lunedì 2 giugno 2014

i discepoli non devono percepire le esperienze negative della vita come una privazione, anzi proprio in queste circostanze si apre lo spazio per un’azione rinnovatrice dello Spirito Santo; ma i discepoli devono anche sapere che lo Spirito Santo ha stabilito per Se stesso un limite preciso, che è quello della sfiducia, un limite che Lui certamente non varcherà.


At 16,22-34 “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia”
Salmo 137 “Nella tua bontà soccorrimi, Signore”
Gv 16,5-11 “Se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore”

I discepoli percepiscono la partenza di Gesù da questo mondo come una privazione e il loro cuore si riempie di tristezza. Questo fatto è ancora tanto giustificabile, in quanto lo Spirito Santo non è venuto; ma adesso che Egli ha riempito i cuori di Paolo e di Sila, li induce ad un atteggiamento ben diverso da quello tenuto dai Dodici nell’ultima cena. Eppure Cristo vorrebbe suggerire anche ai suoi discepoli, nell’ultima cena - sebbene lo Spirito Santo non si sia effuso ancora sulla Chiesa - quest’atteggiamento di ottimismo e di gioia, di fiducia incondizionata nonostante tutto, perché la sua partenza otterrà l’opera e la venuta dello Spirito Consolatore. È dunque la stessa cosa: i discepoli non devono percepire le esperienze negative della vita come una privazione, anzi proprio in queste circostanze si apre lo spazio per un’azione rinnovatrice dello Spirito Santo; ma i discepoli devono anche sapere che lo Spirito Santo ha stabilito per Se stesso un limite preciso, che è quello della sfiducia, un limite che Lui certamente non varcherà. Di fatto, solo gli irriducibili ottimisti, che fondano il loro ottimismo sulla fede, sperimenteranno la potenza di liberazione che emana dalla tomba vuota. Lo Spirito, quando verrà, compirà una triplice operazione: “convincerà il mondo quanto al peccato, quanto alla giustizia e quanto al giudizio” (v. 8). Lo Spirito convincerà il mondo: significa che riaprirà nelle coscienze il processo che si era chiuso con la condanna di Cristo. Lo Spirito Santo è il secondo Consolatore, che prolunga nella storia della Chiesa l’insegnamento di Cristo; ma con una differenza: mentre Cristo aveva parlato alle orecchie degli uomini con parola umana, lo Spirito svela alla coscienza dei discepoli quella medesima Parola nei suoi significati profondi. Così Egli guida la Chiesa alla verità tutta intera. Gesù continua dicendo: “Quanto al peccato, perché non credono in me” (v. 9); in altre parole, lo Spirito svelerà ai discepoli che altro è “il peccato” e altro sono “i peccati”. Il peccato al singolare consiste nel rifiuto del dono di salvezza gratuitamente offerto in Cristo. Il peccato del mondo consiste infatti nel ritenere di non essere bisognosi di salvezza e dunque risulta superflua l’Incarnazione del Verbo. Questa è la teologia dell’anticristo, l’antropologia falsificata dell’anticristo: non occorre un Salvatore, perché l’uomo si salverebbe da se stesso. I peccati invece sono i singoli gesti peccaminosi. Lo Spirito farà conoscere questa verità a coloro che si aprono a Lui: il peccato che separa da Dio non è tanto il singolo gesto peccaminoso – che in quanto gesto può avere luogo anche in una vita proiettata verso la santità - ma l’incredulità, la convinzione di esser già salvi in virtù di se stessi. Questo è proprio il peccato contro lo Spirito Santo, un peccato che non può essere perdonato, perché si sottrae volontariamente alla Misericordia.
E poi ancora: “quanto alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più” (v. 10). La “giustizia” qui è l’accoglienza di Cristo presso il Padre nella gloria: laddove i tribunali umani hanno negato che Cristo potesse essere il Figlio, il Padre capovolge la sentenza, accogliendolo presso di Sé. La giustizia sarebbe l’innalzamento del Cristo alla destra del Padre. La giustizia è dunque la verità di Cristo come Figlio e dall’altro lato, per contrasto, è la rivelazione della falsa giustizia dei tribunali umani. Lo Spirito riaprirà nelle coscienze questo processo e indicherà il Cristo innalzato alla destra del Padre. Sarà dunque lo Spirito Santo che, riaprendo il processo a Gesù in ogni coscienza umana, indicherà la giustizia del Cristo e l’ingiustizia del tribunale umano. Quanto al giudizio, lo Spirito Santo preciserà che il giudizio di Dio non è stato pronunciato contro l’umanità, bensì contro il principe di questo mondo. Il vangelo di Giovanni non dice mai che Dio pronuncia un giudizio contro gli uomini; piuttosto, degli uomini che si perdono, si dice che essi si auto-escludono dalla salvezza, perché commettono il peccato di credersi autosufficienti e non bisognosi di Dio. Essi non sono giudicati da Dio, ma sono essi stessi ad escludersi, per scelta personale, dalla sfera della luce. C’è uno solo che nella croce è direttamente giudicato ed è il principe di questo mondo. Lo Spirito Santo darà ai credenti questa coscienza, nonostante l’apparente potenza che si sprigiona nell’azione di Satana nel mondo. Il dato di fatto è che il principe di questo mondo è stato buttato fuori. L’Apostolo Paolo, infatti, nella 1 Corinzi, al capitolo 15, dice che la vittoria totale contro Satana non si è ancora realizzata, perché c’è un tempo intermedio tra il giudizio pronunciato sul principe di questo mondo e la sua eliminazione dallo spazio del creato; ma durante questo tempo intermedio, nonostante la sua libertà di movimento, e i risultati che riesce a conseguire, lo Spirito dice alla nostra coscienza che egli è stato giudicato e detronizzato.  
Don Vincenzo Cuffaro

