sabato 13 agosto 2011

Che direste se cominciassimo a praticare il mai proclamato diritto di sognare?




Nel 1948 e nel 1976, le Nazioni Unite proclamarono le grandi liste dei diritti umani: tuttavia la stragrande maggioranza dell’umanità non ha altro che il diritto di vedere, udire e tacere. Che direste se cominciassimo a praticare il mai proclamato diritto di sognare? Che direste se delirassimo per un istante?
Puntiamo lo sguardo oltre l’infamia, per indovinare un altro mondo possibile: l’aria sarà pulita da tutto il veleno che non venga dalla paure umane e dalle umane passioni; nelle strade, le automobili saranno schiacciate dai cani; la gente non sarà guidata dalla automobile, non sarà programmata dai calcolatori, né sara’ comprata dal supermercato, né osservata dalla televisione; la televisione cesserà d’essere il membro più importante della famiglia e sarà trattato come una lavatrice o un ferro da stiro; la gente lavorerà per vivere, invece di vivere per lavorare; ai codici penali si aggiungerà il delitto di stupidità che commettono coloro che vivono per avere e guadagnare, invece di vivere unicamente per vivere, come il passero che canta senza saper di cantare e come il bimbo che gioca senza saper di giocare; in nessun paese verranno arrestati i ragazzi che rifiutano di compiere il servizio militare; gli economisti non paragoneranno il livello di vita a quello di consumo, né paragoneranno la qualità della vita alla quantità delle cose; i cuochi non crederanno che alle aragoste piaccia essere cucinate vive; gli storici non crederanno che ai paesi piaccia essere invasi; i politici non crederanno che ai poveri piaccia mangiare promesse; la solennità non sarà più una virtù, e nessuno prenderà sul serio chiunque non sia capace di prendersi in giro; la morte e il denaro perderanno i loro magici poteri, e né per fortuna né per sfortuna, la canaglia si trasformerà in virtuoso cavaliere; nessuno sarà considerato eroe o tonto perché fa quel che crede giusto invece di fare ciò che più gli conviene; il mondo non sarà più in guerra contro i poveri, ma contro la povertà, e l’industria militare sarà costretta a dichiararsi in fallimento; il cibo non sarà una mercanzia, né sarà la comunicazione un’affare, perché cibo e comunicazione sono diritti umani; nessuno morirà di fame, perché nessuno morirà d’indigestione; i bambini di strada non saranno trattati come spazzatura, perché non ci saranno bambini di strada; i bambini ricchi non saranno trattati come fossero denaro, perché non ci saranno bambini ricchi; l’educazione non sarà il privilegio di chi può pagarla; la polizia non sarà la maledizione di chi non può comprarla; la giustizia e la libertà, gemelli siamesi condannati alla separazione, torneranno a congiungersi, ben aderenti, schiena contro schiena; una donna nera, sarà presidente del Brasile e un’altra donna nera, sarà presidente degli Stati Uniti d’America; una donna india governerà il Guatemala e un’altra il Perù; in Argentina, le pazze di Plaza de Mayo saranno un esempio di salute mentale, poiché rifiutarono di dimenticare nei tempi dell’amnesia obbligatoria; la Santa Chiesa correggerà gli errori delle tavole di Mosè, e il sesto comandamento ordinerà di festeggiare il corpo; la Chiesa stessa detterà un altro comandamento dimenticato da Dio: “Amerai la natura in ogni sua forma”; saranno riforestati i deserti del mondo e i deserti dell’anima; i disperati diverranno speranzosi e i perduti saranno incontrati, poiché costoro sono quelli che si disperarono per il tanto sperare e si persero per il tanto cercare; saremo compatrioti e contemporanei di tutti coloro che possiedono desiderio di giustizia e desiderio di bellezza, non importa dove siano nati o quando abbiano vissuto, giacché le frontiere del mondo e del tempo non conteranno più nulla; la perfezione continuerà ad essere il noioso privilegio degli dei; però, in questo mondo semplice e fottuto ogni notte sarà vissuta come se fosse l’ultima e ogni giorno come se fosse il primo.
Eduardo Galeano


Non perderebbe la calma neppure una persona irritabile


Chuang-Tze:
"Supponiamo che una barca attraversi un fiume e un'altra, vuota, stia per scontrarsi con essa. Non perderebbe la calma neppure una persona irritabile. Ma supponiamo ci sia qualcuno nell'altra barca. Allora l'uomo della prima barca gli urlerebbe di tenersi a distanza. E se non sentisse la prima volta, né la seconda, né la terza, si passerebbe per forza alle male parole. Nel primo caso la barca era vuota, nel secondo era occupata. E così avviene con l'uomo. Se egli potesse passar vuoto attraverso la vita, chi potrebbe mai fargli del male?".

venerdì 12 agosto 2011

La storia si fa con i piedi.


