sabato 9 aprile 2011

segreto, esclusivo, inquisitorio, dolcissimo e supremamente crudele



La felicità è un sentimento segreto, esclusivo,
inquisitorio, dolcissimo e supremamente crudele.
Vi si sta arroccati come in un palazzo 
di ferro e cemento, dalle grandi vetrate;
 nello stesso tempo è un riflesso sull'acqua 
che non solo la brezza,
ma l'ombra di un passante può alterare....
La felicità non si narra.
Si può appena, come la pioggia 
scorrendo a rivoli sui vetri traccia 
e scancella delle figurazioni,
annotare i momenti salienti 
che ci consentono di intravederla.
 E un'altra cosa so della felicità: 
che essa è muta. 
Vasco Pratolini 


venerdì 8 aprile 2011

Semplicemente è lontana


Mi ha detto che secondo lui la gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesci a fare ciò per cui è nata. Allora, lì, è felice. Il resto del tempo è tempo che passa ad aspettare o a ricordare. Quando aspetti o ricordi, mi ha detto, non sei né triste né felice. Sembri triste, ma è solo che stai aspettando, o ricordando. Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda. Semplicemente è lontana.
Alessandro Baricco,  Questa Storia

giovedì 7 aprile 2011

continuo a credere nell’intima onestà dell’uomo


lettera che sabato 14 luglio 1944, pochi giorni prima di essere arrestata dalla Feld-Polizei, una ragazzina scrive a Kitty, la sua amica del Diario di Anna Frank.
"È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Lo conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima onestà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione." Così si esprime Anna.

mercoledì 6 aprile 2011

la nostra fame non è solo di pane


E in tutto questo impariamo che la nostra fame non è solo di pane ma anche di parole che escano dalla bocca dell’altro: abbiamo bisogno che il pane venga noi spezzato e offerto a un altro, che un altro ci offra a sua volta il pane, che insieme possiamo consumarlo e gioire, abbiamo sopratutto bisogno che un Altro ci dica che vuole che noi viviamo, che vuole non la nostra morte, ma al contrario, salvarci dalla morte.
Enzo Bianchi, Il Pane di Ieri

Questa nostra chiesa che abbiamo tanto amato e vogliamo ancora amare


La finale di un bellissimo e sofferto articolo di Enzo Bianchi.
Ho quasi settant’anni, ho lavorato tutta la mia vita per l’unità delle chiese e la comunione nella mia chiesa, ma oggi sento e constato tante contraddizioni. Sì, faccio fatica anch’io, sono stanco di queste guerre tra fazioni ecclesiali combattute sui blog per mezzo di giornalisti compiacenti; sono stanco di accuse che mostrano come non si voglia né ascoltare né conoscere la verità ma soltanto far tacere l’altro. E mi chiedo con molti altri: dove va la chiesa? Questa nostra chiesa che abbiamo tanto amato e vogliamo ancora amare in un’appartenenza leale, non adulatrice e che non cerca né privilegi né promozioni... Questa chiesa che amiamo, più di noi stessi!

JESUS, aprile 2011
Linka sotto per tutto l'articolo, te lo consiglio fraternamente

idea che non vi sia più nulla...ricominciare

testo delle donne di Plaza de Majo madri e nonne dei giovani desaparecidos argentini:
"Ricomincia,

anche se senti la stanchezza,
anche se il successo ti abbandona, 
anche se un errore ti fa male, 
anche se un tradimento ti ferisce,
anche se un'illusione si spegne, 
anche se il dolore brucia gli occhi, 
anche se i tuoi sforzi vengono ignorati, 
anche se l'ingratitudine è la tua ricompensa, 
anche se l'incomprensione ti mozza il sorriso,
anche se tutto rimane nell'indifferenza,
ricomincia"
Ricominciare perchè 

quando accettiamo l'idea 
che non vi sia più nulla da cambiare, 
moriamo.

martedì 5 aprile 2011

un arco che da due corde un suono solo rende

Nacque il 4 dicembre 1875 a Praga. 
Morì il  29 dicembre 1926 a Valmont, Svizzera


Come potrei trattenerla in me,
la mia anima, che la tua non sfiori;
come levarla, oltre te, ad altre cose?

