sabato 1 gennaio 2011

Non ti prometto la luna, ma solo una salute sufficiente; il resto dipenderà da te

Per l'inizio di questo nuovo anno riporto questo augurio di P. Renato Zilio che ho trovato in http://www.laperfettaletizia.com/2010/12/un-augurio-differente.html#comments

All’inizio del nuovo anno ecco il mio augurio a te. Non ti prometto la luna, ma solo una salute sufficiente; il resto dipenderà da te. Da te dipende risplendere per noi come “una lampada... sopra il moggio,” sviluppando al massimo i tuoi doni, le capacità e i talenti che possiedi. Coltivali appassionatamente. E tutto ciò per far vivere una comunità, la famiglia in cui vivi, l’essere umano che ami. Non per restare un tesoro geloso o un “giardino segreto”.

Da te dipenderà far crescere il “senso del noi”, dell’essere insieme con altri, pur nella differenza di età, di cultura o di punti di vista. Impara ad agire in un insieme in cui nessuno sia escluso, non seguendo l’istinto del clan, del gruppo chiuso, delle relazioni esclusive, dove l’alterità e il suo valore sono mortificati o perduti. Perderesti, allora, il sapore del Vangelo e un suo grande messaggio: l’ospitalità, l’apertura di mente e di cuore a chiunque.

Da te dipende non dimenticare che chi è superiore o responsabile sarà sempre il più umile, il più umano, il più concertante di tutti. Un leader sarà sempre il più appassionato dei valori che ognuno porta. E sarà superiore non perché sta al di sopra o domina gli altri, ma perché di qualità superiore: sarà solo un fratello più grande.

Una città si osserva da tre punti di vista: da dentro, dall’alto o da fuori. Sono tutti ugualmente importanti. Non ridurti, allora, al tuo unico sguardo, anche se all’interno delle cose o nel cuore stesso di una situazione. Altri luoghi di osservazione saranno preziosi e complementari. L’alterità degli altri - il loro punto di vista differente - ti farà crescere in sintesi, in complessità o in apertura di orizzonte.

La tua differenza è la mia ricchezza: dipenderà da te imparare a vivere questa difficile, splendida verità. Sarà come la forza di un atomo, l’energia che sconvolgerà ogni sistema, ogni chiusura, ogni sicurezza identitaria. Si è abituati, infatti, a ripetere dentro di noi: La tua differenza mi fa paura e, in fondo, non la tollero! Mentre tu, invece, riporrai l’originalità dell’altro e del suo percorso su un piatto d’argento, le darai onore, coltivando la curiosità e l’empatia. Esse ti faranno camminare pacificamente sul territorio degli altri, alla scoperta dei loro valori. L’intelligenza vera, infatti, è disponibilità a trovarsi sempre sulla pista di decollo pronto a partire, non tanto rinchiuso in una torre d’avorio, sazio di nozioni o di se stesso tanto da soffocare ogni novità o idea diversa.

Dipenderà da te imparare a leggere non solo i libri, ma anche le persone, le situazioni o le novità che incontri. Imparerai a non essere un fondamentalista - anche senza saperlo - nel ripetere ciò che hai imparato da sempre; potresti essere un cembalo che suona a vuoto, buono per altri tempi. Osserva oggi la vita, apri gli occhi, scrutala fino in fondo. Impara a discernere in essa i segni di Dio o i segni del male. La vita scorre sotto il tuo sguardo con forme nuove, più sottili o più perverse di esclusione, di erosione dei valori dell’uomo o di Dio, calpestando il senso dell’altro. Oppure ti rivela aperture belle ed emergenti, solidarietà nuove e impensate o ponti inediti e provvidenziali...

Dipenderà da te, in fondo, costruire il bene più prezioso che esista tra gli uomini: la comunione, l’unità tra di loro. Sul tuo volto, allora, si potranno leggere i segni della disponibilità, dell’apertura di spirito, del rispetto dell’altro: una giovinezza vera, che in te - a qualsiasi tua età - saprà ancora rivivere.
È questo l’augurio che volevo oggi mettere nelle tue mani. Per un domani differente, più fraterno, più umano. E dirti, così: “Felice anno nuovo!”
All’inizio del nuovo anno ecco il mio augurio a te. Non ti prometto la luna, ma solo una salute sufficiente; il resto dipenderà da te. Da te dipende risplendere per noi come “una lampada... sopra il moggio,” sviluppando al massimo i tuoi doni, le capacità e i talenti che possiedi. Coltivali appassionatamente. E tutto ciò per far vivere una comunità, la famiglia in cui vivi, l’essere umano che ami. Non per restare un tesoro geloso o un “giardino segreto”.

