sabato 29 ottobre 2011

Tu sei un ingenuo

LE ORME DEL CREATORE
Un arabo accompagnava attraverso il deserto un esploratore francese. E ogni mattino si prostrava a terra per adorare e pregare Dio.
Un giorno il francese gli disse: “Tu sei un ingenuo: Dio non esiste, difatti tu non l’hai mai visto né toccato”.
L’arabo non rispose.
Poco dopo il francese notò delle orme di cammello ed esclamò: “Guarda, di qui è passato un cammello”.
E l’arabo rispose: “Signore, lei è un ingenuo, il cammello non l’ ha né visto né toccato”.
“Sciocco sei tu! Si vedono le orme!”, replicò il francese.
Allora l’arabo, puntando il dito verso il sole: “Ecco le orme del Creatore: Dio c’è”…
(P. Pellegrino)

questo sconosciuto

Ma che cos'è allora questo Sconosciuto, contro il quale l'intelletto va a sbattere nella sua passione paradossale e che confonde all'uomo la sua conoscenza di sé? È l'Ignoto. Esso però non è qualcosa di umano, per quanto noi conosciamo l'uomo, e neppure qualche altra cosa che noi conosciamo. Questo sconosciuto, chiamiamolo allora Dio. Questo attributo, che gli diamo, è soltanto un nome. Di dimostrare che questo sconosciuto (Dio) esiste, l'intelligenza ci pensa appena. Se Dio non esiste, allora è certamente impossibile dimostrarne l'esistenza; ma se esiste, è una vera scemenza volerlo dimostrare; poiché precisamente nel momento in cui incomincio la dimostrazione, io l'ho già presupposto non come una cosa dubbia - ciò che non potrebbe di certo essere un presupposto - ma come cosa già pacifica, perché altrimenti non avrei incominciato a dimostrarlo, perché si comprende facilmente che tutto ciò sarebbe impossibile se Dio non esistesse.
 
S. Kierkegaard

venerdì 28 ottobre 2011

dallo scrutare le mie miserie.

PREGHIERA
Fa, Signore, che non infastidisca mai gli altri con le mie pene.
Fa che dopo quello che ho sofferto, non trovi strano che nel mondo vi siano ancora dei fiori e i raggi di sole.
E delle famiglie unite e degli amici felici e delle convivenze serene.
E dei fanciulli che vivono.
Salvami, Signore, dallo scrutare le mie miserie.
(L. Jerphagnon)

