sabato 30 luglio 2011

Noi siamo senza voce di fronte alla realtà


Ho conosciuto il silenzio
delle stelle e del mare
e il silenzio della città quando si placa,
e il silenzio di un uomo e di una vergine
e il silenzio per cui soltanto la musica trova linguaggio,
il silenzio dei boschi prima che
sorga il vento di primavera
e il silenzio dei malati
quando girano gli occhi per la stanza.
E chiedo: “Per le cose profonde a cosa serve il linguaggio?”
Un animale nei campi geme una o due volte
quando la morte coglie i suoi piccoli.
Noi siamo senza voce di fronte alla realtà,
noi non sappiamo parlare.

Un ragazzo curioso domanda a un vecchio soldato
seduto davanti alla drogheria: “Dove hai perduto la gamba?”
Il vecchio soldato è colpito di silenzio.
E poi gli dice: “Me l’ha mangiata un orso”.
Il ragazzo stupisce mentre il vecchio soldato muto
rivive come in un sogno i lampi del fucile, il tuo del cannone,
le grida dei colpiti a morte e se stesso disteso al suolo,
i chirurghi dell’ospedale, i ferri, i lunghi giorni di letto.
Ma se sapesse descrivere ogni cosa, sarebbe un artista.
Ma se fosse un artista, vi sarebbero più profonde ferite
che non sarebbe descrivere.

C’è il silenzio di un grande odio e il silenzio di un grande amore,
e il silenzio di una profonda pace dell’anima,
c’è il silenzio degli dei che si capiscono senza linguaggio.
C’è il silenzio della sconfitta,
il silenzio di coloro che sono ingiustamente puniti
e il silenzio del morente la cui mano stringe subitamente la vostra.
C’è il silenzio che interviene tra la moglie e il marito.
C’è il silenzio dei falliti.
Il vasto silenzio che copre le nazioni disfatte e i condottieri vinti
C’è il silenzio di Lincoln che pensa alla povertà della sua giovinezza
e il silenzio di Napoleone dopo Waterloo
e il silenzio di Giovanna d’Arco che dice tra le fiamme: “Gesù benedetto!”
e c’è il silenzio dei morti.

Se noi che siamo vivi,
non sappiamo parlare di profonde esperienze,
perché vi stupite che i morti non vi parlino dopo la morte?
Il loro silenzio avrà spiegazione?
Quando li avremo raggiunti.
Qui

Edgar Lee Masters "Il silenzio"

venerdì 29 luglio 2011

rompi pure il silenzio

SOLO QUANDO AVREMO TACIUTO
Solo quando avremo taciuto noi, Dio potrà parlare.
Comunicherà a noi solo sulle sabbie del deserto.
Nel silenzio maturano le grandi cose della vita:
la conversione, l'amore, il sacrificio.
Quando il sole si eclissa pure per noi,
e il Cielo non risponde al nostro grido,
e la terra rimbomba cava sotto i passi,
e la paura dell'abbandono rischia di farci disperare,
rimanici accanto.
In quel momento, rompi pure il silenzio:
per dirci parole d'amore!  
E sentiremo i brividi della Pasqua

giovedì 28 luglio 2011

Una chiesa che abbraccia.

Scrive il filosofo Kierkegaard che ciò che ha completamente confuso il cristianesimo e in gran parte ha originato la chimera di una chiesa trionfante è il fatto di averlo considerato una verità nel senso del risultato, non nel senso della vita. Quello che ha ingannato il cristianesimo è aver considerato che la verità è un risultato, un qualcosa che devi raggiungere. No, la verità è vita.

Noi dovremmo capovolgere quest'idea per cui la vita religiosa ha i suoi spazi a sé, quasi separati dal resto: no, la vita è religiosa di suo, la vita è sempre religiosa. Per tutti. E proprio oggi, in questi giorni di Pasqua, nel Vangelo troviamo Gesù che dice a Maria: "Va a dire ai miei fratelli che c'è posto per tutti". Per duemila anni la cristianità ha predicato una cosa terribile, e cioè che fuori di Cristo non c'è salvezza, che fuori della chiesa non c'è salvezza. Io vorrei che questo nuovo millennio ci dicesse che non c'è nessuno di voi fuori di Cristo, che nessuno è fuori dalla chiesa.

Vedete, ogni giorno incontro tante persone. E alla fine mi rendo conto che, in profondità, ciascuno cerca cose molto semplici: un pezzo di pane e un po' di affetto. E allora basterebbe che noi nella chiesa si riuscisse a dare questo, in modo semplice, profondo. Alle persone non servono cose vuote, quello che cercano non sono riti senz'anima o cuori senza tenerezza, ma un pezzo di pane e un po' di affetto. E questo vale anche per giovani: quando annusano che c'è qualcosa di autentico, di semplice, lo capiscono. E si avvicinano.

Tutti noi abbiamo di qualcosa di semplice, di essenziale, di condiviso. Ma per poterlo offrire bisogna essere con la gente, starci, perché la compassione nasce da una presenza viva, reale. Forse per questo tanti discorsi, tanti documenti della chiesa non sono abitati dalla compassione. Perché sono spesso scritti a tavolino, e non nascono da un esserci. Un conto è abitare nei palazzi, un conto è abitare con la gente, guardarla negli occhi, vederne la lacrime, la faccia, ogni giorno.