Da te dipenderà far crescere il “senso del noi”, dell’essere insieme con altri, pur nella differenza di età, di cultura o di punti di vista. Impara ad agire in un insieme in cui nessuno sia escluso, non seguendo l’istinto del clan, del gruppo chiuso, delle relazioni esclusive, dove l’alterità e il suo valore sono mortificati o perduti. Perderesti, allora, il sapore del Vangelo e un suo grande messaggio: l’ospitalità, l’apertura di mente e di cuore a chiunque.

Da te dipende non dimenticare che chi è superiore o responsabile sarà sempre il più umile, il più umano, il più concertante di tutti. Un leader sarà sempre il più appassionato dei valori che ognuno porta. E sarà superiore non perché sta al di sopra o domina gli altri, ma perché di qualità superiore: sarà solo un fratello più grande.

Una città si osserva da tre punti di vista: da dentro, dall’alto o da fuori. Sono tutti ugualmente importanti. Non ridurti, allora, al tuo unico sguardo, anche se all’interno delle cose o nel cuore stesso di una situazione. Altri luoghi di osservazione saranno preziosi e complementari. L’alterità degli altri - il loro punto di vista differente - ti farà crescere in sintesi, in complessità o in apertura di orizzonte.

La tua differenza è la mia ricchezza: dipenderà da te imparare a vivere questa difficile, splendida verità. Sarà come la forza di un atomo, l’energia che sconvolgerà ogni sistema, ogni chiusura, ogni sicurezza identitaria. Si è abituati, infatti, a ripetere dentro di noi: La tua differenza mi fa paura e, in fondo, non la tollero! Mentre tu, invece, riporrai l’originalità dell’altro e del suo percorso su un piatto d’argento, le darai onore, coltivando la curiosità e l’empatia. Esse ti faranno camminare pacificamente sul territorio degli altri, alla scoperta dei loro valori. L’intelligenza vera, infatti, è disponibilità a trovarsi sempre sulla pista di decollo pronto a partire, non tanto rinchiuso in una torre d’avorio, sazio di nozioni o di se stesso tanto da soffocare ogni novità o idea diversa.

Dipenderà da te imparare a leggere non solo i libri, ma anche le persone, le situazioni o le novità che incontri. Imparerai a non essere un fondamentalista - anche senza saperlo - nel ripetere ciò che hai imparato da sempre; potresti essere un cembalo che suona a vuoto, buono per altri tempi. Osserva oggi la vita, apri gli occhi, scrutala fino in fondo. Impara a discernere in essa i segni di Dio o i segni del male. La vita scorre sotto il tuo sguardo con forme nuove, più sottili o più perverse di esclusione, di erosione dei valori dell’uomo o di Dio, calpestando il senso dell’altro. Oppure ti rivela aperture belle ed emergenti, solidarietà nuove e impensate o ponti inediti e provvidenziali...

Dipenderà da te, in fondo, costruire il bene più prezioso che esista tra gli uomini: la comunione, l’unità tra di loro. Sul tuo volto, allora, si potranno leggere i segni della disponibilità, dell’apertura di spirito, del rispetto dell’altro: una giovinezza vera, che in te - a qualsiasi tua età - saprà ancora rivivere.
È questo l’augurio che volevo oggi mettere nelle tue mani. Per un domani differente, più fraterno, più umano. E dirti, così: “Felice anno nuovo!”

venerdì 31 dicembre 2010

A Natale - un giorno - gli uomini andranno d’accordo in tutto il mondo

Perché
dappertutto ci sono cosi tanti recinti?
In fondo tutto il mondo e un grande recinto.

Perché
la gente parla lingue diverse?
In fondo tutti diciamo le stesse cose.

Perché
il colore della pelle non e indifferente?
In fondo siamo tutti diversi.

Perché
gli adulti fanno la guerra?
Dio certamente non lo vuole.

Perché
avvelenano la terra?
Abbiamo solo quella.

A Natale - un giorno - gli uomini andranno d’accordo in tutto il mondo.
Allora ci sarà un enorme albero di Natale con milioni di candele.
Ognuno ne terrà una in mano, e nessuno riuscirà a vedere l’enorme albero fino alla punta.

Allora tutti si diranno "Buon Natale!" a Natale, un giorno.