Piedi che portano il mondo e piedi svogliati .
Piedi che camminano e piedi che raccontano le terre che hanno imparato.
Piedi che si stancano e piedi che si perdono.
Piedi che scavano sentieri e piedi che scoprono scorciatoie.
Piedi che si incontrano e piedi che interrogano la strada da seguire.
Piedi che hanno un cuore e piedi scivolosi.
Piedi innocenti e piedi senza pudore.
Piedi cosparsi di profumo e piedi baciati.
Piedi bagnati di fiori e piedi sporchi di guerra.
Piedi toccati dall'erba e piedi feriti di spine.
Piedi che inventano la sera attorno al fuoco o sotto le stelle.
Piedi che scappano lontano e piedi che tornano indietro scalzi.
Piedi che sperano e piedi che non credono

La storia si fa coi piedi.
Piedi di migranti e piedi di viaggiatori.
Piedi di commedianti e piedi di banditi.
Piedi di contadini e piedi di pescatori.
Piedi di contrabbandieri e piedi di mercanti.
Piedi di cercatori di perle e piedi di mercenari.
Piedi di musicisti e piedi di marinai.
Piedi di equilibristi e piedi di saltinbanchi.
Piedi di danzatori e piedi artisti.
Piedi di esploratori e piedi di cacciatori.
Piedi di partigiani e piedi di scalatori.
Piedi di pellegrini e piedi di minatori.
Piedi di missionari e piedi appena nati.

La storia si fa coi piedi.
Piedi di innamorati che si stupiscono e piedi di traditori che si nascondono.
Piedi di guerrieri che portano la pace e piedi di argilla che fanno gli imperi.
Piedi silenziosi e piedi che cantano le nenie.
Piedi da lavare e piedi da sognare.
Piedi che lasciano orme e piedi che inseguono sorgenti.
Piedi che affondano e piedi che seminano.
Piedi attenti e piedi dimenticati.
Piedi che si rincorrono e piedi solitari.
Piedi che attraversano fiumi e piedi che sorridono.
Piedi che cantano e piedi che ascoltano.
Piedi che ascoltano le lacrime dei poveri e piedi che piangono pure loro.
Piedi che sanno di sabbia e piedi che baciano il mare.
Piedi crocifissi e piedi che camminano sulle acque.

M. Armanino

Camminare è un modo per decondizionare lo sguardo


David Le Breton: Il mondo a piedi. Elogio della marcia.
"Camminare significa aprirsi al mondo
L'atto del camminare riporta l'uomo alla coscienza felice della propria esistenza, immerge in una forma attiva di meditazione che sollecita la piena partecipazione di tutti i sensi (...) 
Spesso camminare è un espediente per riprendere contatto con noi stessi! [...]
Camminare è un modo tranquillo per reinventare il tempo e lo spazio
Prevede uno stato d'animo, una lieta umiltà davanti al mondo, un'indifferenza alla tecnica e ai moderni mezzi di trasporto o, quantomeno, un senso di relatività delle cose; Fa nascere l'amore per la semplicità, per la lenta fruizione del tempo. [...]
Camminare riduce l'immensità del mondo alle dimensioni del corpo. [...]
Camminare è un metodo per calarsi nel mondo, per compenetrarsi della natura, per mettersi in contatto con un universo che rimane inaccessibile alle normali modalità di conoscenza e di percezione. Con il proseguire del cammino, il viaggiatore allarga lo sguardo sul mondo, immerge il suo corpo in una nuova condizione. [...]
Sicché un cammino non è necessariamente prigioniero di una vasta geografia, può anche compiersi in uno spazio ristretto, perché ciò che conta è soprattutto la qualità dello sguardo. [...]
Camminare è un modo per decondizionare lo sguardo, incide un percorso non solo nello spazio ma anche nell'intimo, conduce a percorrere le sinuosità del mondo e del proprio essere in uno stato di ricettività, di alleanza. Geografia dell'esterno che si congiunge a quella dell'interno svincolandola dalle normali costrizioni sociali; "la bella strada color lavanda impallidisce a ogni secondo. Nessuno l'ha mai percorsa, anch'essa é nata con il giorno. E il villaggio là in fondo non attende che Voi per risvegliarsi all'esistenza (Roud 1984)"

giovedì 11 agosto 2011

la decisione di un dodicenne

BAMBINI - I fanciulli si pongono tante domande che nascono dalla curiosità e dalla meraviglia che suscita in loro l’esperienza dell’essere. Spesso queste domande non vengono prese sul serio dagli adulti; invece emergono dal profondo e sono da tenere in considerazione: il continuo interrogare dei più giovani è indice di una capacità spontanea e innata di vedere a fondo le cose. Mi pare che anche per questo i bambini siano lodati da Gesù e proposti come modelli. L’episodio in cui tali domande emergono con particolare vigore, e sono fondate, valutate e accolte, è quello che narra la permanenza di Gesù al tempio all’insaputa dei suoi genitori. Qui Gesù sperimenta la forza che lo lega al Padre e che si esprime anche nelle istituzioni del tempio. Ma tale presenza del divino è spesso ostacolata: Gesù nella sua vita pubblica si scontrerà sovente con questo ostacolo, che emergerà anche nel rapporto con la classe sacerdotale, e sarà una delle cause che lo porteranno alla crocifissione. L’atteggiamento di Gesù mostra l’importanza che può assumere la decisione di un dodicenne. Di fronte a tale scelta noi abbiamo la sensazione di procedere su un terreno sacro, a cui bisogna avvicinarsi con rispetto. Anche i fanciulli sono quindi capaci di conoscere Dio spontaneamente e di avvicinarsi a lui. Essi sono abilitati a essere uditori della Parola e sono capaci di compiere scelte coraggiose. Carlo Maria Martini