Una chiesa che abbraccia. Ecco la prima cosa che mi sta a cuore. www.romena.it/la-fraternita/mi-sta-a-cuore/archivio-qmi-sta-a-cuoreq/299-1-una-chiesa-che-abbraccia.html

mercoledì 27 luglio 2011

come chi comincia per la prima volta ad ascoltare

Isaia, capitolo 50: "Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come gli iniziati".  
Questa è la poesia, 
 ogni mattina orecchi attenti 
e ascoltare come gli iniziati, 
come chi comincia per la prima volta ad ascoltare.  
Alda Merini scriveva  
"I poeti lavorano di notte, 
quando il tempo non urge su di loro, 
quando tace il rumore della folla e termina il linciaggio delle ore. 
I poeti lavorano 
nel buio come falchi notturni e usignoli, dal dolcissimo canto 
e temono di offendere Iddio. 
Ma i poeti nel loro silenzio 
fanno ben più rumore di una dorata cupola di stelle". 

martedì 26 luglio 2011

a proprio favore

IL SAGGIO SA SFRUTTARE LE CIRCOSTANZE INEVITABILI
di Paulo Coelho

Marizete Lourenço racconta che un contadino vinse tre cani. Felice, li legò dietro il carro dei buoi e decise di portarli nella fattoria dove viveva.
Il primo cane veniva tirato a forza; si mordeva la coda, cadeva, si trascinava per terra. Il secondo si rassegnò e seguì il carro di buoi. Il terzo, invece, saltò sul carro, decise di dormire e arrivò a destinazione riposato.
“Quando resistere è inutile, la cosa migliore è adattarsi”, dice Marizete. “Il più saggio è sempre colui che riesce a trarre profitto dalle circostanze inevitabili e a fare in modo che esse giochino a proprio favore”.

lunedì 25 luglio 2011

L’eucaristia è il magistero del “ma voi non così!”, della differenza cristiana


Ma partecipare all’eucarestia significa anche essere coinvolti nel sacrificio di un uomo, il servo del Signore, che ha speso e dato la sua vita per gli altri fino ad accogliere la morte violenta, la morte del giusto in un mondo ingiusto, la morte dello schiavo in un mondo di padroni e di potenti, la morte di un uomo di pace in un mondo violento... Non a caso, secondo il Vangelo di Luca, proprio nel contesto dell’ultima cena, dopo l’istituzione dell’eucaristia, Gesù ha detto: “Ma voi non così!” (Lc 22,26), non comportatevi come accade ogni giorno nel mondo, non come fanno tutti, non come viene spontaneo fare in base all’istinto della conservazione e della difesa di noi stessi fino a far prevalere l’amore per noi stessi senza gli altri e anche contro gli altri!
L’eucaristia è il magistero del “ma voi non così!”, della differenza cristiana, perché vuole plasmarci in uomini e donne eucaristici, capaci cioè di vivere e spendere la vita a servizio degli altri, amando gli altri fino all’estremo, fino al nemico stesso: corpo spezzato, sangue versato, sacrificio di una vita offerta e consumata nell’amore autentico dei fratelli.
Enzo Bianchi in Jesus n. 7 del luglio 2011

Soffre i giovani che si impegnano per gli altri

Norvegia. Che rispetta la natura e non fa affari con i dittatori. Dove i poliziotti girano disarmati. Un Paese mite. Nel quale nessuno potrebbe immaginare, "ragionevolmente", un'esplosione di violenza tanto cieca, covata al proprio interno. Già: al "proprio interno". Perché è difficile rassegnarsi a questa evidenza. Visto che il "riflesso condizionato" degli osservatori e dei commentatori, di fronte a tanto orrore, ha reagito, dapprima e a lungo, cercando una spiegazione coerente - e in fondo rassicurante - con le proprie ragioni, i propri giudizi - e pregiudizi... Richiamando il fantasma delle cellule Qaediste, la Jiad. In altri termini: il Terrore Islamico che aizza lo Scontro di Civiltà. Il Nemico evocato, subito, sulle cronache delle edizioni on-line (talora, anche cartacee) dei giornali. Alcuni, in particolare, particolarmente riluttanti - e renitenti - a rassegnarsi, anche di fronte all'evidenza. Invece no. L'assassino, il Mostro, è un giovane norvegese. Biondo, cristiano fondamentalista, anti-islamico. E' difficile sopportare il disagio e la vertigine prodotti da questa vicenda. Troppo incoerente e irragionevole di fronte alle nostre ragioni - e alla nostra ragione. Noi: costretti ad ammettere che l'Odio può esplodere dove si coltiva il bene comune. In modo più violento che altrove. E si può esprimere, in modo in-descrivibile, nel "nostro" mondo, per mano dei "nostri". Non dell'Altro: il "nemico" islamico e terrorista. Il Male che si nasconde - e cresce - dentro di noi. Non sopporta il futuro. Né il bene comune. Soffre i giovani che si impegnano per gli altri. Talora esplode, deflagra. Una furia cieca e sanguinaria. Contro di loro. Il bene comune, i giovani, il futuro. Ilvo Diamanti

domenica 24 luglio 2011

una disposizione di nascondimento

“lo trova e lo nasconde” (v. 44).
Il discepolo che trova le ricchezze del regno di Dio nella meditazione della Parola, non è solito dirle ai quattro venti. Le profondità della parola di Dio si gustano nell’intimo, si custodiscono e si considerano nel proprio cuore; ci si nutre di esse e si condividono con coloro che stanno scavando come noi. Il discepolo ha un fondamentale pudore, una disposizione di nascondimento, per cui fugge da tutto quello che lo espone, che lo mette sulla ribalta, e soprattutto non si serve della parola di Dio per farsi notare e per calarsi nel ruolo di maestro di sapienza. Sarà Dio a decidere quando il discepolo deve uscire dal suo nascondimento, per evangelizzare e per comunicare i risultati dei suoi scavi con umiltà e spirito di servizio, a dei destinatari che Dio stesso gli indica (cfr. Mt 10,5-6). (don Vincenzo Cuffaro)