Ah, potessi nasconderla in un angolo
perduto nella tenebra, un estraneo
rifugio silenzioso che non seguiti
a vibrare se vibri il tuo profondo.

Ma tutto quello che ci tocca, te
e me, insieme ci prende come un arco
che da due corde un suono solo rende.

Su qual strumento siamo tesi, e quale
violinista ci tiene nella mano?

Rainer Maria Rilke

non ti portino ora qui ora là

Se tu parti alla ricerca della verità, impara soprattutto
la disciplina dei sensi e dell'anima,
affinchè i desideri e le tue membra
non ti portino ora qui ora là.
Casti siano il tuo spirito e il tuo corpo,
a te pienamente sottomessi
e ubbidienti, nel cercare la meta che è loro assegnata.
Nessuno apprende il segreto della libertà,
se non attraverso la disciplina.
 Bonhoeffer, Resistenza e resa

lunedì 4 aprile 2011

Le cose che si sanno


Quel che di bello c’è nella vita è sempre un segreto… Per me è stato così… Le cose che si sanno sono le cose normali, o le cose brutte, ma poi ci sono i segreti, ed è lì che si va a nascondere la felicità.
Alessandro Baricco, Castelli di rabbia

la vita li costringe


Gli esseri umani non nascono esattamente il giorno in cui le loro madri li partoriscono ma la vita li costringe molte volte a partorirsi da sè...
Era ancora troppo giovane per sapere che la memoria del cuore elimina i brutti ricordi e magnifica quelli belli, e che grazie a tale artificio riusciamo a tollerare il passato.
L’amore ai tempi del colera – Gabriel Garcia Marquez

rendersi conto

E’ necessario rendersi conto che lo sguardo che attribuiamo agli altri è il nostro stesso sguardo. Il mondo ci vede e ci percepisce in funzione di come ci vediamo e percepiamo. Se ci sentiamo onesti, il mondo non metterà in dubbio la nostra onestà. Se ci sentiamo ladri, invece, attireremo su di noi il sospetto e la diffidenza.
E’ importante essere consapevoli del modo in cui percepiamo noi stessi, poiché è questo il nostro sguardo su noi stessi a determinare la qualità e il tenore dei nostri rapporti con il mondo
.
Alejandro Jodorowsky, La risposta è la domanda

gli obblighi che aumentano la vita

La differenza tra il servitore e lo schiavo è che il primo acconsente là dove il secondo subisce: l’uno delibera e sceglie, l’altro abdica. Proporre a qualcuno una disciplina, incitarlo a farsi carico di se stesso non significa rinchiuderlo a tradimento in una prigione ancor più tetra perché volontaria. L’ascesi è un’arte e non una polizia: lungi dall’aver a che fare con il codice civile, instaura regole identiche a quelle da cui sgorga la bellezza. Non esiste opera senza rigori intimi: la difficoltà è solo di accettare unicamente gli obblighi che aumentano la vita anziché distruggerla (…).J. Bastaire, Eros redento

domenica 3 aprile 2011

È la mia natura


Queste brevi osservazioni nascono da una nota nel capitolo 12 di Il potere della stupidità, dove (nella prima edizione) avevo commesso uno stupido errore. Immaginavo che “tutti” conoscessero l’apologo dello scorpione e della rana. Alcuni lettori (tutt’altro che distratti o male informati) mi hanno detto che non sapevano di che cosa si trattasse. Così ho capito dove avevo sbagliato: solo perché ci capita di sapere una cosa, non è ragionevole credere che la conoscano anche “tutti” gli altri. E comunque quella piccola fiaba “esopica” può meritare qualche commento.


Non è charo quali siano le sue origini. Qualcuno pensa che si possa attribuire a Esopo, ma non risulta che sia stata scoperta in un manoscritto di duemila anni fa, né che esistesse in greco o in latino per antica tradizione “orale”. Non si sa chi sia l’autore, ma pare che sia in circolazione da poco più di cinquant’anni. È diffusa in molte lingue. Sembra che il testo originale sia in inglese. Ma è possibile che derivi da una più antica origine africana, la fiaba di una rana sulle sponde del fiume Niger.