domenica 1 giugno 2014

La tristezza deriva quindi dal giudizio umano sul disegno di Dio, che non è alla portata dei processi del nostro raziocinio, in quanto vuole darci molto di più, rispetto a quel bene che a noi sembra il massimo desiderabile


At 16,22-34 “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia”
Salmo 137 “Nella tua bontà soccorrimi, Signore”
Gv 16,5-11 “Se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore”

Nel brano evangelico odierno bisogna porre l’accento sulla sproporzione tra il disegno di Dio e lo stato d’animo conseguente al giudizio umano. Gli Apostoli compiono uno sbaglio di valutazione, e perciò si rattristano: “perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore” (v. 6). Gesù dice di essere sul punto di andar via e i discepoli si rattristano. Dal punto di vista dei discepoli la partenza di Cristo è una perdita, mentre dal punto di vista di Cristo, è un arricchimento per la comunità apostolica. Gli Apostoli non possono capire ancora; resteranno nell’ignoranza dei segreti di Dio, fino a quando non verrà lo Spirito a Pentecoste. Il loro errore è quello di giudicare con i loro criteri umani, il disegno di Dio che si sviluppa nella vita e nel ministero di Gesù. Per la loro umana sensibilità, rimanere accanto a Cristo, a tempo indeterminato, è la massima beatitudine pensabile; ma il Padre vuole dare loro molto di più: nel momento in cui Dio sottrae il Cristo storico dalla loro vista, in forza dello Spirito fa del gruppo apostolico un altro Cristo. Finché Cristo è con i discepoli, i discepoli sono con Cristo, ma quando Cristo se ne va, per la potenza dello Spirito i discepoli diventano Cristo: noi il suo Corpo, Lui il Capo. L’intimità, che abbiamo raggiunto con Lui, a partire dal giorno di Pentecoste, è infinitamente superiore all’intimità fisica della coabitazione, di cui i Dodici hanno fruito per circa tre anni. La tristezza deriva quindi dal giudizio umano sul disegno di Dio, che non è alla portata dei processi del nostro raziocinio, in quanto vuole darci molto di più, rispetto a quel bene che a noi sembra il massimo desiderabile. Siamo destinati a sbagliarci nella nostra valutazione di quel che Dio fa o permette, e siamo destinati a rattristarci proprio quando Lui sta preparando qualcosa di più. Qualcosa talmente superiore che la nostra mente e la nostra immaginazione si perdono nella nebbia della non-conoscenza. Il giudizio umano ci porta alla tristezza, perché l’insufficienza della nostra logica - quando viene assolutizzata - necessariamente fa naufragio. L’unico atteggiamento sapiente è la fiducia, anche quando sembra che Dio ci sottragga qualcosa; ma il suo obiettivo non è mai quello di impoverire. Abbiamo bisogno allora di non giudicare l’opera di Dio, se non vogliamo rattristarci senza motivo. I discepoli si rattristano che Cristo ha annunciato di essere sul punto di tornare al Padre: “Ora vado da Colui che mi ha mandato… perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore” (vv. 5-6).