Hirokazu Ogura

Nell'amore, con cui ogni giorno ci accogliamo

Preghiera per la famiglia nella Chiesa

O Dio, nostro Padre, ti rendiamo grazie per questa famiglia che ci hai donato.
Nell'amore, con cui ogni giorno ci accogliamo, ci aiutiamo, ci perdoniamo, ci offri un'immagine dell'amore con cui tu hai creato ogni vita e ti prendi cura di ogni uomo.
Ti ringraziamo anche per la nostra comunità cristiana, per la parrocchia, per la diocesi, in cui tu rendi presenti i segni dell'amore di Gesù: nella Parola, nell'Eucaristia, negli esempi di amore fra­terno, che la comunità ci offre, la nostra famiglia trova un modello e un sostegno per continuare a camminare nell'amore.
Ti chiediamo o Padre, che diventino sempre più intensi i rapporti tra la famiglia e la comunità cristiana.
Ti preghiamo per la Chiesa universale e per il papa. Fa' che la Chiesa assomigli sempre più a una famiglia: favorisca l'amicizia fraterna, accolga la collaborazione di tutti, sia attenta a tutti, special­mente alle famiglie senza pace, senza affetto, senza pane, senza lavoro, senza gioia.
Fa' che la nostra famiglia assomigli sempre più alla Chiesa: abbia fede in te, accolga la Parola di Gesù così come l'ha accolta Maria sua madre, applichi il vangelo alla vita di ogni giorno, aiuti i figli a rispondere con gioia alla tua chiamata, si apra al dialogo e alla collaborazione con le altre famiglie.
Fa' che la Chiesa e la famiglia siano un'immagi­ne della tua Casa, dove tu ci attendi dopo il nostro viaggio terreno.

card. C.M. Martini

fa ch'io cammini, ch'io salga, dalle vette, verso di te, con tutta la mia vita, con tutti i miei fratelli, con tutto il creato nell'audacia e nell'adorazione

Trovo che sia molto semplice stigmatizzare il difetto, il problema, la mancanza, l'incapacità, l'insufficienza, ma è più ardimentoso e più appassionante cogliere il buono da ogni idea, anche se mal espressa.

Preghiera del pellegrino della montagna

Signore Gesù,
che dalla casa del Padre sei venuto a piantare la tua tenda in mezzo a noi;
tu che sei nato nell'incertezza di un viaggio
ed hai percorso tutte le strade,
quella dell'esilio,
quella dei pellegrinaggi,
quella della predicazione:
strappami all'egoismo ed alla comodità,
fa’ di me un pellegrino.
Signore Gesù,
che hai preso così spesso il sentiero della montagna,
per trovare il silenzio e ritrovare il Padre;
per insegnare ai tuoi apostoli e proclamare le beatitudini;
per offrire il tuo sacrificio, inviare i tuoi apostoli e far ritorno al Padre:
attirami verso l'alto,
fa’ di me un pellegrino della montagna.
Come San Bernardo,
devo ascoltare la tua parola,
devo lasciarmi scuotere dal tuo amore.
A me, continuamente tentato di vivere tranquillo,
domandi di rischiare la vita,
come Abramo, con un atto di fede;
a me, continuamente tentato di sistemarmi definitivamente,
chiedi di camminare nella speranza,
verso di te, cima più alta, nella gloria del Padre.
Signore,
mi creasti per amore, per amare:
fa ch'io cammini, ch'io salga, dalle vette, verso di te,
con tutta la mia vita,
con tutti i miei fratelli,
con tutto il creato
nell'audacia e nell'adorazione.
Così sia.
Canonico Gratien Volluz, Priore dell'Ospizio del Sempione.

nel posto che egli mi ha assegnato


Il mio sì
Io sono creato per fare e per essere qualcuno
per cui nessun altro è creato.
Io occupo un posto mio
nei consigli di Dio, nel mondo di Dio:
un posto da nessun altro occupato.
Poco importa che io sia ricco, povero
disprezzato o stimato dagli uomini:
Dio mi conosce e mi chiama per nome.
Egli mi ha affidato un lavoro
che non ha affidato a nessun altro.
Io ho la mia missione.
In qualche modo sono necessario ai suoi intenti
tanto necessario al posto mio
quanto un arcangelo al suo.
Egli non ha creato me inutilmente.
Io farò del bene, farò il suo lavoro.
Sarò un angelo di pace
un predicatore della verità
nel posto che egli mi ha assegnato
anche senza che io lo sappia,
purché io segua i suoi comandamenti
e lo serva nella mia vocazione.
card. John Henri Newman

mercoledì 29 dicembre 2010

convinciti che il meglio debba ancora venire

Ligabue ha esortato queste persone a non cadere in questa facile trappola, ma a pensare che un futuro migliore non solo passa esserci, ma ci sarà effettivamente e, casomai, a come adoperarsi nel presente affinché cio' possa avvenire. Perché la speranza, l'adoperarsi per un futuro decente, rende anche il nostro presente già decente, cosa che non sarebbe possibile se passassimo il tempo solo a lamentarci delle nostre condizioni attuali.

