non riesce a vederne le grandezze e il significato necessario, non può che essere meschina e senza fiducia in se stessa, anche se assume pose gladiatorie e smania per la grandezza. È il solito rapporto tra il grande uomo e il cameriere.
Fare il deserto per emergere e distinguersi.
[…] Nella svalutazione del passato è implicita una giustificazione della nullità del presente.
Una soffitta su un pianterreno è meno soffitta di quella sul decimo o trentesimo piano? Una generazione che sa far solo soffitte si lamenta che i predecessori non abbiano già costruito palazzi di dieci o trenta piani. Dite di esser capaci di costruire cattedrali, ma non siete capaci che di costruire soffitte.»
 Gramsci, Quaderni.

lunedì 6 febbraio 2012

La storia è quello che è

 «Ma la storia è quello che è; volerla rifare noi, a nostro senso voler vedere noi come un tema scolastico il gran tema dei secoli e iscrivervi sopra, con cipiglio di maestri, le correzioni e, peggio, cancellar d’un frego di penna le pagine che non ci gustano e, peggio ancora, castigare con la ferula della dialettica nostra e della nostra declamazione un popolo come uno scolaro, o anche tagliargli il capo di netto, quando è tutto vivo, perché non ha fatto come noi intendevamo che fosse il meglio o come noi avremmo voluto che facesse: tutto ciò è arbitrio o ginnastica d’ingegno, ma non è il vero, anzi è il contrario. La storia è quello che è.» [Giosuè Carducci, citato da Rocco Montano, Il superamento di Machiavelli]

domenica 5 febbraio 2012

L'unica sua preoccupazione sono i suoi figli

"Contro le mie migliori intenzioni, mi sorprendo sempre a ingegnarmi per ottenere un qualche potere. Quando do un consiglio, voglio sapere se viene seguito; quando do del denaro, voglio che venga usato a modo mio; quando faccio del bene, voglio essere ricordato. E pazienza se non mi è possibile ottenere una statua o anche una semplice targa alla memoria, ma ciò che sempre mi assilla è di non venire dimenticato, di sopravvivere comunque nei pensieri e nelle opere degli altri
Il padre del figlio prodigo non si preoccupa invece di sé. La sua vita fatta di tante sofferenze lo ha svuotato di ogni desiderio di dominio su cose ed eventi. L'unica sua preoccupazione sono i suoi figli e su di essa riversare tutto il suo amore (Henry Nouwen, L'abbraccio benedicente, Queriniana, pag. 189).