giovedì 27 ottobre 2011

pur sapendo di perdere metà lettori


Fabio Pipinato (direttore di Unimondo)
www.unimondo.org
L’appuntamento di Todi è stato importante. L’aver ritrovato un tavolo comune, tra fratelli in diaspora, non è banale in tempi ove l’individualismo va alla grande. Il titolo sobrio e quanto mai attuale: “Una buona politica per il bene comune”. Sin qui tutto bene.
L’esito? Non me ne vogliano, ma mi sembra un po’ scontato. Lo riporto pur sapendo di perdere metà lettori: un governo più forte, un no alle elezioni anticipate, una nuova legge elettorale, un rafforzamento del welfare e una riforma del fisco che metta al centro la famiglia. Non dico che ci si sarebbe aspettato un Codice di Camaldoli ma qualche riflessione in più intra anziché extra poteva ben emergere.
Che significa “intra”? I cattolici si sono dati appuntamento per dire cosa gli altri (alias, il governo) – dovrebbero fare? (extra). Legittimo. Forse sarebbe meglio cambiare angolatura per comprendere cosa i cattolici potrebbero fare. E ne avremmo a sufficienza. Prima di rimuovere la trave che è nell’occhio di tuo fratello forse è il caso di spostare la capriata che sta nel nostro; parafrasando il Vangelo.
Tento, quindi, di declinare qualche verbo che ci possa aiutare ad affrontare la crisi prima di senso e poi economica ed ambientale.
Rinunciare all’8 x mille che non sia specificamente destinato alla Chiesa cattolica. Nel contempo si rinuncia al privilegio del non pagare le tasse (l’Iva) se l’opera (l’albergo) è “di religiosi” o se la struttura ha annessa una cappelletta/chiesetta. Insomma, in uno Stato dai privilegi diffusi serve qualcuno che faccia il primo passo in tutt’altra direzione.
Vendere. Non mi riferisco solo alle Diocesi, alle parrocchie ma, in primis, alle associazioni cattoliche di cui sono parte. Sono spesso appesantite da immobili; strutture. Alcuni circoli non parlano d’altro. Forse dovremmo diventare più leggeri; più agili. Vendere le strutture per dare un futuro alle organizzazioni già esistenti che necessitano d’ossigeno. Un cambio di paradigma: non più muri ma persone.
Appassionare. Non basta più impiegare; non abiteremo il nostro tempo. Appassionare è un imperativo. Basta con gli impiegati demotivati con l’orologio in mano, recupero ore, lungo elenco di diritti acquisiti, tutti telefono, caffè e gossip. E poi ci permettiamo di criticare i ministeriali. Chi lavora per il welfare deve essere appassionato al “bene comune”; alla costruzione della cattedrale. Certo. Servono forti iniezioni di formazione, motivazione ma soprattutto incentivi meritocratici che si ispirino un po’ più al toyotismo che al fordismo, per dirla con l’economia applicata.
Incentivare. Abbiamo l’obbligo, in tempi di lavoro scomposto, d’incentivare i giovani più meritevoli con un’addizionale di reddito pari a quella data dal servizio civile. Perché? Le associazioni cattoliche sedute attorno al tavolo di Todi sono state fondate quando c’era la Chiesa di Pio XII, i partiti di massa, l’associazionismo di massa. V’erano contratti indeterminati, ferie pagate, baby pensioni; oggi tutto è cambiato. Molte persone hanno contribuito non poco alla crescita di queste Istituzioni donando il surplus di tempo in forma volontaria. Ma lo potevano fare perchè erano coperti da un minimo salariale. Oggi possiamo chiedere ai giovani di “esser parte/farsi carico” solo se garantiamo loro le risorse minime che andranno a sommarsi ad altre loro entrate.
Ridurre. Le associazioni cattoliche sono pronte a chiedere una riduzione dei costi della politica. Più che legittimo in tempi di crisi economica e non solo. Ma la sfida, anche qui, non sta all’esterno ma al proprio interno. Il divario tra il costo dei dirigenti, segretari generali ed i giovani di cui sopra deve ridursi drasticamente se vogliamo recuperare credibilità agli occhi della gente. E’ semplicemente immorale che un dirigente di un’Associazione cattolica possa superare il reddito di un parlamentare. Potremmo, invece, ricavare nuove risorse per garantirci futuro.
Aprire. Il tavolo di Todi è una modalità per conoscere l’altro che sta accanto a me e con il quale potrei collaborare, visto il “comun sentire”. Ma guai se diventa una roccaforte in difesa del “noi”. Se sta in collina anziché scendere a valle. L’approccio dell’ “economia civile” dovrebbe rileggere i tempi. Non siamo più noi “primo mondo” che dettiamo legge e vangelo agli altri mondi ma una dose di umiltà ci potrebbe portare ad apprendere dai laboratori implementati da altre religioni sparsi nel pianeta. Dalle tigri asiatiche al Brasile passando per il Sudafrica. Insomma, per stare al mondo bisogna conoscere il mondo.
Allocare. Immorale è investire in “banche armate“, in banche che favoriscono il commercio d’armi con i Sud del mondo. Oggi esistono alternative consolidate come Banca Etica e altre banche che hanno fatto scelte precise o moltissimi istituti di microcredito e microfinanza che investono sul lavoro e non sulla speculazione finanziaria che è concausa di questa crisi. Questi mondi come il commercio equo e solidale, il biologico non appartengono più alla sfera della “simbologia” ma sono parte dell’economia reale. Qui servirebbe un cambio di passo da parte del mondo cattolico che ha contribuito, peraltro, a far nascere questi mondi.
Negoziare. Dovremmo anche aprire lo scrigno dei principi non negoziabili. Suvvia; lo stanno facendo anche i talebani a Kabul per la transizione nel 2014 e la libertà di stampa sta entrando in Myanmar. Se tutto si riduce alla difesa intransigente del “non negoziabile” non se ne esce. Nei comportamenti morali non c’è differenza tra laici e cattolici in quanto a Todi metà erano divorziati come, parimenti, non pochi giovani della GMG si sono “appartati usando anticoncezionali”. Insomma, si dovrebbe cercare di andare oltre la contrapposizione ideologica.
Privilegiare. Il rapporto Caritas dà una fotografia drammatica dell’Italia di oggi: oltre 8 milioni di poveri. Possiamo inserire al primo posto in tutti gli odg (ordine del giorno) di tutti gli incontri a tutti i livelli cosa possiamo fare noi (non il governo) come associazioni cattoliche per i nostri poveri? I poveri non possono stare tra le “varie ed eventuali” perché non sono eventuali. Ci sono. E saranno sempre con noi. Punto.