E a chi ha il dubbio che nonostante questo modo di pensare il domani potrebbe essere deludente - e per qualcuno così sarà, perché la vita non segue sempre il percorso che noi vorremmo farle fare - dice... bé, meglio restare delusi solo allora, che rovinarci la vita già adesso pensando che così potrebbe andare.

Non è perciò un modo semplicistico di dire "andrà meglio" con tanto di pacca sulla spalla, ma piuttosto un consiglio attivo: convinciti che il meglio debba ancora venire, e ti sarà più facile pensare ed agire affinché un futuro migliore abbia la massima possibilità di poter nascere...
http://www.wolfghost.it/

martedì 28 dicembre 2010

è l'uomo ad attirarle a sè


Quando gli ostacoli arrivano, affrontateli con coraggio. 
Essi vi irrobustiscono e vi rendono forti. 
La sofferenza e la miseria sono situazioni alle quali, 
in questa commedia cosmica, non è possibile sfuggire. 
Non è Dio a decretare l'esistenza di queste calamità, 
bensì è l'uomo ad attirarle a sè, 
in forma di retribuzione per le sue azioni. 
Esse sono la corretta evoluzione naturale 
che induce l'uomo a rinunciare al sentiero sbagliato.
Tutto questo fa parte della grande sintesi in cui 
le negatività servono a glorificare tutto ciò che è positivo. 
Pertanto la morte glorifica l'immortalità, 
l'ignoranza glorifica la conoscenza, 
la sofferenza glorifica la beatitudine 
e la notte glorifica l'alba.

(Un Maestro indiano)

lunedì 27 dicembre 2010

i vizi secondo i padri della chiesa

Evagrio Pontico (IV sec. d.C.), facendo riferimento alla filosofia greca  che distingueva tre parti dell’anima:
    - c o n c u p i s c i b i l e 
    - i r a s c i b i l e 
    - r a z i o n a l e 
faceva corrispondere ad ognuna di queste tre parti alcuni vizi potenziali. Si dicono potenziali perché nascono comeinclinazioni allo stato neutro che, non riconosciute e governate, si possono trasformare nei vizi capitali  (che inizialmente erano appunto 9).

   Per l’anima concupiscibile (l’avidità di Maometto) l’inclinazione è verso se stesso o altro da piegare a sè e si esplica nei confronti del:
    - cibo (GOLA)
    - sesso (LUSSURIA)
    - beni (AVARIZIA)

   Per l’anima irascibile (l’ira di Maometto) l’inclinazione è contro se stesso o altro e si esplica nei confronti di:
    - di sé (TRISTEZZA)
    - degli altri (IRA)
    - della vita (ACCIDIA)

   Per l’anima razionale  (la presunzione di Maometto) l’inclinazione è di supervalutazione di sé e si esplica nei confronti di sé:
    - di sé (VANAGLORIA)
    - degli altri (INVIDIA)
    - della vita (SUPERBIA)

   La conoscenza  di tali dinamiche spirituali consente un approccio consulenziale e psicoterapeutico 

