sabato 12 ottobre 2013

Oh, come sono beati e benedetti quelli e quelle, quando fanno tali cose e perseverano in esse

Tutti coloro che amano il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima e la mente, con tutta la forza e amano i loro prossimi come se stessi,  e hanno in odio i loro vizi e  peccati, e ricevono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, e fanno frutti degni di penitenza: Oh, come sono beati e benedetti quelli e quelle, quando fanno tali cose e perseverano in esse; perché riposerà su di essi lo Spirito del Signore e farà presso di loro la sua abitazione e dimora; e sono figli del Padre celeste, del quale compiono le opere, e sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo.
 Siamo sposi, quando l’anima fedele si unisce al Si­gnore nostro Gesù Cristo per virtù di Spirito Santo. Siamo suoi fratelli, quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli. Siamo madri, quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del di­vino amore e della pura e sincera coscienza, lo generia­mo attraverso le opere sante, che devono risplendere agli altri in esempio. Oh, come è glorioso, santo e grande avere in cielo un Padre! Oh, come è santo, fonte di consolazione, bello e ammirabile avere un tale Sposo!  Oh, come è santo e come è caro, piacevole, umi­le, pacifico, dolce, amabile e desiderabile sopra ogni co­sa avere un tale fratello e un tale figlio, il Signore nostro Gesù Cristo. (Francesco d’Assisi, Lettera ai fedeli).

venerdì 11 ottobre 2013

Quello che ci preoccupa sono le cause morali e religiose che sottostanno alle spiegazioni politiche

La guerra e i suoi effetti devastanti, il dolore e il pianto, le perdite e le sofferenze, i disastri e la morte, sono il salario del peccato. E quando parliamo di peccato non intendiamo i peccati di un particolare sistema politico – nell’accezione ristretta della parola “politico” -; né la nostra attenzione intende concentrarsi innanzitutto sulle cause politiche che hanno portato al conflitto. Quello che ci preoccupa sono le cause morali e religiose che sottostanno alle spiegazioni politiche. Ma mentre il nostro primo dovere è di denunciare tutti i peccati dai quali è scaturita la guerra, per chiamare al pentimento gli uomini, abbiamo un compito più alto e migliore da portare avanti. Dietro al nostro appello alla conversione giace una grande speranza. Noi chiediamo in ginocchio agli uomini di pentirsi, perché così facendo indichiamo loro il regno di Dio. Sta a noi tutti membri della sua chiesa di affrettare i tempi e di correre con desiderio verso il regno, così da poter essere trovati degni di riceverlo nella sua pienezza quando esso verrà. (George Bell, dai Discorsi).

giovedì 10 ottobre 2013

Tutto gli arriva attraverso loro. Li vede dappertutto.

L’infanzia secondo Gesù consiste nel vivere la paternità di Dio. Il bambino vede tutto in funzione di suo padre e di sua madre. Tutto gli arriva attraverso loro. Li vede dappertutto. Sono per lui la sorgente di tutto, la misura dell’ordine. Per l’adulto, “padre e madre” spariscono. Intorno a loro non c’è che un mondo incoerente, ostile, indifferente. Il padre e la madre se ne sono andati e tutto si è spopolato. Ma per il figlio di Dio vi è di nuovo qualcuno di paterno, è il Padre che sta nei Cieli. È vero che non deve essere un padre terreno, ipertrofico, ma il vero “Dio e Padre di Gesù Cristo” (1Cor 1, 3), come Egli è manifestato dalla sua parola e che ci fa sapere che ci vuole aiutare per realizzare la sua volontà. Il significato proprio dell’infanzia è l’atteggiamento che vede in tutte le situazioni il Padre Celeste. Ma perché questo sia possibile, bisogna che sia elaborato ciò che accade nella vita; dalla semplice concatenazione  dell’esistenza deve nascere la sapienza; dal caso deve nascere l’amore. Realizzare ciò interamente è difficile. È la “vittoria sul mondo” (1Gv 5,4). Diventare bambini nel senso di Cristo equivale a crescer in senso cristiano.  (Romano Guardini, O Senhor).

mercoledì 9 ottobre 2013

Se tutte le anime deboli e imperfette sentissero ciò che sente la più piccola tra tutte le anime, l’anima della sua piccola Teresa, non una sola di esse dispererebbe di giungere in cima alla montagna dell’amore!