mercoledì 10 agosto 2011

vivere che è una rinuncia perpetua dell'uomo

Ora, voi mi avete capito.
Non si tratta di asciugare con gesto vago una lacrima: è troppo presto fatto.
Neppure di avere un istante di pietà: è troppo facile.
Si tratta di prender coscienza, e di non più accettare.
Non accontentarsi più di girare attorno a se stessi - e a quelli che sono dei suoi - nell'attesa della sua piccola porzione di Paradiso.
Rifiutarsi di concedersi una piccola siesta ben pensante, quando tutto urla e si dispera attorno a noi.
Non più accettare questo modo di vivere che è una rinuncia perpetua dell'uomo.
Non più accettare un Cristianesimo negativo che i piccoli borghesi dell'Eternità asfissiano in un labirinto di formule e di interdetti.
Non più accettare di essere felici da soli.
Davanti alla miseria, all'ingiustizia, alla viltà, non rinunciate mai, non venite a compromessi, non battete mai in ritirata. Lottate, combattete. Partite all'assalto!
Impedite ai responsabili di dormire!
Voi che siete il domani, pretendete la felicità per gli altri, costruite la felicità degli altri.
Il mondo ha fame di grano e di tenerezza.
Lavoriamo.

Raoul Follereau 

martedì 9 agosto 2011

Come ci svegliamo al mattino

Il mattino ci si annuncia già nel nostro letto. Lì viviamo una proiezione forse inconsapevole ma vera e reale della nostra esistenza. Come ci svegliamo al mattino, dunque? In un modo o nell’altro noi ci svegliamo o con una domanda o con un progetto.
          Nel primo caso la nostra giornata inizia senza particolari certezze: vi è una apertura a ciò che sarà o che ci verrà incontro. L’apertura degli occhi ancora cisposi è caratterizzato da una fiducia che viene subito mossa da un interrogativo: che ne sarà di me oggi? Cosa accadrà? E il sentimento che l’accompagna può essere sia di incertezza (o persino di inquietudine e angoscia), sia di curiosità sia di meraviglia e serena apertura al nuovo giorno.
          Nel secondo caso la nostra giornata inizia con la voglia di essere nel mondo, di realizzare, di aprire le finestre e dire silenziosamente o fragorosamente al mondo che si è disposti a fare qualcosa oppure perché si ha un progetto preciso in mente, un lavoro da fare, ad esempio; sia perché se ne avverte tutta l’energia che è alla ricerca di un oggetto: una cosa da fare o una o più persone da incontrare.
          Una domanda o un progetto muovono sempre quella fiducia di base che accompagna l’istante semi-consapevole del risveglio e lo orientano. L’ispirazione poetica non è lontana da questo istante. Il suo oblio può significare l’oblio della dimensione creativa dell’esistenza. Forse la vacanza con la sua carica di cambiamento dei ritmi può aiutarci a recuperare il senso e l’importanza di quell’attimo da cui tutta la nostra giornata ha inizio, quel big bang creativo (e creaturale) che rianima la nostra esistenza tutte le mattine. La vera ispirazione, del resto, è questo: un risveglio al mondo.
 Antonio Spadaro S.I.

lunedì 8 agosto 2011

lentamente maturò tardi

“Ciò che seminai nell'ira
crebbe in una notte
rigogliosamente ma
la pioggia lo distrusse.
Ciò che seminai con amore
germinò lentamente
maturò tardi
ma in benedetta abbondanza”.
(PETER ROSEGGER)

domenica 7 agosto 2011

lo sguardo di un numero infinito di occhi


Milan Kundera “I sognatori”



Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi.
A seconda del tipo di sguardo sotto il quale vogliamo vivere, potremmo essere suddivisi in quattro categorie. 
La prima categoria desidera lo sguardo di un numero infinito di occhi anonimi : in altri termini, desidera lo sguardo di un pubblico... 
La seconda categoria è composta da quelli che per vivere hanno bisogno dello sguardo di molti occhi a loro conosciuti . Essi sono più felici delle persone della prima categoria le quali, quando perdono il pubblico, hanno la sensazione che nella sala della loro vita si siano spente le luci. Succede, una volta o l’altra, quasi a tutti. Le persone della seconda categoria, invece, quegli sguardi riescono a procurarseli sempre. 
C'è poi la terza categoria, la categoria di quelli che hanno bisogno di essere davanti agli occhi della persona amata . La loro condizione è pericolosa quanto quella degli appartenenti alla prima categoria. Una volta o l’altra gli occhi della persona amata si chiuderanno e nella sala ci sarà il buio .
E c'è infine una quarta categoria, la più rara, quella di coloro che vivono sotto lo sguardo immaginario di persone assenti. Sono i sognatori