La storia è questa. Uno scorpione vuole attraversare un fiume, ma non sa nuotare. Chiede a una rana di traghettarlo. La rana non si fida, ma lo scorpione la rassicura: “se ti pungessi annegherei”. La rana generosamente accetta, ma a metà percorso lo scorpione la colpisce con il suo aculeo velenoso. La rana, disperata e morente, gli chiede “Perché?”. Lo scorpione, prima di morire annegato, risponde “È la mia natura”...
la stupidità card ridotta
http://conme.wordpress.com/cards-la-nostra-galleria/
Ci si può sbizzarrire all’infinito sulle circostanze in cui qualcuno si colloca nel ruolo dello scorpione (o della rana). Il fatto è che in questa irritante fiaba c’è una fastidiosa verità: accade davvero che qualcuno si comporti in modo incomprensibile senza alcuna identificabile ragione se non che, chissà perché, “quella è la sua natura”.

Qual è la “morale della favola”? Credo che il significato più forte sia proprio la sua inspiegabilità. Un agire con danno per sé e per altri senza alcun comprensibile motivo. Una follia che si annida nella “natura” umana, di cui si vedono molti esempi. Alcuni, per fortuna, più comici che preoccupanti – ma altri, purtroppo, dolorosamente tragici.
da Il potere della stupidità
Lo scorpione e la rana
Giancarlo Livraghi – marzo 2007

Può sembrare paradossale

Dio stesso opera, anche attraverso la malattia, per formare la nuova creatura. Talvolta, quando la salute non danneggia la vita spirituale, viene donata anche la guarigione. Può sembrare paradossale, ma è un fatto testimoniato dall’esperienza di molti: vi sono certe guarigioni interiori derivanti dall’avere sopportato la sofferenza esteriore. L’esperienza della malattia spesso libera la persona da meschinità e attaccamenti banali, che si ridimensionano sotto i colpi del dolore. Avviene pure che la percezione della debolezza e della fragilità del proprio corpo, infonda nel cuore la virtù dell’umiltà, che ci risana dal veleno dell’orgoglio. Per questo Dio permette la malattia, anche se essa non fa parte del suo disegno, perché quando noi soffriamo con pazienza esternamente, interiormente acquistiamo la virtù: “è perché in lui siano manifestate le opere di Dio”.  

Riaccendere la speranza

Ripartire da zero, ricominciare, 
riprendere tutto quando tutto, 
ma proprio tutto, sembra finito. 
Riaccendere la speranza, 
solo quando ogni speranza sia stata consumata. 
Capire che il pensiero, come già Surina veva capito, 
è sempre e da sempre una lotta col demone, 
sprovvisto com’è di un «luogo garantito»su cui posarsi. 
Proprio per questa ragione deve ogni volta «répartir à zéro», 
riattivando così il suo transito infinito.






Non, Je Ne Regrette Rien 
Edith Piaf
Non, rien de rien
Non, je ne regrette rien.
Ni le bien, qu'on ma fait
Ni le mal tout ça m'est bien égal!

Non, rien de rien
Non, je ne regrette rien.
C'est payé, balayé, oublié,
je me fous du passé.

Avec mes souvenirs,
j'ai allumé le feu,
mes chagrins, mes plaisirs,
je n'ai plus besoin deux!
Balayés les amours,
et tous leurs trémolos,
balayés pour toujours,
je repars à zéro.

Non, rien de rien
Non, je ne regrette rien.
Car ma vie, car mes joies,
aujourd'hui
ça commence avec toi.

No, Non Rimpiango Niente

no, niente di niente
non rimpiango niente
né il bene che mi è stato fatto
né il male, non mi importa

no, niente di niente
non rimpiango niente
ho pagato tutto, tutto spazzato via, dimenticato,
me ne infischio del passato

coi miei ricordi
ho acceso un fuoco
i miei dolori, le mie gioie,
non ho più bisogno di loro
mi sbarazzo degli amori,
e di tutti i loro tremori,
spazzati via per sempre,
riparto da zero

no, niente di niente
non rimpiango niente
perchè la mia vita, la mia gioia
oggi
comincia con te