domenica 26 dicembre 2010

Sono curioso di sapere cosa avresti fatto tu se


Cristo,
sono uno studente.
Sono curioso di sapere cosa avresti fatto tu se fossi stato studente in questo momento.
Chissà da quale parte ti saresti schierato.
Con quelli che non vogliono essere molestati da nessuno, a cui tutto va bene perché vogliono finire presto gli studi per "sistemarsi"?
O con quelli che non hanno fretta di finire perché non accettano una situazione che è assurda anche agli occhi degli stessi responsabili?
Ti ricordi, Signore, di quel professore famoso che di fronte alle camere televisive, pressato dalle domande di noi studenti anticonformisti, andava dicendo: "So molto meglio di voi che questo sistema di insegnamento è già superato e assurdo. Non sono un idiota"?
E ricordi quello che noi gli abbiamo risposto: " La differenza è che lei accetta la situazione assurda e cerca di giustificarla perché è sistemato e teme di perdere il posto, mentre noi in coscienza non possiamo partecipare a uno stato di cose che voi stessi, che ne siete i responsabili, dare per scontato che sia disumano e superato"?
Da quale parte ti saresti schierato?
Dalla parte del professore o dalla nostra?
Dalla parte di quelli che difendevano il professore o di noi che lo attaccavamo?
Perché tu non sei nato per essere diplomatico e non hai avuto paura di comprometterti. Accetta come una nostra preghiera le domande a cui nessuno vuol dare risposta.
Perché ci obbligano a perdere un terzo della nostra vita a studiare non per sapere ma per "essere promossi"?
A studiare non quello che ci piacerebbe sapere ma quello che alla società interessa che sappiamo?
Non quello che ci servirebbe conoscere per conoscere meglio l’uomo e per comunicare meglio con lui, ma quello che ci servirà a illuderlo e a ingannarlo?
Non quello che sarebbe più utile per tutti ma quello che ci conviene di più?
Perché passano gli anni ad insegnarci quello che hanno detto e fatto i nostri antenati (se almeno ci dicessero la verità!) e lasciano così poco tempo alla nostra espressione personale?
Perché ci obbligano a vivere sempre di rendita se sentiamo la vocazione di essere creatori?
Una ragazzina invece di imparare a memoria una poesia di Leopardi che non le piaceva e che non capiva fece una poesia da sé.
Il professore la punisce e la sospende: "Questa poesia non è di Leopardi".
"Certo, è mia e mi piace di più!".
E avrebbe potuto aggiungere: "Se Leopardi si fosse contentato di imparare a memoria le poesia degli altri non avrebbe mai scritto le sue".
La ragazzina aveva dodici anni.
Come quanto tu hai scandalizzato i dottori nel tempio di Gerusalemme.
Ma essi furono meno ipocriti, più umani: "Si meravigliarono della tua sapienza".
A te ti hanno condannato soltanto quando hai messo in pratica la tua sapienza creativa.
A noi ci castrano proprio nell’attimo stesso della creazione. Tu almeno sei stato riconosciuto e ascoltato quando, uscendo dagli schemi degli altri, hai dato la tua interpretazione della scrittura.
Per questo si sono meravigliati perché hai detto qualcosa di nuovo, di tuo, senza ripetere i disco degli altri.
Oggi tutto è peggiorato.
Si parla di più della libertà masi costruiscono più chiavi per tutte le porte.
Pensare con la propria testa risulta sempre più pericoloso.
Creare non è più un attributo che ci accomuna al divino ma passaporto per l’isolamento, la scomunica, l’esilio, l’ostruzionismo, la fame o la clinica psichiatrica.
A te ti ammiravano, a noi ci di disprezzano. A scuola e in famiglia.
Nasce un grande pittore, un grande musicista, un grande medico, un grande poeta che non ha titoli perché ha creato per conto suo e diciamo: "Cero, è un genio".
Però non chiediamo se non è forse un genio perché non è stato allineato dalla scuola.
Non ci chiediamo se è un genio chi crea qualcosa di diverso dagli altri e senza mezzi, o se al contrario non esistono più geni perché non gli si permette più di realizzarsi e di sviluppare tutta la propria forza creativa.
Non sarebbe meglio chiamare normali quanti riescono a essere se stessi e anormali quanti sono solo un prodotto degli altri, che non riusciranno mai a pronunciare la propria parola originale?
Cristo,
non vogliamo distruggere la scuola, l’università.
Vogliamo solo una scuola che non ci distrugga tutti,
che non alieni la nostra originalità;
che ci aiuti a scoprire e a mettere in cammino la carica ideale che ogni uomo ha dentro di sé quando si sveglia alla vita.
Vogliamo la scuola dell’uomo e non la l’uomo della scuola.
Vogliamo che sia riconosciuta la scuola della vita che è la prima e la migliore.
Vogliamo una scuola senza titoli e senza esami.
Senza professori e senza alunni,
una scuola di vita veramente umana in cui ognuno mette a disposizione degli altri il suo pezzo di sapienza,
una scuola dove si crea insieme, come insieme si mangia a tavola, insieme si gioca e insieme si piange e si ride.
Vogliamo che tu torni a ripetere al mondo, anche alla tua chiesa "che nessuno deve chiamarsi maestro, né padre".
Tu, l’unico vero maestro della storia non sei mai stato "dottore della legge".
Sei stato sempre te stesso, il meglio di te stesso.
Per questo hai permesso senza paure e senza invidie che gli altri fossero anche loro se stessi.
Per questo hai affermato con naturalezza e senza nostalgie a quanti vivevano con te: "Farete cose migliori di quelle che io ho fatto".
Juan Arias, Preghiera nuda