mercoledì 26 ottobre 2011

partecipare al Mistero, è inesauribile; non puoi dire: «Ho finito»


Questa diversità è grazia nel senso che ciò che l’altro è – e che ti appare e che tu scopri diverso – è un segno dell’Essere, è una partecipazione al Mistero. Come il Mistero, così tutto ciò che partecipa, che è visto partecipare al Mistero, è inesauribile; non puoi dire: «Ho finito». L’amicizia serve a ridestare e alimentare questa scoperta e questa ricerca. Nell’amicizia questa scoperta è sempre fresca e – è paradossale! – la tensione a conoscere e ad abbracciare, cioè la tensione a possedere, è sempre più grande, ma è sempre diversa: non è più il possesso operato da te, ma – non so come dire – è come qualcosa che ti rende più grande.
Per esempio, uno la sera ha il desiderio di sentir musica. Se prende un bel pezzo di Beethoven o di Schubert, questo desiderio si ingrandisce enormemente, si precisa e si ingrandisce. Dovrebbe limitarsi e invece no: fa diventar più grande e l’attesa e il desiderio; precisando la risposta li fa diventare più grandi, perché non si esauriscono nella risposta. Ciò che si esaurisce nella risposta, ciò che si esaurisce come risposta, ciò che si pone come risposta e si esaurisce in ciò con cui si pone, è fraudolento, inganna, è un’illusione.
Luigi Giussani, “Tu” (o dell’amicizia), BUR

martedì 25 ottobre 2011

abitudine primitiva


Parlare di preghiera oggi, sembra tornare a un’abitudine primitiva, arcaica, sostituita da mezzi terapeutici più efficaci o da impiego più piacevole del tempo. Al posto della preghiera si preferiscono pratiche yoga, ginnastiche di tipo orientale, perché la tecnica allontana sempre di più la persona dalla sua dimensione metafisica. Allo stesso tempo attraversano l’aria grida di allarme, accusando il danno che si produce non dando importanza alla vera dimensione umana. Mi tornano spesso alla mente le parole di Agostino a proposito di questa più importante dimensione: Ci hai creati per Te o Dio, e il nostro cuore è inquieto finché non raggiunge Te. Il piccolo ma profondo libro dello psicanalista Luigi Zoja “La morte del prossimo” e soprattutto gli eventi mettono in evidenza il rapido calo della sensibilità affettiva dell’uomo.

