sabato 6 ottobre 2012

il privilegio o la disponibilità di tempo per riflettere a fondo


Lou Marinoff, Platone è meglio del Prozac, Piemme
Ciascuno di noi ha una propria filosofia di vita, ma pochi di noi hanno il privilegio o la disponibilità di tempo per riflettere a fondo.Abbiamo la tendenza ad affrontare i problemi a mano a mano. L’esperienza è una grande maestra, ma c’è anche la necessità di ragionare sulle proprie esperienze, di pensare criticamente, di andare alla ricerca di modelli e di collocare ogni cosa in un quadro generale per procedere nell’esistenza.
Il grande vantaggio di disporre di migliaia di anni di riflessione ai quali attingere consiste in questo: che molte delle menti più fertili della storia hanno meditato su questi argomenti e hanno lasciato concezioni e linee di condotta a nostro beneficio. Ma la filosofia è anche personale: anche tu sei il tuo filosofo.
Apprendi dalle fonti tutto ciò che puoi, ma per giungere a un modo funzionale di affrontare il mondo dovrai compiere da solo l’opera di riflessione. La buona notizia è che, con adeguato sostegno,. Sarai in grado di pensare efficacemente da solo.

venerdì 5 ottobre 2012

è più in basso di loro poiché deve levare gli occhi per guardarli e parlare con loro

Beati voi poveri”, e più avanti: beati voi che avete fame, beati voi che piangete... Bisogna collegare questi tre elementi: gli occhi alzati, la povertà e la beatitudine. E poi chiedersi: ma da dove sta parlando Gesù? Dove si trova per osare dire quelle parole? Parla dal basso, dal punto più basso che si possa immaginare. Nella bocca di Gesù, l'annuncio della beatitudine fatto ai poveri è assolutamente provocante: come osare dire ai poveri che sono beati, perché quello è proprio il senso della sua parola: non un invito a diventare poveri, come vediamo in Matteo, ma un'affermazione: voi siete beati, voi poveri! Gesù non è più sul monte, ne è disceso, è in mezzo ai poveri; meglio ancora, è più in basso di loro poiché deve levare gli occhi per guardarli e parlare con loro. E questa posizione di inferiorità fisica spiega perché Gesù può rivolgersi a loro lodando la povertà. Il povero occupa sempre il posto più basso e Gesù è proprio il povero in mezzo ai poveri; anzi, è il più povero. E la povertà di cui parla Gesù, è innanzitutto la sua. Solo un vero povero può permettersi di rivolgersi ad altri poveri dicendo loro che sono beati, perché lui parla del suo essere profondo di povero che risplende di beatitudine, di felicità, come proclama san Paolo: “Da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventiate ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Co 8,9). Nessun altro se non lui potrebbe dire certe cose, associando queste le due parole beatitudine e povertà. Per questo non può che occupare il posto più basso dell'umanità, quello dell'abbassamento rivelato dalla sua incarnazione. Nelle strade delle nostre città, passiamo spesso davanti a dei poveri seduti per terra che levano gli occhi su di noi mentre noi il nostro sguardo lo abbassiamo su di loro. Lo sguardo di Gesù ci invita ad essere attenti al modo in cui i nostri sguardi si incrociano: è sempre il povero e il piccolo che alza gli occhi verso l'altro. Come Cristo.Gérard Guitton, francescano

giovedì 4 ottobre 2012

Non è lasciare Dio, quando si lascia Dio per Iddio

«Mi sono fatto tutto a tutti» (1 Cor 9, 22). Sforziamoci perciò di diventare sensibili alle sofferenze e alle miserie del prossimo. Preghiamo Dio, per questo, che ci doni lo spirito di misericordia e di amore, che ce ne riempia e che ce lo conservi. Il servizio dei poveri deve essere preferito a tutto. Non ci devono essere ritardi. Se nell'ora dell'orazione avete da portare una medicina o un soccorso a un povero, andatevi tranquillamente. Offrite a Dio la vostra azione, unendovi l'intenzione dell`orazione. Non dovete preoccuparvi e credere di aver mancato, se per il servizio dei poveri avete lasciato l'orazione. Non è lasciare Dio, quando si lascia Dio per Iddio, ossia un'opera di Dio per farne un'altra. Se lasciate l'orazione per assistere un povero, sappiate che far questo è servire Dio. La carità è superiore a tutte le regole, e tutto deve riferirsi ad essa. E' una grande signora: bisogna fare ciò che comanda. Tutti quelli che ameranno i poveri in vita non avranno alcuna timore della morte. Serviamo dunque con rinnovato amore i poveri e cerchiamo i più abbandonati. Essi sono i nostri signori e padroni.Da alcune «Lettere e conferenze spirituali» di san Vincenzo de' Paoli, sacerdote 