Gesù si compiace di mostrarmi l'unico cammino che porta a questa fornace divina. Questo cammino è l’abbandono del bambino che si addormenta senza timore tra le braccia di suo Padre. “Se qualcuno è molto piccolo venga a me”, ha detto lo Spirito Santo per bocca di Salomone; e questo medesimo Spirito d’amore ha detto anche che “ai piccoli è concessa la misericordia”. In nome suo, il profeta Isaia ci rivela che nell’ultimo giorno “il Signore come un pastore farà pascolare il gregge e con il suo braccio lo radunerà: porterà gli agnellini sul petto”. Come se tutte queste promesse non bastassero, lo stesso profeta, il cui sguardo ispirato si immergeva già nelle profondità eterne, esclama in nome del Signore: “Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò. I bimbi saranno portati in braccio, sulle ginocchia saranno accarezzati”. O Madrina diletta, dopo un simile linguaggio, non resta altro che tacere e piangere di riconoscenza e di amore! Se tutte le anime deboli e imperfette sentissero ciò che sente la più piccola tra tutte le anime, l’anima della sua piccola Teresa, non una sola di esse dispererebbe di giungere in cima alla montagna dell’amore! Infatti Gesù non chiede grandi azioni, ma soltanto l’abbandono e la riconoscenza, poiché ha detto nel Salmo 49: “Non prenderò giovenchi dalla tua casa, né capri dai tuoi recinti. Sono mie tutte le bestie delle foreste, animali a migliaia sui monti: Conosco tutti gli uccelli dei cieli, è mio ciò che si muove nella campagna. Se avessi fame, a te non lo direi: mio è il mondo e quanto contiene. Mangerò forse la carne dei tori, berrò forse il sangue dei capri?... Immolate a Dio sacrifici di lode e di ringraziamento” (Teresa di Lisieux, Storia di un’anima).

martedì 8 ottobre 2013

Per ogni spiga c’è stato un periodo di buio e di silenzio che ha preparato la nascita e l’esplosione nel sole.


Il seme cerca con tutte le sue forze di risorgere, di riemergere alla luce.
Spunta un germoglio che piano piano si allunga fino ad uscire timidamente dalla terra.
È un filo appena che però cresce, sfida le intemperie, diventa una piccola pianta verde e forte.
In giugno, quando vediamo le spighe di grano che ondeggiano nel vento, dobbiamo pensare a questo meraviglioso processo della natura.
Per ogni spiga c’è stato un periodo di buio e di silenzio che ha preparato la nascita e l’esplosione nel sole.
Anche la nostra vita è così:
ogni volta che precipitiamo nel buio, dobbiamo trovare in noi la forza per riprenderci perché questo mondo è un paradiso, e non capirlo è come vivere all’inferno.

Romano Battaglia
Storia di settembre

lunedì 7 ottobre 2013

Riempi la loro solitudine.