L’aridità del cuore tanto temuta dai maestri di spirito come la malattia umana più terribile oggi appare come un’epidemia che si diffonde rapidamente. La preghiera doveva essere una supplica corale per scongiurare gli effetti molto temuti di questa malattia. Il fatto che il popolo cristiano in meno di un secolo abbia potuto scatenare due guerre chiamate con un certo vanto “mondiali” dimostra chiaramente che la malattia dell’indurimento del cuore non è solo nell’immaginario dei moralisti. Che sapore può avere la vita se si spegne la vita del cuore, cioè l’esigenza di amare e di essere amati? La preghiera non può essere pensata come un metodo da scegliere ma come espressione vera di un bisogno reale, e non può non risentire degli eventi del tempo. Ed è proprio questo che rende difficile educare i giovani alla preghiera. Tutte le proposte che invitano a sedute di “spiritualità”, programmi di silenzio, respirazione controllata e atti simili hanno indubbiamente degli aspetti benefici, liberando la psiche da pesi e da voglie, ma di fatto non arrivano a soddisfare il vero bisogno perché non possono raggiungere quella che il Vangelo definisce la verità tutta intera (Gv. 16,13). Possono addomesticare gli assalti delle pulsioni e abituare il soggetto a vivere a livello della ragione alleata con la psiche. Spesso assistiamo in persone rispettate e anche invidiate per la loro posizione sociale, come una rottura di un equilibrio instabile che le fa precipitare al livello primario delle pulsioni. La verità della preghiera va oltre le pratiche che si fermano a livello della psiche, perché si dirige a un Interlocutore invisibile. Quella che può definirsi preghiera è dialogo, desiderio di Dio. Le regole, le consuetudini, i metodi sono delle gabbie entro le quali intristisce l’aquila. Il Vangelo ci parla di Gesù che: al mattino si alzò quando ancora era buio, e uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava (Mc 1,35 e Lc 40,42). Altri passi del Nuovo Testamento ci illuminano sulla preghiera del Modello Unico: Nei giorni della sua vita terrena, Egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte (Eb 5,8). È un po’ difficile pensare che Gesù preso da tanta angoscia pensasse in quel momento a controllare la sua respirazione. È il racconto drammatico della preghiera di Gesù che ci rimanda alla lunga ultima notte che precede la cattura. I tre evangelisti ci rappresentano un Gesù prostrato con il volto che tocca la terra supplicando il Padre: la sua resistenza umana si rifiuta di accettare l’evento che si prepara. Le ore passate nell’orto del Getsemani ci sembrano ancora più drammatiche di quelle vissute dall’uomo che pende dalla croce, perché è l’ultima agonia e termina con un’affermazione vittoriosa: Tutto è stato compiuto e può annunziare al compagno di martirio che prima del tramonto del sole, si troveranno immersi nella luce senza tramonto. Nella preghiera del giardino il cielo è chiuso, c’è la consapevolezza del fallimento e solo quando il Messia sem bra aver perso ogni speranza in questo cielo ostinatamente chiuso, filtra un raggio di sole, il ricordo lontano di un ECCOMI, la mia vita è stata guidata da questo piccolo raggio di luce: la tua volontà Padre. Questa è la preghiera, il ricordo festoso di un Padre che ci ha promesso di non lasciarci orfani e che manifesta la sua fedeltà nella primavera che esulta sulla terra attraverso una vita che continua a saltare dalle zolle, a salutare il sole. La preghiera oggi può essere solo grido di invocazione che inorridisce davanti all’epidemia del nostro tempo che pare implacabile nel devastare il cuore dei giovani che non sanno chi amare. Proprio ieri di questo mattino in cui traccio queste righe ho raccolto il tuo lungo pianto, giovane amico. Ti ho solo detto che il mio cuore danzava accanto al tuo perché sentivo la sconfitta della morte e il rinascere del tuo cuore. La preghiera di Gesù ha sempre come causa la sua convivenza con i fratelli. Egli ha fatto sue le sofferenze degli uomini, i loro peccati, i loro conflitti e tutta l’estrema povertà e fragilità dell’uomo. È tutto questo che fa vibrare il suo ricorso al Padre. Egli non prega quasi per procura, Egli è il lebbroso, il povero, il peccatore, il disperato, il vinto dalla vita che pieno di speranza grida, piange, tende le sue mani al Padre che ha promesso di amarci eternamente. La nostra preghiera diventa così un’amicizia con Lui, un mettere a disposizione il nostro cuore sciupato, talvolta devastato, ma è tutto, non abbiamo altro da dargli. Eppure Lui ha bisogno di questa nostra preghiera per continuare a mettere nel mondo la presenza dell’amore che infallibilmente lo porterà alla salvezza.

lunedì 24 ottobre 2011

cambiale in bianco

La carità è una cambiale in bianco che Dio rilascia all'uomo in tempi così difficili per l'educazione cristiana; abbiamo più che mai bisogno d'aver credito tanto credito presso il Signore. Don Carlo sulla rivista Incontri dell'istitutoS. Luigi Gonzaga 1940
Molti si preoccupano di star bene, assai più che vivere bene, per questo finiscono per stare anche molto male. Cerca di fare tanto bene nella vita e finirai anche tu per  stare molto bene ( Dedica scritta sul diario di Luisa Gnocchi 1940

domenica 23 ottobre 2011

Ci alzeremo in piedi


Ci alzeremo in piedi ogni volta che
la vita umana viene minacciata...
 Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita
viene attaccata prima della nascita
Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità
di distruggere la vita non nata...
Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso
o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione
e grideremo che ogni bambino
è un dono unico e irripetibile di Dio...
Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimoni
viene abbandonata all'egoismo umano...
e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale...
Ci alzeremo quando il valore della famiglia
è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...
e riaffermeremo che la famiglia è necessaria
non solo per il bene dell'individuo
ma anche per quello della società...
Ci alzeremo quando la libertà
viene usata per dominare i deboli,
per dissipare le risorse naturali e l'energia
e per negare i bisogni fondamentali alle persone
e reclameremo giustizia...
Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti
vengono abbandonati in solitudine
e proclameremo che essi sono degni di amore,
di cura e di rispetto.

( Giovanni Paolo II )