mercoledì 3 ottobre 2012

Non per quello che non ha, ma per quello che è

Senza una conoscenza umana del povero, non si arriva alla conoscenza fraterna. L'uomo deve vedere l'uomo nel povero. Il "compagno" non basta, il "camerata" non basta, come non basta colui che è della nostra razza, della nostra classe, della nostra nazione.
Non disprezzo nessuna conoscenza e nessun vincolo, ma abbiamo troppo sofferto, e tuttora soffriamo, di questi limiti di umanità: abbiamo troppo sofferto per quello che è legato alle parole razza, nazione, casta, classe, per accoglierle come il momento della nostra conoscenza. Abbiamo bisogno di veder subito l'uomo, per non cadere di nuovo nella tentazione d'ipotecare la giustizia e di restringere il cuore. Vogliamo anzitutto una visione umana del povero, perché il povero non ha nazione, né classe, né razza, né partito: è l'uomo che domanda a tutti pietà e amore.
E quando dico voglio vedere l'uomo, non intendo l'uomo dei filosofi, che non m'interessa, come non m'interessa il dio dei filosofi. Intendo l'uomo reale, l'uomo vero, in carne e ossa: uno cioè che posso toccare. E quest'uomo che posso toccare e che chiede pietà sono io stesso. Povero è l'uomo, ogni uomo. Non per quello che non ha, ma per quello che è, per quello che non gli basta, e che lo fa mendicante ovunque, sia che tenda la mano, sia che la chiuda. Il povero sono io, chi ha fame sono io, chi è senza scarpe sono io. Questa è la realtà: così è il vedere reale. Io sono il povero; ogni uomo è il povero! Don Primo Mazzolari

martedì 2 ottobre 2012

poi, non ne posso più, e vedo Dio, la morte, il dolore

Quella dei poveri, come quella di Dio, è una presenza scomoda. Sarebbe meglio che Dio non fosse; sarebbe meglio che i poveri non fossero: poiché se Dio c'è, la mia vita non può essere la vita che conduco; se i poveri ci sono, la mia vita non può essere la vita che conduco. Sono parecchie le cose che non vorremmo che fossero. Ne nomino alcune, le più scomode, ma le più certe, purtroppo: la morte, il dolore, i poveri, Dio. Non vogliamo vedere Dio: non vogliamo vedere la morte: non vogliamo vedere il dolore: non vogliamo vedere i poveri. E sono invece le realtà più presenti; direi le presenze che non possiamo non vedere e non ricordare. Fino a quando riusciremo a tenere chiusi gli occhi davanti a queste certezze, che l'uomo può anche non voler vedere? Chiudo gli occhi un giorno; chiudo il cuore un giorno; chiudo la ragione un giorno, un anno, molti anni; poi, non ne posso più, e vedo Dio, la morte, il dolore, i poveri; proprio chi non vorrei vedere. Su ogni strada c'è una svolta: all'improvviso, ecco che dal mio intimo stesso risale la certezza che Dio c'è, e il dolore m'attanaglia, e la morte mi viene vicina, e il povero m'appare […].
È incredibile che il più buono degli uomini, il più mansueto, colui che da secoli porta la croce di tutti, faccia paura! Eppure, molti hanno paura del povero, come molti farisei avevano paura di Gesù, e non solo quando predicava, ma anche quando, condannato a morte, saliva il Calvario. Non fa paura il povero, non fa paura la voce di giustizia che Dio fa sua, fa paura il numero dei poveri. Don Primo Mazzolari

lunedì 1 ottobre 2012

È difficile misurare la profondità del suo dolore e la superficialità del suo piacere

Per conoscere i poveri non basta la statistica. Anche la politica, che sembra aver dato coscienza ai poveri della loro forza, dei loro diritti, della possibilità di riacquistare la libertà perduta, il più delle volte, in realtà, li tradisce. I poveri, o sono il "sottoproletariato" di cui la strategia rivoluzionaria si serve come forza d'urto e di rottura, o l'"oggetto" di adescamento dei conservatori per rompere l'unità popolare.
Non basta neppure l'amore per conoscere i poveri: neppure l'amore di chi si mette generosamente e concretamente a loro disposizione, pagando di persona, e non con le parole e con i sacrifici degli altri, come troppo spesso fanno i politici. Io credo che anche questa forma di conoscenza sia incompleta e molte volte illusoria. Perché è impossibile superare un diaframma che realmente esiste, di capire cioè che cosa sia dover essere povero senza possibilità di elezione e di uscita. I poveri sono scomodi, ingombranti, suscitano ripulsione, intimidiscono. È facile dire una parola gentile a un uomo della nostra condizione. Si sa o si può prevedere fino a che punto essa viene compresa. Ma non si sa mai che cosa il povero capisce e che cosa non capisce. È difficile misurare la profondità del suo dolore e la superficialità del suo piacere.
Per conoscere veramente i poveri, per parlarne con competenza, bisognerebbe conoscere il mistero di Dio, che li ha chiamati "beati" riservando loro il suo regno. Don Primo Mazzolari

domenica 30 settembre 2012

una roccia alquanto traballante



Fin dall'inizio e lungo il corso della storia, Pietro ha costituito spesso una roccia alquanto traballante, talvolta anche fonte di scandalo, corruzione, eppure è questo il primo, e poi i suoi successori, cuiviene chiesto di tenerci uniti tutti insieme in modo che possiamo testimoniare nel Giorno di Pasqua la sconfitta
da parte di Cristo della potenza del male che tende a dividere. E in tal modo la Chiesa è salda insieme a me, qualunque cosa accada. Potremmo anche sentirci in imbarazzo ad ammettere di essere Cattolici, ma ricordiamo che Gesù aveva messo insieme fin dall'inizio una compagnia che agli occhi della gente appariva disonorevole.
p. Timothy Radcliffe op