Santa Maria, donna missionaria, concedi alla tua Chiesa il gaudio di riscoprire, nascoste tra le zolle del verbo mandare, le radici della sua primordiale vocazione. Aiutala a misurarsi con Cristo, e con nessun altro: come te, che, apparendo agli albori della rivelazione neotestamentaria accanto a Lui, il grande missionario di Dio, lo scegliesti come unico metro della tua vita.
Quando la Chiesa si attarda all’interno delle sue tende dove non giunge il grido dei poveri, dalle il coraggio di uscire dagli accampamenti. Quando viene tentata di pietrificare la mobilità del suo domicilio, rimuovila dalle sue apparenti sicurezze. Quando si adagia sulle posizioni raggiunte, scuotila dalla sua vita sedentaria. Mandata da Dio per la salvezza del mondo, la Chiesa è fatta per camminare, non per sistemarsi.
Nomade come te, mettile nel cuore una grande passione per l’uomo. Vergine gestante come te, additale la geografia della sofferenza. Madre itinerante come te, riempila di tenerezza verso tutti i bisognosi. E fà che di nient’altro sia preoccupata che di presentare Gesù Cristo, come facesti tu con i pastori, con Simeone, con i magi d’oriente, e con mille altri anonimi personaggi che attendevano la redenzione.
Santa Maria, donna missionaria, noi ti imploriamo per tutti coloro che avendo avvertito, più degli altri, il fascino struggente di quella icona che ti raffigura accanto a Cristo, l’inviato speciale del Padre, hanno lasciato gli affetti più cari per annunciare il Vangelo in terre lontane.
Sostienili nella fatica. Ristora la loro stanchezza. Proteggili da ogni pericolo. Dona ai gesti con cui si curvano sulle piaghe dei poveri i tratti della tua verginale tenerezza. Metti sulle loro labbra parole di pace. Fa che la speranza con cui promuovono la giustizia terrena non prevarichi sulle attese sovrumane di cieli nuovi e terre nuove. Riempi la loro solitudine. Attenua nella loro anima i morsi della nostalgia. Quando hanno voglia di piangere, offri al loro capo la tua spalla di madre.
Rendili testimoni della gioia. Ogni volta che ritornano tra noi, profumati di trincea, fà che possiamo attingere tutti al loro entusiasmo. Confrontandoci con loro, ci appaia sempre più lenta la nostra azione pastorale, più povera la nostra generosità, più assurda la nostra opulenza. E, recuperando su tanti colpevoli ritardi, sappiamo finalmente correre ai ripari.
Santa Maria, donna missionaria, tonifica la nostra vita cristiana con quell’ardore che spinse te, portatrice di luce, sulle strade della Palestina. Anfora di Spirito, riversa il suo crisma su di noi, perché ci metta nel cuore la nostalgia degli estremi confini della terra.
E anche se la vita ci lega ai meridiani e ai paralleli dove siamo nati, fà che ci sentiamo egualmente sul collo il fiato delle moltitudini che ancora non conoscono Gesù. Spalanca gli occhi perché sappiamo scorgere le afflizioni del mondo. Non impedire che il clamore dei poveri ci tolga la quiete.
Tu che nella casa di Elisabetta pronunciasti il più bel canto della teologia della liberazione, ispiraci l’audacia dei profeti. Fa che sulle nostre labbra le parole di speranza non suonino menzognere. Aiutaci a pagare con letizia il prezzo della nostra fedeltà al Signore.
E liberaci dalla rassegnazione.
don Tonino Bello

domenica 6 ottobre 2013

vivilo senza paura e senza colpa


Un mio amico decise di passare alcune settimane in un monastero del Nepal.
Un pomeriggio, entrò in uno dei numerosi templi del monastero e trovò un monaco che, sorridente, era seduto sull’altare.
“Perché sorridete?” domandò.
“Perché capisco il significato delle banane”, rispose il monaco, aprendo la borsa che aveva con sé, tirandone fuori una banana marcia e mostrandola al mio amico.
“Questa è la vita che è passata e non è stata goduta al momento giusto – disse – ora è troppo tardi”.
Estrasse poi dalla borsa una banana ancora acerba, gliela mostrò e la ripose di nuovo.
“Questa è la vita che non è ancora accaduta, bisogna aspettare il momento giusto”.
Infine, estrasse una banana matura, la sbucciò e la divise con il mio amico.
“Questa è la vita al momento giusto: il presente.
Alimentati con esso, e vivilo senza paura e senza colpa”.

Paulo Coelho
Dal Blog di Paulo Coelho